Duilio Scalici: Come una formica rossa in una goccia d’acqua

Duilio Scalic Come una formica rossa in una goccia d’acqua
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Con Duilio Scalici, regista, videomaker, fotografo e musicista, abbiamo discusso dell’uscita del suo primo romanzo Come una formica rossa in una goccia d’acqua (Giulio Perrone Editore). Una conversazione sul romanzo e sulle sue fonti d’ispirazione tra immagini, parole e letture.

Come nostra abitudine la inviterei a presentarsi brevemente ai nostri lettori.
Sono un regista e videomaker, artista visivo, fotografo, musicista e adesso con l’uscita del mio primo romanzo anche scrittore esordiente.

La prima impressione da cui io partirei per avviare la nostra conversazione, visto anche il modo in cui lei si è presentato, è il suo essere attratto dalle contaminazioni di linguaggi diversi. Anche nel campo musicale ci sono diverse matrici nella sua creatività. Scrivere e pubblicare un romanzo è, quindi, un punto di arrivo o il punto d’inizio di qualche cosa di nuovo?
Penso che possa essere l’inizio di qualcosa di nuovo. Al tempo stesso, però, sono sincero nel dire che in realtà il progetto di questo romanzo è nato ben dieci anni fa. In origine avevo in mente di trarre un film da questo soggetto.
Col passare del tempo e degli anni, mi sono reso conto che realizzare un lungometraggio fatto bene comportava costi troppo alti e grandi spese. Quindi durante il lockdown – devo dire che per la stesura di questo romanzo mi è servito molto – stando un poco in pace e in serenità con me stesso, ho ripreso in mano questo piccolo sogno rimasto nel cassetto. Rileggendolo mi sono detto che avrei potuto farlo uscire come un testo narrativo; così ho voluto riadattarlo e adesso, appunto, lo vediamo in tutte le librerie come libro. Questa uscita è una cosa che mi emoziona davvero tanto e che non mi sarei aspettato.

Nelle cose che lei ha prodotto in precedenza immagine e musica si integrano benissimo. La prima cosa che balza agli occhi di fronte al suo romanzo è proprio la potenza dell’immagine che il titolo propone al lettore: Come una formica rossa in un goccia d’acqua. Questa descrizione di una situazione di prigionia, che poi in qualche modo è anche il riassunto di una parte dello spirito del suo testo, porta a pensare ad un romanzo distopico: una storia che guarda a un mondo possibile, in una città in cui non piove mai, o almeno così sembra.
Duilio Scalic Come una formica rossa in una goccia d’acquaInnanzitutto, vorrei aprire una parentesi sulla distopia: ho scritto questo romanzo come una favola dell’assurdo o un racconto surreale, più che come una storia distopica. Adesso, da più parti, sta venendo fuori questa interpretazione. E, anche se questa non era la mia intenzione iniziale, mi diverte parecchio il fatto di questa interpretazione dei lettori e dei recensori. La goccia d’acqua è fondamentale perché appunto in una città in cui non piove mai – questa è l’ambientazione del romanzo – trovare una goccia d’acqua sull’asfalto è per il protagonista una metafora potente: da quella goccia d’acqua e dall’immagine che ne ricava, nasce poi nel protagonista il suo turbamento. Insomma, quella semplice goccia, l’elemento inatteso in una città in cui non piove mai, determina nel protagonista un terribile momento – diciamo filosofico. Una goccia d’acqua è una possibile prigione per una piccola formica rossa. In base a quest’esperienza il protagonista, il cui nome è Limbo – questo almeno lo possiamo dire – inizia a pensare alla sua esistenza che fino ad allora gli appariva semplice, organizzata, netta.

Comprendo la sua sorpresa rispetto alla lettura distopica, ma tutte le favole surreali corrono comunque il rischio di dire qualcosa di politico. Limbo, il nome che ha scelto per il protagonista, è un’altra traccia molto particolare che attira inevitabilmente l’attenzione del lettore. E anche gli altri personaggi hanno nomi evocativi.
Diciamo che Limbo è legato ad un altro gioco che ho voluto fare all’interno del racconto con i molti riferimenti biblici che mi è piaciuto seminare qui e lì nella storia. Prima di proseguire in questa analisi, mi piace ricordare la frase che ho usato: “Non si prega: tutti sanno che il mondo è stato creato dall’inchiostro di uno scrittore”. Questa frase la si legge anche sulla controcopertina del libro. Insomma, lo scrittore crea un mondo e le sue regole.
Limbo inizialmente sta in un mondo in cui tutto sembra perfetto; lui non pensa e quindi non riesce a vedere ciò che non va. Poi inizia a pensare ed entra in un’altra visione, in un’altra ottica del mondo che è quella più realistica. Asmodeo, che è uno dei capi dello Stato, è uno dei demoni della gerarchia degli angeli di Satana. Bianca stessa, la ragazza di cui Limbo si innamora, svolge in qualche modo la funzione di Eva perché è lei la prima a strappare la mela della conoscenza e della coscienza. Limbo è un personaggio che vive in un mondo che possiamo definire molto organizzato e in cui nessuna scelta è demandata al singolo. Il singolo trova un cammino davanti a sé pianificato e non ha neanche il problema di trovarsi un lavoro perché c’è un’organizzazione che pensa per lui.

Poi decide lei se vuole svelare il mestiere che Limbo sarà chiamato a svolgere. Se mi permette il gioco di parole, noi potremmo dividere il romanzo in due parti; nella seconda Limbo è costretto ad uscire dal limbo: un personaggio inconsapevole, è costretto poi a porsi delle domande. Quale ruolo gioca l’amore in questo cambiamento?
In questo caso l’amore svolge una parte fondamentale. Limbo, all’età di 10 anni – come tutti gli altri abitanti della città – scopre quello sarà il suo compito per il resto della vita, grazie alla comunicazione che gli viene consegnata dallo Stato. Il suo compito sarà di essere la “morte”, colui che porta a domicilio la comunicazione della morte decretata dai segreti disegni del potere. La “morte” in questo racconto appunto è un impiegato come un altro. Il suo compito è soltanto quello di dire ai futuri defunti il modo in cui possono scegliere di morire. In Limbo un pensiero libero e alternativo nasce quando gli appare la paura di morire o di essere lo strumento per la morte di una persona cara. Questa novità è legata soprattutto all’amore appena trovato o al possibile frutto del proprio amore: un’altra potenza forte quanto la morte. Limbo riesce a pensare a queste cose in base all’amore che quindi ha un ruolo fondamentale sia in questo racconto e sia per me nella vita.

Abbiamo precedentemente già discusso del rimando al romanzo distopico e ci tornerei per aggiungere che in genere in questo tipo di vicenda sono l’errore o l’amore a innescare il mutamento e una sorta di protesta.
Questi sono gli elementi che mutano il mondo: c’è un mondo programmato da qualcuno che detiene un potere. L’errore che accade nella procedura per cui a Limbo – colui che annuncia la morte – giunge la comunicazione della propria morte lo costringe a ritornare umano o a diventare umano. Nella società in cui vive Limbo tutti gli esseri umani hanno perso l’umanità, nel senso che sono tutti appunto delle pedine che vengono programmate per fare quello che viene detto dallo Stato. Non conoscono altre verità. Diciamo che in questo caso la scoperta dell’amore e quella della morte aprono una nuova strada per Limbo.

Le sue parole, allontanandomi per un attimo dal filo che stiamo seguendo, mi fanno pensare al rischio della passività che è anche quella che potremmo avere nei confronti del fiume di notizie che ogni giorno ad ogni istante ci sommerge.
Anche io temo che l’individuo possa essere passivo nel rapporto con i media. Siamo inondati da tante situazioni e potremmo non cercare nuova musica, una nuova proposta e così via. Dove me la vado a cercare? Tutti vedono gli stessi film; in un’epoca che sembra aprirti le porte di tutto, accade l’esatto contrario. Sembra che abbiamo tante finestre, ma queste stesse finestre ci impongono determinate cose. Ci sono tanti altri titoli che magari nessuno neanche va a cercare perché non vengono sponsorizzati. A me invece interessa andare a scoprire. Parlando di me stesso, da ragazzo ho avuto sempre degli interessi ben precisi: per farvi capire già a 16 anni mi sono appassionato al cinema di David Lynch e di altri registi che in tv non vanno.
Insomma, questa situazione un poco mi spaventa, ma, al tempo stesso, spero che tanti altri come me vadano a cercare quello che vogliono.

Torniamo al testo. Quando i nostri lettori sentono dire che Limbo è la morte non si devono aspettare un personaggio dotato di superpoteri. Devono immaginare un uomo che tutte le mattine passa per il bar, compie il suo rito del caffè e poi va a timbrare il cartellino.
Limbo è dipendente di un mondo organizzatissimo in cui qualcuno è responsabile di portare la comunicazione della morte a domicilio. In questo modo, incontra una serie di personaggi dai quali inizia a essere affascinato. In qualche modo lui ama sentire le storie di queste persone. Il racconto è un’altra via per cambiare la vita e per cambiare il mondo.

In questo contesto che abbiamo delineato, Limbo incontra Bianca una donna che è stata capace di affrontare il destino e mutarlo.
Bianca la definisco come l’Eva di questo racconto perché appunto è la prima persona che riesce ad avere un proprio pensiero, senza aver paura di niente; questo proprio pensiero nasce quando lei è piccolissima, perché rispetto agli altri suoi coetanei era una bambina consapevole sin dalla nascita e sa fare la mossa decisiva per scegliere il proprio destino. Tutto il mondo che le stava intorno era una menzogna e lei è la prova che ognuno può essere ciò che vuole. A me piace moltissimo la metafora biblica di Eva con la mela e col serpente, perché, per quanto molti possano condannare questa figura, grazie a lei non siamo più nell’Eden. Lei ha risvegliato la nostra coscienza.

Ci sono altri due personaggi che mi hanno fatto divertire, nei limiti del possibile, e sono i due gemelli che gestiscono l’agenzia funebre che segue Limbo presso i vari indirizzi del suo lavoro.

Posso dire che per quanto riguarda loro sono stato ispirato moltissimo da Pinco Panco e Panco Pinco di Alice nel paese delle meraviglie e dal film di Tim Burton Big fish. Due personaggi falsamente simpatici, insomma, falsamente semplici Due figure che si arricchiscono grazie alla morte, perché di questo si tratta. Figure che, comunque sia, superano un poco il livello umano e si avviano ad essere disumani. Ho voluto costruire attorno a loro tutta una favola più che una verità, perché, rispetto agli altri, di loro non si racconta molto, più che altro è tutta una diceria.

Asmodeo il personaggio che rappresenta il potere è un bambino che ha mangiato di tutto e di più fino ad essere un uomo gigantesco.
Asmodeo è l’unico personaggio realmente ben descritto nel libro tra i rappresentanti dello Stato. Ho voluto appunto immaginare una persona ingorda in uno Stato così autoritario e al tempo stesso strafottente per quanto riguarda tutto quello che è il lato umano. Ho voluto rappresentare una figura ingorda e lurida con le mani sempre piene perché hanno sempre voluto arraffare. Asmodeo gestisce la relazione con gli altri come se gli altri fossero nulla.

Il nostro buon Limbo dovrebbe notificare, ad un certo punto della storia, a sé stesso l’avviso di morte e questo evento cambia la storia. Per spiegare questo passaggio lei usa il verbo “pensare”. Che cosa vuoi dire con questa parola? Che cosa vuole indicare di positivo?
Ho voluto rappresentare un personaggio che non ha mai pensato perché comunque sia, il pensare ti porta anche nel mondo della malinconia. Eliminando il pensiero, in teoria, si sta bene, e quindi beati gli ignoranti, beati gli stolti. Ho voluto poi fare riferimento ad un errore dello Stato. In questo ritroviamo l’intoppo che, come diceva lei, ritroviamo nei romanzi distopici: a causa di questo errore statale Limbo inizia a pensare, e questo pensare invece di fargli del bene, inizia a divorarlo come un cancro.

L’amore nasce e l’amore finisce per Limbo intorno al suo strano mestiere e alle paure che il pensiero apre in lui. La metafora che lei usa mi ricorda quella di Boris Vian: l’amore sfuma e la casa si fa sempre più piccola.
La casa si va restringendo attraverso tutto il racconto. Nel momento in cui Limbo inizia a pensare e a stare male viene fuori il suo lato oscuro. Questa scoperta porta all’amore, ma porta anche l’amore alla sua fine. La casa invece si va restringendo, il luogo in cui noi ci alziamo, iniziamo la giornata e poi la finiamo. Pensavo fosse fondamentale. Poi c’è un’altra cosa che mi ha sempre accompagnato. Quando ho pensato questa storia come un film: ho immaginato una figura che a un certo punto piange in una stanza piccolissima visto dall’alto.

Facciamo un ultimo riferimento al testo. Non ci sono, come nelle favole, indicazioni di tempo e spazio.
Potrebbe essere anche domani o potrebbe essere anche oggi in universo parallelo perché non viene specificato in nessun modo.

Pensando alla situazione che stiamo vivendo – lei sa che una domanda sulla pandemia è ormai obbligatoria – non che la casa si sta restringendo intorno a tutti noi?
Secondo me è sempre una esperienza individuale; a livello personale è stato un periodo – tra virgolette – fantastico perché dentro le mura di casa appunto sono riuscito finire questo testo. Poi sono stato costretto in casa con la mia compagna con la quale avevamo avviato da poco il nostro rapporto: una storia positiva, le mie mura di casa si sono allargate insieme.

Da questo punto di vista c’è un’altra domanda che ci perseguita. Come usciremo da questa situazione?
Secondo me forse staremmo peggio, perché il covid ha un poco alimentato la nostra paura dell’altro. Ormai basta vedere uno che starnutisce o che si muove in maniera strana e scattano preconcetti e pregiudizi.
Antonio Fresa

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