
Come nelle previsioni il governo giallo-rosso e Conte possono stare tranquilli per un po’ dopo questo voto. Il Governo può proseguire la sua navigazione di piccolo cabotaggio dove non c’è un idea di cambiamento sistemico che possa incidere nel profondo sulle disuguaglianze, sulla lotta al cambiamento climatico e sui diritti compresa la cancellazione di quell’obbrobrio giuridico che sono i decreti sicurezza.
Queste elezioni, come vedrete dalla maree delle liste personali, hanno accentuato il carattere elitario, personalizzato e poco rappresentativo di questo modello elettorale che accentra poteri nei governatori e che genera scontri istituzionali.
Il cappotto non c’è stato perché il SI al taglio dei parlamentari ha vinto e il centro-sinistra ha mantenuto la Toscana, innanzitutto, e la Puglia, regioni considerate alla viglia in bilico. Anche se sulla prima era soprattutto una fantasia della destra che già chiedeva al Presidente Mattarella di tenerne conto.
Questi i dati quasi definitivi mancando pochissime sessioni da scrutinare.
L’affluenza alle urne per il referendum è stata del 53.84%, un dato sopra le attese con il SI che ha vinto con il 69,64%. Un risultato che, pur non lasciando spazio a fraintendimenti su come e dove sta andando l’elettorato italiano, è indicativo del fatto che molti hanno disatteso le indicazioni di partito essendo una legge votata dalla quasi totalità dei parlamentari.
La sinistra deve ancora riflettere sul perché nelle periferie delle grandi città e nel Sud la vittoria del SI è stata ancor più eclatante, una divaricazione segno di come il ragionar di pancia venga favorito e soprattutto di quanto poco si siano affrontati e risolti i problemi di una parte marginalizzata della popolazione
Regione Toscana
Eugenio Giani per il Centro-sinistra vince con il 48,62% e dove il Partito democratico ottiene quasi il 35%, secondo partito a distanza siderale Italia Viva + Europa con circa il 4,5%.
La sfidante del Centro-destra Susanna Ceccardi si è fermata al 40,5% con la Lega Salvini Premier a circa il 22%, Fratelli d’Italia al 12,5% e Forza Italia – UDC al 4,3%.
Irene Galletti del Movimento 5 Stelle a meno del 6,5%.
Tommaso Fattori di Toscana a Sinistra si è fermato al 2,3%. Altri due candidati di sinistra hanno raccolto in totale un altro 1,9% circa.
Regione Liguria
Riconfermato il Presidente uscente Giovanni Toti con il 56,13%, con la sua lista Cambiamo con Toti Presidente al 22,6%, la Lega Salvini Liguria al 17,14% e la lista Giorgia Meloni per Toti Fratelli d’Italia al 10,87% e Forza Italia Berlusconi – Liguria Popolare con il 5,27%.
A Ferruccio Sansa non è bastato l’accordo tra Pd e 5Stelle perché si è fermato al 38,90% con Sansa Presidente – Partito democratico al 20% circa, il Movimento 5 Stelle al 7,78%, Lista Ferruccio Sansa Presidente a poco più del 7% e la Linea Condivisa – Sinistra per Sansa a circa il 2,5%.
Regione Veneto
Qui non si è mai visto nulla di simile con Luca Zaia che chiude con quasi il 77% dei voti e la sua lista Zaia Presidente al 44,5% circa quasi triplicando i voti della Lega ferma a circa il 17% e Fratelli d’Italia al 9.5% e Forza Italia – Autonomia per il Veneto a poco più che il 3,5%.
Arturo Lorenzoni non aveva chance e quel 16% circa è dimostrazione delle distanze che ci sono in Veneto dove il Pd si ferma a circa il 12% .
Enrico Cappelletti del M5S è quasi non pervenuto con poco più del 3%.
Regione Campania
Anche qui siamo in una situazione simile a quella del Veneto, sia pur a parti invertite. E come in un po’ tutti i casi la gestione dell’emergenza da Covid-19 abbia incanalato i risultati.
Vincenzo De Luca sostenuto da 15 liste ha chiuso vincendo con oltre il 69% dei voti, con un Pd a circa il 17%, la lista personale De Luca Presidente ad oltre il 13% e Italia viva ad oltre il 7%.
Stefano Caldoro si è inchiodato ad un 18% con Fratelli d’Italia al 6% la Lega con qualche decimo di percentuale meno e Forza Italia a poco più che il 5%.
Valeria Ciarambino del M5S ha raccolto il 10% dei consensi e Giuliano Granato di Potere al Popolo ha chiuso a poco più dell’1%.
Regione Puglia
Michele Emiliano si riconferma presidente con quasi il 47% dei voti e con il Pd al 17% e poco più, la lista Con Emiliano al 6,6%, Popolari per Emiliano a circa il 6% seguono un’altra decina di liste alcune direttamente collegate a lui.
Raffaele Fitto si ferma a circa il 39% e con Fratelli d’Italia primo partito della coalizione a circa il 12,7% seguito dal 9,6% circa della Lega Salvini Puglia e Forza Italia Berlusconi per Fitto al 9% circa.
Antonella Laricchia si è fermata a poco più dell’11%.
Regione Marche
Qui dopo molti anni il centrosinistra perde la Regione, dove Francesco Acquaroli supera il 49% dei consensi con la Lega Salvini Marche al 22,4%, Giorgia Meloni per Acquaroli – Fratelli d’Italia al 18,7% e Forza Italia a circa il 6%.
Il suo concorrente Maurizio Mangialardi si ferma al 37,3% con il Pd al 25% e Italia Viva a poco più del 3%.
Gian Mario Mercorelli del M5S non arriva al 9%.
Regione Valle d’Aosta
Qui non c’è l’elezione diretta ma è il Consiglio ad eleggere il Presidente, la Lega si appresta a diventare il primo partito seguita dall’alleanza di centrosinistra Progetto Civico Progressista.
In sintesi direi che, salvo qualche moto di resistenza che si intravede nella percentuale dei NO al referendum e poco altro, la destra ha conquistato un’altra regione e ha consolidato il suo primato in Liguria (nonostante il supporto del M5S) e in Veneto. Regioni nelle quali sembra valere il discorso più moderato rispetto a quello di Salvini in particolare. Una destra che consolida il suo discorso politico anche per un referendum che è pienamente nel loro orizzonte.
Al Sud la destra non sfonda ma forse anche qui sono i valori espressi dalla Lega (vale ancora un progetto nazionale di un partito delle ragioni e degli interessi del Nord?) e una gestione ben giudicata della pandemia.
Il Movimento 5 Stelle sul terreno della rappresentanza territoriale arretra pesantemente. Certo si aggrappa alla vittoria del referendum voluto da loro ma se non vogliono scomparire dovranno pensare ad una legge elettorale proporzionale vera e senza una soglia di sbarramento troppo elevata. Inoltre se all’esterno possono deviare il discorso sul referendum, all’interno la questione della leadership e di una linea politica condivisa è oramai ineludibile e sarà scontro aperto con possibili altre fughe e ripensamenti.
Nel governo giallo-rosso si rafforza il Pd che non arretra se si esclude la sconfitta nelle Marche e nel Pd si rafforza Nicola Zingaretti. Non più di tanto però perché non può fare squadra sul territorio dove i governatori vanno spesso per la loro strada.
Pasquale Esposito
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