
Luiz Inácio Lula da Silva leader del Partito dei lavoratori(Pt) ha vinto con il 48,43% dei voti (99,99% quelli scrutinati) il primo turno delle elezioni presidenziali in Brasile. Sfiderà al ballottaggio del prossimo 30 ottobre il presidente uscente e leader di estrema destra del Partito liberale Jair Bolsonaro che ha ottenuto il 43,20 dei suffragi. Elezioni polarizzate sui due candidati; si sono presentati in undici, di cui solo due di colore in un paese a maggioranza di colore e al terzo posto con il 4,2% troviamo la senatrice Simone Tebet del centrista Movimento democratico brasiliano (Mdb).
Alla vigilia i sondaggi davano mediamente un vantaggio superiore a Lula da Silva tanto che i più ottimisti avevano prospettato una vittoria al primo turno. Non è bastata evidentemente nemmeno l’allargamento verso i moderati con l’alleanza con Gerald Alckmin, ex governatore di San Paolo e dirigente storico della destra brasiliana e ora della formazione di centro sinistra il Partito socialista brasiliano (Psb) e candidato come vice presidente insieme a Lula.
Nonostante ci siano oltre sei milioni di voti di differenza, Bolsonaro si è dimostrato baldanzoso come al solito domenica sera, non ci credeva nemmeno lui evidentemente nei voti ricevuti da quel blocco fatto di piccola e media borghesia, gruppi evangelici, milizie, latifondisti, allevatori, forze di polizia ma anche poveri che negli ultimi tempi hanno ricevuto sussidi, il tutto supporto da un uso spregiudicato dei social media. Del resto come ha scritto Eliane Brum
“dopo quasi quattro anni al potere ha usato la macchina statale per minare la democrazia, il bolsonarismo ha infiltrato le sue radici marce le sue radici corrotte in tutte le istituzioni brasiliane e nelle organizzazioni della società civile. Se nel 2018 i peggiori attacchi sono stati compiuti da individui o gruppi, nel 2022 provengono da parlamenti e associazioni. Sebbene entrambi gli scenari siano inquietanti, la differenza è sostanziale”. E poi la giornalista aggiungeva: “Anche se non sarà rieletto o non sarà in grado di compiere il colpo di stato che sta preparando in caso di sconfitta, migliaia di Bolsonaro saranno rieletti in Parlamento e continueranno a ricoprire posizioni di potere in tutte le sfere” [1].
Una previsione corretta. A queste elezioni si è votato anche per rinnovare la Camera (513 deputati) e il Senato (81) e per eleggere 27 governatori statali e i rispettivi organi legislativi e il partito del presidente ha ottenuto il miglior risultato di sempre al Congresso che si presenterà a tinte conservatrici a tratti estremiste di destra. Tra gli eletti nella destra ci sono l’ex giudice Sergio Moro candidato per Unione Brasile e il pm Deltan Dallagnol candidato per Podemos nel pool Lava Jato (Autolavaggio) che indagò e fece condannare per corruzione Lula insieme a decine tra imprenditori, dirigenti, politici.
È evidente che i sondaggi pre elezioni non sono riusciti a cogliere parte di quello che è poi accaduto.
“Anche i governatori e i legislatori sostenuti da Bolsonaro hanno sovraperformato i sondaggi, vincendo molte delle loro sfide domenica. Cláudio Castro, il governatore di destra dello stato di Rio de Janeiro, è stato rieletto in maniera schiacciante, con il 58 per cento dei voti, 11 punti percentuali in più rispetto alle proiezioni dell’Ipec [istituto di sondaggi, ndr]. Almeno sette degli ex ministri di Bolsonaro sono stati eletti al Congresso, incluso il suo ex ministro dell’ambiente, che ha supervisionato la deforestazione alle stelle in Amazzonia, e il suo ex ministro della salute, che è stato ampiamente criticato per il ritardo del Brasile nell’acquisto di vaccini durante la pandemia” [2].
È possibile che un’astensione più alta dal 1998 (il 20,9% dell’elettorato è andato alle urne in un Paese dove il voto è obbligatorio), una buona dose di indecisi e gli aiuti degli ultimi mesi di Bolsonaro alle fasce più deboli della popolazione abbiano impedito la débâcle e risollevato le sorti e il morale dell’estrema destra e di Bolsonaro
Ieri a ventiquattrore dal voto Lula Da Silva da San Paolo ha ripreso slancio dichiarando che “tutte le elezioni per le quali mi sono candidato sono passate al secondo turno, tutte. Il secondo round è un’opportunità per maturare le proposte e per parlare con la società“.
Non sarà facile per Bolsonaro rimontare completamente gli oltre sei milioni di voti ma il problema è che ancora oggi dopo averlo fatto per tutta la campagna elettorale si rifiuta di dare rassicurazioni sull’accettazione della sconfitta. Quello che con tutta probabilità si vivrà è un altro mese di violenti scontri verbali e non (sono stati diversi gli omicidi tra i sostenitori durante la campagna elettorale) in una società spaccata tra chi difende la democrazia, l’uguaglianza senza distinzione di sesso razza cultura, i poveri, l’ambiente devastato da politiche di rapina e chi è esattamente dall’altra parte.
Pasquale Esposito
[1] Eliane Brum, Bajo el dominio de los gusanos, 22 luglio 2022
[2] Jack Nicas, Bolsonaro Outperforms Polls and Forces Runoff Against Lula in Brazil’s Presidential Election, 3 ottobre 2022
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