
Drive my car è tratto dall'omonimo racconto breve di Murakami Haruki inserito nel libro “Uomini senza donne“. Film lungo tre ore, ma si tratta di un tempo necessario perché il film riesca a trasmettere appieno la propria poesia.
La prima ora costituisce nello svolgersi del racconto, il prologo a quello che è il vero e proprio cuore del film. Incontriamo una coppia costituita da Kafuku (Nishijima Hidetoshi), attore e regista teatrale e sua moglie Oto (Kirishima Reika), nome che significa “suono”, drammaturga con l'abitudine di inventare storie dopo aver fatto l'amore con il marito.
Una figura, quella di Oto intrisa di erotismo e contraddizioni che conosciamo anni dopo essere stata colpita dal più ingiusto dei lutti: la perdita di una figlia.

I due risultano legati da un rapporto di profonda intimità nel dolore ma nello stesso tempo non si tratta di un rapporto “risolto”, esistono fatti volontariamente taciuti da una parte che l'altro non vuole affrontare. Sintomatico che Kafuku si trovi ad interpretare una scena di “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, manifesto del teatro dell'assurdo, proprio quando la sua vita reale dimostra di essere in grado di superare ogni fantasia; l'improvvisa e imprevedibile morte di Oto costituisce il “deus ex machina” che proietta Kafuku verso una nuova fase della propria esistenza.
Ritroviamo Kafuku due anni dopo essere rimasto vedovo, invitato al festival di Hiroshima per dirigere “Zio Vanja” di Cechov: qui gli viene assegnata un' autista, Misaki, per guidare la sua Saab 900 rossa che costituirà il palcoscenico riservato al dialogo tra il regista teatrale e la sua conducente.
Masaki (Miura Toko) è una giovane donna silenziosa e mite, i due non sembrano avere nulla in comune; tanto colto e sofisticato lui quanto modesta è semplice lei. Viaggio dopo viaggio nell'intimità dell'auto tra i due inizia una comunicazione sincera e profonda che li porta a raccontarsi i traumi derivanti da importanti rapporti interrotti improvvisamente; lui con la moglie lei con la madre. Alle scene in auto fanno da contrappunto le prove della rappresentazione teatrale dove agli attori Kafuku ha chiesto di leggere il testo di Cechov senza aggiungere nulla in termini di interpretazione personale.
Così, prova dopo prova, le ore e i giorni dedicati alla lettura ripetitiva del testo, diventano un'oasi serena priva di turbamenti emotivi dove guarire le profonde ferite dell'anima. Come il sonno serve a guarire la psiche, le prove di “zio Vania” diventano un laboratorio di teatroterapia che predispone alla guarigione e al superamento dei lutti e dei propri sensi di colpa.
Drive my car è un film delicato e profondissimo nel quale emerge un'alta riflessione sul potere del linguaggio; nel film convivono infatti: coreano, giapponese, inglese e lingua dei segni. Un film che ruota attorno alla complessità dell'amore e alla capacità dell'anima di sopravvivere a perdite gravissime come quelle di un figlio, di un coniuge, di una madre. Kafuku e Misaki trovano ciascuno nel loro rapporto privo di sovrastrutture e nella comunicazione profonda che diventa anche profonda connessione con se stessi la capacità di curare le proprie ferite aprendosi ad un futuro di speranza.
Adelaide Cacace
Tratto dall'omonimo racconto di Murakami Haruki
pubblicato da Einaudi in Uomini senza donne (2015)
Drive my car
Paese: Giappone
Anno: 2021
Durata: 179 minuti
Regia: Hamaguchi Ryusuke
Sceneggiatura: Hamaguchi Ryusuke e Oe Takamasa
Montaggio: Yamazaki Azusa
Fotografia: Shinomiya Hidetoshi
Musica: Ishibashi Eiko
Costumi: Koketsu Haruki
Trucco: Ichikawa Haruko
Personaggi e interpreti
Kafuku: Nishijima Hidetoshi
Misaki: Miura Toko
Oto: Kirishima Reika
Produttore: Teruhisa Yamamoto
Produttore esecutivo: Nakanishi Kazuo, Sadai Yuji
Produzione: C&I Entertainment, Culture Entertainment, Bitters End
Distribuzione in italiano: Tucker Film
2021 – Festival di Cannes – Premio per la miglior sceneggiatura
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