
La campagna elettorale e le conseguenti elezioni presidenziali e legislative del 20 agosto in Ecuador sono state sconvolte – il 9 agosto – dall'assassinio di uno degli otto candidati alla presidenza, Fernando Villavicencio del partito centrista Movimiento Construye (Costruire). L'assassinio – avvenuto nella capitale Quito mentre Villavicencio entrava in auto dopo un comizio elettorale – è attribuito ad uno dei cartelli della droga che insanguinano il paese andino dove si incrociano e scontrano anche altre organizzazioni e gruppi armati dei paesi vicini.
Una campagna elettorale che aveva già registrate altre due morti: qualche settimana fa erano stati uccisi Agustin Intriago, sindaco della città portuale di Manta e primario crocevia del traffico della droga e il candidato all'assemblea nazionale per il partito Alianza Actuemos, Rider Sanchez.
La violenza che da qualche anno è cresciuta enormemente è diventata parte della contesa politica anche per l'incapacità delle autorità a fronteggiare il potere delle sempre più diffuso dei gruppi del narcotraffico. Dal parlamento (a marzo solo il 9% degli ecuadoregni ne aveva un'opinione positiva) al presidente è la classe politica a non essere in grado di affrontare le violenze ininterrotte provocate dalla crescita dei cartelli. A niente era servito il varo dello stato di emergenza e la conseguente imposizione del coprifuoco e la sospensione di molte garanzie costituzionali. Stato di emergenza che è stato dichiarato nuovamente dopo l'assassinio di Villavicencio.
Fernando Villavicencio, 59enne ex giornalista e parlamentare, aveva già denunciato minacce e intimidazioni nei suoi confronti e di altri del suo partito, probabilmente anche perché la lotta alla corruzione era al centro del suo programma elettorale.
Fin dal giorno dell'omicidio il presidente uscente Guillermo Lasso ha proclamato lo stato d'emergenza nel mentre si confermava la data delle elezioni. Le elezioni presidenziali e legislative anticipate del 20 agosto prossimo in Ecuador furono indette dopo lo scioglimento del Parlamento lo scorso maggio. Lasso prese quella decisione mentre era in corso un processo politico contro di lui per presunta appropriazione indebita in affari petroliferi che lo avrebbe portato alla probabile rimozione. L'Assemblea nazionale aveva tentato anche nel giugno 2022, dopo quasi tre settimane di proteste da parte degli indigeni contro povertà, l'inadeguatezza della sanità, la corruzione e la disoccupazione, di rovesciarlo senza riuscirci.
Saranno 13 milioni gli aventi diritto che eleggeranno i 137 deputati del Congresso e il Presidente della Repubblica che però resterà in carica solo fino al 2025 che sarebbe stato il termine del mandato di Lasso.
I candidati alla presidenza sono otto. In rispetto alla memoria di Fernando Villavicencio lo spazio che gli corrispondeva rimarrà vuoto ma i voti andranno al suo sostituto, Christian Zurita anch'egli giornalista investigativo e che ha lavorato con Villavicencio. In un primo momento era stata Andrea González, 36enne attivista per l'ambiente che però non ha avuto il gradimento della vedova Veronica Sarauz ed alla fine resta la candidata alla vicepresidenza. Non parteciperà alle elezioni Lasso e il suo partito. Gli altri candidati sono Luisa González di Revolución Ciudadana il partito dell'ex presidente Rafael Correa ed in testa ai sondaggi; Bolívar Armijos, figura legata al correísmo e candidato all'Assemblea nazionale nel 2021, sostenuto dal movimento Amigo; il leader indigeno Yaku Perez che è al suo secondo tentativo nella corsa presidenziale ed è a capo dell'alleanza Claro que se Puede; il conservatore e uomo d'affari Jan Topić è stato scelto dal Partido Social Cristiano che ha partecipato all'impeachment del presidente pur essendo stato brevemente nominato ministro della sicurezza dal presidente stesso; Otto Sonnenholzner, ex vicepresidente di Lenín Moreno e a capo di Avanza y Sociedad Unida Más Acción; l'uomo d'affari, Xavier Hervas sostenuto dal movimento di centrodestra RETO e già candidato nel 2021; Daniel Noboa, figlio del magnate Álvaro Noboa che ha tentato più volte di vincere le presidenziali.
«Non c'è paese al mondo che maneggi una proporzione così alta di tonnellate di cocaina per abitante come l'Ecuador. Il Paese sudamericano, cerniera tra i due maggiori produttori di foglie di coca del Sud America e del mondo, Colombia e Perù, è diventato negli ultimi 15 anni una piattaforma logistica per grandi organizzazioni criminali transnazionali. Tra questi spicca il Cartello di Sinaloa , con quasi mezzo secolo di esperienza nell'introduzione di droghe nel grande mercato di consumo globale, gli Stati Uniti» [1].
Secondo il Crisis Group, tra il 2020 e il 2021 la crescita degli omicidi è stata del 180%; Al 17 agosto del 2022, l'Ecuador aveva registrato 2.593 omicidi rispetto ai 2.471 di tutto il 2021. Circa il 38% degli omicidi è avvenuto nella città portuale di Guayaquil. Sempre nei primi sette mesi del 2022, secondo la stampa locale, l'Ecuador ha registrato non meno di 145 attentati dinamitardi [2].
L'Ecuador è in una crisi profonda e la violenza che si allarga sempre più, con gruppi criminali provenienti dai paesi vicini, è l'aspetto più evidente sul quale si innestano le condizioni di povertà, aggravatesi a dismisura con la pandemia di Caovid-19, di servizi sociali, dalla sanità all'istruzione, in condizioni di degrado. Le misere condizioni sociali sono anche un motivo per il ricorso ad attività illegali. La corruzione dilagante tra le élite economiche e politiche, oltre a rendere vani i tentativi dei pochi di migliorare il sistema, alimenta un'ampia sfiducia verso le istituzioni. Nel dibattito che si è svolto oggi 14 agosto, tutta la discussione si è di fatto spostata sulle misure da adottare per fermare il narcotraffico e la violenza nel paese e nelle carceri [3],
Pasquale Esposito
[1] Pablo Ferri, Ecuador, bajo las garras de los carteles mexicanos, 11 agosto 2023
[2] Ecuador's High Tide of Drug Violence, 4 novembre 2022
[3] Alexandra Valencia, Ecuador candidates talk tough on crime after assassination, 14 agosto 2023
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