
Le ultime pubblicazioni del SIL, Società Italiana delle Letterate, hanno messo in luce, dopo quarant’anni dalle lotte femministe, che ancora oggi vi è una discriminazione di genere in ambito letterario. Nessuno sa dove sia finita la letteratura italiana di donne in questi mille anni di cultura. Tracce ne ritroviamo nel Cinquecento, Gaspara Stampa, Vittoria Colonna, Laura Terracina, poi un vuoto, un pesante silenzio fino al XX secolo, gli anni della riscoperta. Gli scritti femminili sono stati per secoli considerati “letture per signorine” e forse ancora oggi, entrando in una libreria ben fornita, storciamo di fronte ad un libro scritto da una donna, pensando che sicuramente sarà un racconto smielato o una storia d’amore.
Nei testi didattici, a parte le rare apparizioni di Grazia Deledda, Sibilla Aleramo e Elsa Morante (alle quali, comunque, non viene dedicata più di mezza pagina), sono totalmente assenti altri grandi nomi di cui si ignora l’esistenza. Mi viene in mente la poetessa Caterina Franceschi Ferrucci, ammirata da Leopardi, con il quale, tra l’altro, intraprese una fitta corrispondenza; eppure, nel lungo silenzio femminile dell’Ottocento letterario italiano, lei c’era e nessuno lo sa.
Bisognerebbe quindi ripartire dalla didattica e formare dei buoni e delle “buone lettrici” che siano in grado di scegliere una lettura esulando dal Canone? Nell’interessante volume dal titolo evocativo, “Oltrecanone”, edito da Iacobelli, scritto e curato solamente da donne, si pongono le basi per una riflessione ancora più ampia. Andando oltre il carattere prettamente letterario, allargando i confini del discorso, si giunge ad una meditazione che ingloba una discriminazione di genere che oltrepassa ciò che è stato detto fino ad ora. Si parla appunto di discriminazione, e non può essere usata parola diversa. In una società occidentale che prevede, comunque, una cultura di pensiero prevalentemente maschile, eterosessuale ed eterosessista, possibilmente bianca e razzista, tutto ciò che non è “canone”, ciò che non rientra nei criteri appena elencati, finisce con il non conformarsi ad un programma di omogeneizzazione che, utopisticamente, si vuole mettere in atto, la creazone di un soggetto universale.
Tornando a monte, quante autrici e artiste possiamo dire di conoscere davvero? In ambito universitario forse stiamo assistendo ad un cambiamento nei programmi dei corsi con un inserimento di opere femminili anche laddove sembrerebbe non esserci spazio per loro. Potremmo dire che, quindi, l’obiettivo degli Women’s Studies è stato raggiunto? Sta succedendo forse qualcosa anche al Premio Strega di quest’anno con le molte candidature femminili?
Eppure un passo manca ancora, la scuola non sembra essere pronta a recepire questa nuova esigenza di poter fare l’esperienza di due diversi tipi di letteratura, quella maschile e quella femminile. Perché è innegabile che una differenza ci sia. Una donna che abbia vissuto l’esperienza dell’emarginazione sociale, deve averla trasmessa nei suoi scritti, traducendola in una sensibilità particolare e tutta unica. Abbiamo la fortuna di non poterci più stupire di fronte ad uno scaffale di una biblioteca o di una libreria. Siamo abituati a leggere nella stessa sezione, magari quella poetica, sullo stesso ripiano, Lo Stormo Bianco di Anna Achmatova proprio accanto alle Rime di Bembo, che oggi magari inorridirebbe alla lettura di un componimento della poetessa russa. Pensiamo invece a chi cento, duecento anni fa, cambiando i nomi ma non le identità di genere, si trovasse di fronte l’immagine di due libri, di una donna e di un uomo, vicini.
Oggi questa rivendicazione, il riconoscimento di aver avuto una voce in capitolo, denunciata dalla SIL, può anche non essere recepita come lecita, pensando che sia anacronistica. Eppure non ci accorgiamo che esiste ancora una realtà che filtra, che screma il giusto da ciò che non lo è, giudicando a seconda di una presunta norma.
Che fare, quindi? Ragionare oltre o contro il Canone?
Michela Bonamici
[1] A. CHEMELLO, Quale canone per quale storia letteraria, in “Oltrecanone”, a c. di ANNA MARIA CRISPINO, Roma, Iacobelli Editore, [2015]
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