Anti-antifascismo e democrazia: una convivenza impossibile

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Emilio Lussu, scomparso il 5 marzo 1975, il 2 ottobre 1947 dai banchi della Costituente affermava: «la riconciliazione esige innanzitutto, da parte di quelli che la invocano, una coscienza profondamente modificata; senza di che la riconciliazione sarebbe un turpe mercato nero, morale e politico […]. Non ci si riconcilia con chi trae vanto dall'essere stato fascista militante e repubblichino professionista […]. Con costoro nessuna riconciliazione, né morale né politica, è possibile. Per costoro non ci sono due vie o tre vie: c'è una via sola. In tempi di legalità democratica, come la nostra, la legge penale e civile». I tempi di Lussu, per fortuna, sono molto lontani, ma le radici storiche dell'estrema destra italiana non vanno dimenticate. I governi giurano sulla Costituzione nata dall'antifascismo, che gli eredi della Repubblica Sociale mai hanno accettato fino in fondo. Per essere credibili basterebbe che si dichiarassero antifascisti, ma il richiamo ancestrale all'anti-antifascismo è prevalente, è una sorta di irrefrenabile riflesso pavloviano.

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