
Che lo si voglia o meno, il Festival di Sanremo, come rito nazionale, è qualcosa che interpella e coinvolge tutti, anche chi non lo guarda e dichiara sdegnosamente di non guardarlo come si trattasse di opporsi a uno schieramento politico. Non credo ci siano molti dubbi riguardo al fatto che il personaggio di Drusilla Foer abbia caratterizzato più di ogni altro questa edizione del 2022.
Già la notizia del suo inserimento tra la cinquina delle donne co-conduttrici di Sanremo è stata foriera di grande stupore e di inevitabili polemiche e prese di posizione nella nostra bella tradizione dialettica di matrice greca.
La lettura del personaggio Drusilla intriga su molteplici piani.
Il personaggio di cui Gianluca Gori è autore e interprete ha raggiunto la più vasta notorietà nel periodo del lockdown verosimilmente come antidoto a un sistema di comunicazione monotematico, incentrato sui numeri dei contagi e dei morti che davvero risultava asfittico e deprimente, con ogni ragione dati i tempi grami. Tuttavia per quel invincibile sorriso descritto tanto bene da Camus, anche in tali tragiche circostanze era sorta la necessità di qualcosa di leggero e disimpegnato che attivasse il meccanismo della “distrazione”, totalmente necessario al genere umano, poiché l’uomo è l’unico animale che abbia la certezza di dover morire, almeno per quanto ne sappiamo.
Questa nobildonna fiorentina, francamente snob e orgogliosamente attempata, in quanto dichiara spesso il suo stato di “donna anziana”, risulta simpatica, credibile e facile da amare. Tutto ciò è di per sé strano. La sua personalità è in pieno contrasto con gli schemi convenzionali che attribuiscono alle persone di successo ben altri stili di vita, come emerge chiaramente quando venga paragonata agli influencer di maggior fama, almeno fino a questo momento (cfr. Ferrandez).
Drusilla non veste trendy, non si pettina trendy e segue una moda assolutamente personale, seppure molto apprezzata grazie al fisico longilineo. Pur essendo chiaramente agiata, conduce una vita riservata e senza vizi, esprime pensieri spregiudicati e irridenti ma non racconta di sé esperienze di vita “spericolata”, promiscua o anticonvenzionale. Sebbene corredata dal suo creatore di una biografia variopinta e avventurosa, di essa tuttavia non vi sono grandi citazioni nei filmati del web, appare piuttosto una donna in beata solitudine, dominata da una domestica ignorante e scorbutica.
C’è da dire che la versione destinata al pubblico “virtuale” che, per la maggior parte, ignora gli spettacoli teatrali della nostra e le sue performance da palcoscenico, risulta, per forza di cose, diversa da quella nota ai fan del “mondo in presenza”.
All’Ariston la Foer esplode in tutta la sua eleganza (Eleganzissima è il nome del suo spettacolo teatrale del 2016 tra breve nuovamente in tour per l’Italia), eloquenza e arguzia. Brilla come poche. Sorprende quelli che non la conoscevano e magari si aspettavo una Drag Queen, per così dire, più classica. La differenza tra Drusilla e ogni altro personaggio “travestito”, includendo in questa categoria anche molti performer dello stesso Sanremo, è che lei appare straordinariamente autentica, ci si dimentica del tutto che sotto gli abiti femminili di alta sartoria ci sia un uomo. Drusilla è per tutti un’anziana signora, sveglia e piena di regale contegno che non abbocca alle facili battute sulla ambiguità sessuale, anzi che ci plana dall’alto della sua ragguardevole statura. Drusilla non ammicca, la sessualità, per una volta, è messa tra parentesi.
Diversamente da alcune vegliarde che desiderano aggiornaci sulla loro ancora prospera attività sessuale, anche per ristabilire un vecchio squilibrio tra i generi che dipinge le donne come creature frigide dalla menopausa in poi, Drusilla appare semplicemente non interessata alla questione.
In definitiva il personaggio dimostra di essere una “vera signora” e probabilmente per questo, a differenza delle donne anagraficamente vere, a lei è concesso dalle spietate regole dello spettacolo di Sanremo di non doversi spogliare indipendentemente dalla età (cfr. la Muti) o di non doversi vestire in modo deliziosamente surreale (cfr Berti) o forzosamente creativo.
Più ancora a Drusilla è concesso di apparire anziana, intelligente, colta, perfino antipatica nelle sue uscite irriverenti contro le regole del “sistema” che prevede un presentatore uomo e cinque co-conduttrici donne in modo che nessuna di loro si monti troppo la testa.
È probabile che anche le ultrasessantenni “bollenti” che contrastano l’idea misogina di una senilità femminile asessuata portino avanti un’istanza preziosa per il nostro genere, ma la grazia e la maestà di una donna anziana, all’interno dello show-biz di Sanremo, è rappresentata solo da Drusilla.
Eppure, banale a dirsi, Drusilla è in realtà un uomo.
Il primo dei suoi meriti è quello di rappresentare l’essenza della vera arte nella creazione di un personaggio e nella recitazione che si trasforma praticamente in una “possessione” da parte della creatura sul creatore. Si tratta, nel caso specifico Drusilla/Gori, di un rapporto tanto profondo e intimo da rendere insignificante l’identità di genere.
Il secondo merito di questo personaggio è quello di aver portato all’evidenza di tutti che una donna di classe è qualcosa di meraviglioso. Quella classe che possedevano attrici come Audrey Hepburn e che resta pressoché esclusa dall’attuale estetica dello spettacolo. E invece, quel tipo di classe incanta. Drusilla lo ricorda a tutte noi e magari (volesse il cielo) potrebbe farlo presente anche ai produttori di ogni forma d’arte.
Purtroppo, occorre ricordarlo, Drusilla è un uomo, e questa resta l’unica pecca di una bella storia di rivincita femminile, oppure per essere ottimisti, il fatto che un uomo abbia regalato al nostro genere questa preziosa opportunità di riflessione e di indagine è un buon segnale di trasformazione dei tempi.
Stefania Squillante
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