
Drive è uno straordinario noir, malinconico e sempre in bilico lungo una immaginaria linea di confine al di là della quale si estende un territorio ignoto e ostile, brutale e privo di regole ove tutto può succedere. Linea di confine che viene costantemente oltrepassata da un impeccabile Ryan Gosling, pilota eccezionale, meccanico in un officina, stuntman nei ritagli di tempo e rapinatore occasionale, dotato di sangue freddo, compulsivamente spinto a portare la propria sfida fino al limite estremo.
Il pensiero, durante la visione del film, va spesso al cinema di Takeshi Kitano (in particolare a Sonatine e Hana-Bi). E ciò, in parte, per la caratteristica di Drive di alternare violenza estrema (che esplode incontrollata nella seconda parte del film, dopo esser stata a lungo trattenuta)
e tenerezza (spesso la prima è preceduta dalla seconda) e per il modo di costruire la tensione meticolosamente, fotogramma per fotogramma (con il progressivo svelamento di piccoli dettagli che lasciano presagire l'imminente precipitare degli eventi); ma anche per la presenza, qui come nei film di Kitano citati, di una spiaggia, simbolo icastico al tempo stesso di un confine e del suo superamento, di un limite estremo da non oltrepassare e della sfida rappresentata dal suo attraversamento (il mare come luogo dell'ignoto, come territorio immenso e smisurato da esplorare accettando il rischio dell'imponderabile, come metaforica perdita della stabilità garantita dal suolo): è proprio in riva del mare che viene ucciso Nino, e che il protagonista della storia compie il passo decisivo che gli preclude qualsiasi possibilità di “uscirne pulito”.
Il protagonista, dicevamo. Il suo fascino, al di là della splendida interpretazione di Ryan Gosling cui già sopra si accennava, è la sua caratterizzazione quasi autistica (le sue, invero scarne, emozioni sono sempre trattenute, parla pochissimo e si esprime quasi esclusivamente attraverso sguardi o gesti, vive con straordinaria intensità gli attimi in cui è al volante, ma anche qui l'autocontrollo è massimo), cui però si contrappone una irrefrenabile attrazione per ciò che gli è sempre mancato: la dimensione della normalità, l'intimità domestica, l'idea di una famiglia, di una compagna fissa, lui che è sempre vissuto invece come un cane sciolto (anche qui la poetica del limite, rappresentato, stavolta, da una tensione inversa, intesa come ritorno al di qua del confine oltrepassato). L'eroe “senza passato che arriva, salva chi deve salvare e riparte verso nuove avventure” (come afferma lo stesso Nicolas Winding Refn) s'innamora dunque della sua vicina di casa ed è pronto a mettere in gioco tutto pur di salvarla.
Drive è ricco di piccoli cammei registici, disseminati nel più ampio quadro di una impeccabile messa in scena, premiata peraltro con la Palma d'oro a Cannes, che regala continue emozioni. Tra gli altri, ci piace ricordare quello della maschera utilizzata da Ryan Gosling per nascondere il proprio volto quando va a “stanare” il boss Nino. La maschera è una di quelle in lattice usate al cinema per le scene da stuntman: per sua natura fissa e immutabile, non lascia trasparire alcun sentimento (un po' come il volto di Gosling durante la gran parte del film). Nell'inquadratura in cui questi spia dalla porta a vetri della pizzeria la festa privata organizzata in onore dello stesso Nino, però, dalla maschera traspare uno sguardo intenso e struggente che fa pensare ad una beffarda inversione di ruoli tra volto e maschera: il volto come maschera che cela le emozioni e, paradossalmente, la maschera come svelamento delle stesse.
Splendide le inquadrature dall'alto di una Los Angeles notturna che scandiscono quasi contrappuntisticamente i vari passaggi del film, facendo ricadere lo spettatore, rapito dai rari momenti di leggerezza della storia, in uno scenario desolante che rievoca atmosfere alla Blade Runner. Stupendi i ralenti ed altrettanto può dirsi delle carrellate all'indietro. Il commento musicale è eccezionale: non stravolge mai la natura delle inquadrature, limitandosi ad esaltarne i contenuti.
In alcuni snodi narrativi, è vero, si può dire che il film perda di aderenza col reale. Nella parte finale, ad esempio, ci viene mostrato un malavitoso che va ad un appuntamento col suo antagonista (che ha peraltro già fatto fuori due dei suoi uomini, ne ha praticamente fatto a pezzi un terzo ed ha ucciso il suo socio) per recuperare un milione di dollari appartenente ad una “famiglia” di un'altra città e che non prende neanche la pur minima precauzione per evitare che la situazione gli sfugga di mano. La cosa sembrerebbe non stare in piedi, così come l'epilogo della vicenda. Ma, anche se forse avremmo preferito un finale diverso, la sequenza conclusiva, se calata nella giusta prospettiva, nella poetica del duello finale, dello scontro all'ultimo sangue, non solo riacquista vigore, ma ci convince che non avrebbe potuto essere stata costruita altrimenti.
Gianfranco Raffaeli
Scheda del film:
Titolo originale: – Drive Genere: Drammatico- Origine/Anno: USA 2011 – Regia: Nicolas Winding Refn – Interpreti: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Ron Perlman, Oscar Isaac, Albert Brooks, Christina Hendricks, Tina Huang, Kaden Leos, James Biberi Sceneggiatura: Hossein Amini – Montaggio: Matthew Newman – Fotografia: Newton Thomas Sigel – Scenografia: Beth Mickle – Costumi: Erin Benach – Musiche: Cliff Martinez – Giudizio: 9
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