
Non è andata come da alcune parti si era preventivato. Michelle Bachelet dovrà attendere il 15 dicembre prossimo per sapere se potrà tornare ad essere presidente del Cile. Al ballottaggio affronterà la sua vera sfidante Evelyn Matthei Fornet.
La prima di centro sinistra e la seconda rappresentante della destra e in continuità con la presidenza di Sebastián Piñera di cui è stata ministra del Lavoro.
Le due candidate sono anche divise da un passato tragico e che risale agli anni del regime di Pinochet. Da piccole si sono frequentate perché le famiglie si conoscevano per via di padri entrambe generali dell’aereonautica. I destini si separarono quando il padre della Bachelet contrario alla dittatura moriva sotto tortura e il padre della Matthei continuava a servire Pinochet fino a diventare uno dei quattro membri della Giunta Militare.
Cile. Santiago del Cile, Cámara de Diputados. Agosto 2013. Foto Giovanni Mauro
Bachelet ha vinto con quasi il 47% delle preferenze mentre Evelyn Matthei, capo dell’Alianza, si è fermata ad un 25,01%. E questo scarto spiega l’ottimismo di tutta la coalizione Nueva Mayorìa che la sostiene. Seguono Marco Enríquez Ominami (40 anni) del Partido Progresista di centrosinistra e già in lizza alle presidenziali del 2009 con il 10,98%, l’indipendente Franco Parisi con 10,11%. Molto distaccato Marcel Claude Reyes (2,81%) del Partido Humanista e appoggiato da Izquierda Unida.
Reyes è direttore del giornale El Rastro e ha radunate tutte quelle forze contrarie al liberalismo sorrette da una visione ambientalista della società, «rifondare il Cile assicurando i diritti di tutti i suoi popoli», quei popoli che devono riappropriarsi delle risorse naturali. Per lui e tutto il movimento Todos a la Moneda la necessità di «cancellare la vergognosa Costituzione del 1980, figlia di un matrimonio immondo tra Ricardo Lagos e Augusto Pinochet». Attenzione ai popoli indigeni come i Mapuche per i quali chiede la liberazione dei prigionieri politici e la fine della militarizzazione nel Wallmapu, le loro terre ancestrali [1].
Alfredo Sfeir Younis (66 anni) del Partido Ecologista Verde ha avuto il 2,35% dei voti e Roxana Miranda Meneses (46 anni) del Partido Igualdad altra esponente della sinistra, si è dovuta accontentare del 1,27%.
Come in tutte le elezioni l’andamento dei partecipanti è stato in calo. Solo 6,7 milioni dei circa 13 milioni aventi diritto sono andati a votare a dimostrazione della lontananza della cittadinanza nei confronti del sistema politico cileno, dove i membri di entrambe le Camere hanno indici di gradimento regolarmente al di sotto del 20% [2].
Cile. Santiago del Cile, salita del Cerro di Santa Lucia. Agosto 2013. Foto Giovanni Mauro
Del resto le leggi che regolano il finanziamento delle campagne elettorali non aiutano a cambiare lo status quo, né in termini di trasparenza né concede spazio alle minoranze o ai gruppi minoritari con risorse scarse.
Le donazioni e le donatrici/donatori possono rimanere anonimi per una legge cilena del 2003. E approfittando dell’anonimato ricche famiglie e grandi aziende hanno finanziato pesantemente le campagne elettorali, presidenziali e parlamentari. I tratta di diversi milioni di dollari, secondo un rapporto investigativo pubblicato di recente del Centro per l’inchiesta giornalistica ( Ciper ). Nonostante il limite di 135mila dollari si è potuto andare oltre perché le famiglie sono composte da più persone e le grandi compagnie da più società. Solo l’indipendente Franco Parisi ha rivelato di aver ricavato 50.000 dollari dalla vendita della sua Porsche e di aver ricevuto un credito di 940.000 dollari dal Banco Estado [3]. È chiaro che la mancanza di limiti seri lascia inalterati, come in molte parti del mondo, i problemi connessi all’intreccio tra affari e politica con i conseguenti conflitti d’interesse che si generano.
Cile. Deserto di Atacama, Valle della Luna. Agosto 2013. Foto Giovanni Mauro
Tornando ai risultati va detto che la novità arriva dal movimento studentesco che è entrato a pieno titolo nella politica perché insieme alle componenti di sinistra della coalizione e ai sindacati, ha imposto un programma più radicale a cominciare dalla riforma della Costituzione (come si diceva è stata firmata da Pinochet) e perché Giorgio Jackson, Gabriel Boric, Karol Cabriola e Camila Vallejo i suoi rappresentanti sono stati eletti. La popolarissima Camila si è candidata nelle fila del Partito comunista cileno parte della coalizione della Bachelet. Nella sua intervista a il Manifesto ha spiegato: «come deputata la mia sfida sarà quella di portare in parlamento i contenuti imposti nelle piazze dal movimento sociale. […] il diritto all’istruzione pubblica, gratuita e di qualità. Una nuova Costituzione […]. Una nuova legge del lavoro […] Una sanità decente che non sia basata sul lucro. Un sistema pensionistico giusto e ugualitario. […]» [4] .
Le sinistre in parlamento dovranno spingere la presidente a forzare la mano agli alleati moderati della sua alleanza per poter sperare che il modello di sviluppo ancora arroccato sui pilastri costruiti durante la dittatura possa cambiare. Un modello che pur portando crescita quantitativa – il Cile continua ad avere un Pil fortemente positivo – ha allargato a dismisura la forbice tra i più ricchi e i più poveri. D’altro canto la Nueva Mayorìa dovrà mantenersi salda se vorrà consentire alla Bachelet di attuare il suo piano di spesa di 15,1 miliardi di dollari che dovranno servire anche per mettere mano ad una riforma tributaria, con l’aumento delle tasse per alcuni settori, e ad una riforma del sistema scolastica.
Intanto il 15 dicembre dovrà vincere
Pasquale Esposito
[1] El Ciudadano, “Marcel Claude lancia la campagna presidenziale riempiendo il Teatro Caupolicán”, www.pressenza.com, 29 settembre 2013
[2] Steve Anderson, “Tumultuous times ahead for Chile’s unofficial president elect”, www.santiagotimes.cl, 19 novembre 2013
[3] Benjamin Druttman, “Lid lifted on anonymous millions spent in campaign donations”, www.santiagotimes.cl, 14 novembre 2013
[4] Geraldina Colotti, “ «Porterò la voce della piazza»”, il Manifesto, 20 novembre 2013, pag. 8
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