
El dia de muertos è assai più di una festa religiosa le cui radici affondano in una tradizione millenaria.
Presso la Fondazione Casa de Mexico di Madrid, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, si celebra la quinta edizione del tradizionale Altare dei Morti, quest’anno dedicato alla famosa pittrice messicana Frida Kahlo, icona senza tempo come molti la descrivono. Sulla strada, all’angolo del palazzo, in Calle de Alberto Aguilera 20, un enorme scheletro di tredici metri ornato da immensi e colorati fiori di tela, dà il benvenuto a tutti coloro che entrano nella Fondazione per visitare gli Altari dei Morti (7 ottobre-13 novembre) preparati dagli artigiani della Fondazione per celebrare la ricorrenza del Dia de Muertos, come usa in Messico e in altri paesi dell’America Latina di cultura cattolica. La facciata e gli spazi della Fondazione si vestono di elementi tipici di questa festa che rappresenta anche una delle celebrazioni più importanti del Messico, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio della Umanità fin dal 2003.
L’ Altare, o ofrenda, è l’oggetto simbolo attorno al quale ruotano feste e celebrazioni. Quest’anno, negli spazi della Fondazione ai piedi della scalinata che porta al piano superiore, un grande altare è stato creato in collaborazione con il Museo Dolores Olmedo, intitolato a questa donna d’affari, amante dell’arte, filantropa e musicista che, insieme con Diego Rivera, è stata una persona fondamentale nella vita di Frida Kahlo.
Figura centrale di questo altare monumentale è una statua antropomorfa creata da Wido Ramirez che reinterpreta il quadro a olio della pittrice e rappresenta il corpo di un cervo ferito a morte con la testa di Frida Kahlo. La vita di Frida fu ben difficile e drammatica a causa della poliomielite e di un grave incidente subito quando aveva diciotto anni che la costrinse a continue operazioni e assai spesso a letto. Altrettanto turbolenta fu la sua vita sentimentale con il marito Rivera con il quale condivise amore, passione per l’arte e valori politici. I quadri di Frida esprimono a volte sofferenza e una sua personale realtà dolorosa, spesso attraverso autoritratti perché “…sono la persona che conosco meglio…”
Le culture precolombiane praticavano già rituali collegati alla morte e con l’arrivo dei conquistadores spagnoli la festa del Dia de Muertos diventa frutto di un sincretismo culturale tra il cattolicesimo portato e imposto dagli europei e le tradizioni preispaniche. In questo giorno del 2 novembre gli spiriti ritornano tra i vivi, vanno agli altari a loro dedicati e adorni di fotografie e ritrovano i loro cari. Lo scenario che si crea è assai complesso.

L’altare o ofrenda che ho davanti è autentico per elementi e ornamenti presenti secondo la tradizione. È una struttura con vari livelli che possono variare nel numero. Due per segnare il mondo terreno e quello celeste, tre per distinguere cielo, terra e oltretomba, o sette come i mondi attraverso i quali, secondo gli Aztechi, le anime dei defunti dovevano passare. È ornato con moltissimi di fiori di carta rossi e arancio e con altri oggetti di arte popolare in cartapesta dai colori vivaci, chiamata cartoneria, come gli alebrijes animali totemici e creature fantastiche tipiche del folklore messicano che incarnano uno spirito-guida, angelo custode o demone benevolo che proteggono la vita di una persona e ne conoscono il destino. La cartoneria, vero patrimonio culturale che risale all’epoca precolombiana, è un’arte preziosa che si tramanda di generazione in generazione e che in una occasione come questa si può ammirare in tutta la sua bellezza.
L’altare è anche il simbolo di Mictlan – o l’oltretomba – che accoglie le anime decedute per cause naturali. Tra gli elementi tipici che adornano l’altare sono las calaveras – i teschi, per scongiurare la morte; fin dai tempi degli aztechi si costruivano muri fatti di crani di zucchero detti tzompantlis ai quali oggi si aggiungono quelli di cioccolata.
Ci sono poi le calaveritas literarias, piccoli epitaffi che celebrano la vita di una persona ancora viva..! ma questo è segno di buona fortuna per il celebrato! Altro elemento tradizionale presente è il copal, una resina di colore arancio prodotta dalla corteccia di alcuni alberi, utilizzata come vernice ma anche, importante, come incenso che purifica l’anima e soprattutto guida i defunti all’altare sul quale, chiaro esempio di sincretismo religioso, si colloca anche la croce accanto alle foto dei defunti.
Cibi e bevande, acqua, mescal, tequila, non possono mancare – el festin – e sono piatti tipici messicani inclusi quelli più amati dal defunto. E in questo clima di allegria e serenità mangiano i vivi mentre gli spiriti assorbono i sapori delle pietanze. Ancora si può trovare il cane nudo messicano – el izcuintli – una razza autoctona del Messico alla quale gli Aztechi attribuivano il compito di guidare gli spiriti nel mondo dei morti.
E poi ci sono i molti lavori artigianali fatti in papel picado o carta colorata intagliata con grande maestria e creatività per creare festoni da appendere; i colori sono diversi e diverso è il significato: viola la religione cattolica, arancione il lutto, blu l’acqua, verde la vita, rosso il sangue, bianco la purezza, nero l’oltretomba. Non manca l’aria ben rappresentata dal papel china o carta velina che nel suo muoversi annuncia l’arrivo dei defunti.
Sembra che in epoca preispanica venissero sacrificati agli Dei cuori umani poi sostituiti con offerte diverse. Oggi sull’altare vengono posti panini di frumento decorati con un motivo che ricorda le ossa, appunto el pan de muerto o pane del morto. El petate è una stuoia o tappeto o tovaglia intessuta con foglie di palma e serve per imbandire il banchetto sull’altare. La sal, il sale, viene posto in un piattino sull’altare e serve a purificare, come il copal, lo spirito del defunto.
I vasi con i fiori di sempasuchil, calendule, sono decorazione tipica dell’altare. Il loro intenso profumo guida gli spiriti al banchetto che li attende. E infine ci sono lumi, lumini e candele, las velas, che rappresentano la Fede e la Speranza e sono la luce che guida le anime nel loro ritorno all’Oltretomba dove riposano fino alla prossima celebrazione del 2 novembre.

La rappresentazione tipica, popolare della morte è la Catrina, rappresentata sotto forma di uno scheletro di donna vestito elegantemente con sombrero, simbolo per eccellenza della celebrazione del Dia de Muertos, ed è la figura principale, anfitriona delle offerte dedicate al defunto, nei giorni del 1 e 2 novembre. La Catrina –ha compiuto 100 anni nel 2010 – venne creata alla fine del XIX secolo dal fumettista Josè Guadalupe Posada come ritratto satirico e fortemente critico verso il malinchismo, ovvero l’attitudine delle persone a rinnegare le proprie origini. Il nome glielo diede il pittore muralista Diego Rivera e grazie agli artisti messicani questa figura riappare in molte celebrazioni, assumendo per la festa dei morti il significato di burla nei confronti della morte stessa.
Catrina ha una storia interessante, con una origine letteraria e artistica oltre che essere simbolo della ribellione, che inizia a metà Ottocento durante i governi Benito Juarez, Sebastian Lerdo de Tejada e Porfirio Diaz, quando un forte malcontento nei confronti delle classi privilegiate da parte della classe media e del popolo si esprimeva attraverso scritti e pubblicazioni chiamati de combate e accompagnati da disegni di teschi e scheletri. Le illustrazioni di Posada divennero famose con la Calavera Garbancera (un teschio) che voleva rappresentare una popolazione corrotta e morta dentro e che pur avendo sangue indio rinnegava la propria cultura e fingeva di essere europea. Rivera nel 1947 diede il nome Catrina al teschio come espressione femminile di Catrin, uomo elegante e ben vestito, e lo inserì nel suo murale Sueno de una tarde dominical en la Alameda Central. Da allora Catrina, come è oggi rappresentata misteriosa e irriverente, è stata ripresa da illustratori in molte altre occasioni.
Una parola sul malinchismo, termine popolare messicano che vuole esprimere una condotta deferente verso lo straniero, quasi un tradimento verso il proprio paese. Il termine ha origine nel nome della donna Malinche che accompagnò Cortes nel 1500 facendogli da interprete e aiutandolo a stabilire patti e alleanze con varie popolazioni. Una versione storica dice che l’aiuto di Malinche agli spagnoli fu determinante nel sottomettere il paese e le popolazioni e sembra che gli Aztechi chiamassero Cortes con lo stesso nome di Malinche.
Questi altari che vengono allestiti sia nelle case private che nei cimiteri, ma anche nelle piazze delle città, sono un vero e proprio ponte fra la vita e la morte: la loro funzione è quella di accogliere nuovamente gli spiriti nel regno dei vivi, ed esprimono con la loro ricchezza e colore l’allegria e spensieratezza di chi vive la morte come parte della vita con il rispetto e il ricordo verso chi non c’è più.
In Messico durante la tradizionale Festa dei Morti, si organizzano parate e processioni, durante le quali gli abitanti si travestono da calacas, gli scheletri colorati impegnati in danze folkloristiche; si fa visita ai cimiteri e si adornano le tombe dei propri cari con candele, fiori, pane, vino e piatti speciali. Si passa lì la notte tra chiacchiere, musica e ricordi. Molte persone lasciano addirittura il letto libero per le anime dei defunti la notte del 1º novembre, perché possano riposare. Ma in tutto questo non c’è nulla di triste, al contrario è una giornata dedicata alla vita. E’ una allegra e felice commemorazione per il ritorno dei defunti sulla terra ed è profondamente sentita e radicata nella tradizione messicana.
Esiste un piccolo villaggio in Messico nello stato del Michoacan, sulle rive del bellissimo lago Patzcuaro, che ospita spettacolari celebrazioni del Dia de Muertos creando opere di artigianato uniche.
Le opere e i lavori esposti presso la Fondazione sono molti e affascinanti. La visita si conclude davanti a un grande cartellone tappezzato di bigliettini che recano scritte. Sono i messaggi di chi è passato di qui, un ricordo, una memoria diretti a chi è scomparso e appuntati sul cartellone. A conclusione delle celebrazioni un grande falò li accoglierà tutti e il fumo trasporterà i pensieri a coloro ai quali sono destinati.
Daniela di Monaco
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