
Ferrovie del Messico, di Gian Marco Griffi, si staglia come un fiore rigoglioso e voluttuoso nel piatto e arido panorama della letteratura italiana contemporanea.
Griffi, nato ad Alessandria nel 1976, cresciuto a Montemagno, nel Monferrato, ha frequentato la facoltà di filosofia a Torino e oggi vive ad Asti dove lavora presso un Golf Club. Ha pubblicato il suo primo libro, Più segreti degli angeli sono i suicidi, oggi purtroppo introvabile, nel 2017 e quindi, nel 2019, una raccolta di racconti, dal titolo Inciampi, che già mostrava appieno le sue superbe doti di narratore fantasioso e bizzarro, estremamente originale, capace di mescolare con sapienza scrittura colta e popolare, situazioni reali e surreali, ironia, divertimento e poesia.
In Ferrovie del Messico troviamo tutto ciò elevato all'ennesima potenza. E molto altro e molto di più!
Le oltre 800 pagine del libro, pubblicato in una veste elegante e raffinata dalla casa editrice Laurana di Milano e giustamente sottotitolato Un romanzo d'avventura, ci raccontano, in estrema sintesi, le peripezie di Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria, il quale, di stanza ad Asti nel 1944, in piena Repubblica Sociale Italiana, viene incaricato di compilare una mappa dettagliata delle ferrovie del Messico.
Cesco, tormentato da un tremendo mal di denti che cerca di lenire inutilmente con vino e idrolitina, si mette alla ricerca di informazioni sul tema a lui del tutto sconosciuto e viene a imbattersi in una serie infinita di personaggi fantasiosi e improbabili che, ciascuno con le sue storie, finiscono con costituire e costruire innumerevoli trame parallele che diventeranno il reale contenuto del romanzo. Ecco quindi, tanto per citare alcuni dei protagonisti del libro, che facciamo la conoscenza di Tilde, la bellissima e colta bibliotecaria della quale Cesco si innamora a prima vista; di Ennio e Pietro, due partigiani in sfortunata fuga verso la Svizzera; di una misteriosa coppia di becchini un tempo costruttori di ferrovie in tutto il Sudamerica e oggi addetti all'eliminazione dei cadaveri; di due frequentatori dell'Aquila agonizzante, segreto luogo di ritrovo di oppositori al regime; di Edmondo Bo, alcolista, poeta ed ex frenatore, profondo conoscitore di poeti suicidi; di Epa, esperto cartografo originario delle isole Samoa; di don Tiberio, un parroco in lite con Dio che si rifiuta di celebrare messa; dello spietato SS Hugo Kraas, amante del golf e dell'arte italiana; dell'imperturbabile Bardolf Graf, impiegato amministrativo appassionato di ferrovie e involontario responsabile dell'incarico affidato a Cesco; e perfino di Adolf Hitler e della compagna Eva, ospiti illustri del Festival wagneriano di Bayreuth.
Se gli intrecci, le divagazioni e le digressioni della trama, con le sue storie che si incastrano e si dipanano una nell'altra, ci sorprendono e ci affascinano, ancor più sorprendente e affascinante appare il linguaggio utilizzato da Griffi. Un linguaggio al contempo sofisticato e popolare, con repentini cambi di registro, oscillante tra il comico, il grottesco, il realistico, ricco di termini scientifici sui più vari e strambi argomenti così come di termini dialettali e di neologismi.
Spero che la citazione di qualche brano del libro possa aiutare a comprenderne la grandezza.
«Tilde aprì uno dei libri che stava ordinando. Recitò una poesia di Orozco. Non la capii. Mi domandò se mi era piaciuta. Dissi che mi era piaciuta moltissimo. Invece avrei voluto dirle che i suoi occhi mi ricordavano certi boschi della Turingia, che io non avevo mai visto ma in quel momento li immaginavo precisamente come i suoi occhi, con la luce del sole che cade obliqua in un pomeriggio inoltrato di giugno e mostra il pulviscolo generato dalla natura, i minuscoli semi dei fiori, la penombra. Mi stupii di quei pensieri. Non sapevo come mi fosse venuta in mente la Turingia. Non sapevo neppure dove fosse, la Turingia, e se ci fossero boschi».
«La seconda notte tornammo a seppellire i fucili. Era una notte alpina scura d'ombre giganti e luminosa di Via Lattea. Avevo i muscoli indolenziti e mi stavano uscendo i calli sulle mani. Ennio mi guardò scavare una fossa sempre più profonda. Disse di smettere, che la buca era sufficiente. Dissi no. Dissi che avrei scavato una fossa grande come tutta la catena alpina e profonda come l'inferno, pur di seppellire tutti i fucili del mondo. E le pistole? Domandò. Anche le pistole, dissi. E i carrarmati, i cannoni, i pugnali, le baionette e le bombe a mano? Anche, dissi. Disse che se anche avessimo scavato una fossa tanto grande da poterci seppellire tutte le armi conosciute, dalle clave ai bombardieri americani, gli uomini avrebbero fatto la guerra lo stesso. Disse che per ammazzarsi avrebbero usato le forchette e le zappe, i forconi per il fieno e gli uncinetti delle donne, le canne delle biciclette e i turiboli dei preti. Aveva ragione».
«In fondo la vita è un bruciare di domande. Crepitano come ceppi di legno, si sciolgono come candele, esplodono come petardi, ardono come carbone, anneriscono come la carta dei libri. Talvolta dalle montagne si avvicina un temporale, le nubi gonfie lasciano cadere al suolo una risposta qua e là, una domanda si smorza. Ma non appena questa si smorza, dai cespugli al di là del bosco, nella radura, spunta un nuovo focolaio, una nuova domanda avvampa. Siamo pompieri, soldatino, impugniamo una manichetta antincendio dal primo momento in cui l'autocoscienza germoglia in noi, e non la molliamo più.”
«È bellissimo, disse, io mi sporsi finché potevo per guardare dalla finestra ma non vidi altro che il buio invernale e il deserto, le chiesi che cosa dovessi guardare, lei mi disse che dovevo guardare le persone che bruciavano, che era bellissimo vedere tutti bruciare, che sembravano lucciole o stelle, ma stelle a ben pensarci no, perché le stelle rimandano una luce proveniente dal passato mentre la luce che stava vedendo dalla finestra di casa sua era la luce del presente, la luce del futuro, la luce di milioni di persone che bruciavano, bruciavano, bruciavano, e il fuoco che le incendiava era tutto l'amore e tutta la rabbia e tutta la gelosia e tutta la vendetta e tutte le canzoni di guerra e tutte le poesie di pace e tutte le premure e tutte le risolutezze di tutti i soldati e di tutte le infermiere e di tutti gli innamorati e di tutti gli sconfitti e di tutti gli infelici e di tutti i partigiani e di tutti i fascisti e di tutte le anime del mondo che sconfiggevano l'indifferenza, l'insensibilità, il distacco, la noncuranza».
Ogni lettore, in base alle proprie specifiche conoscenze e letture, saprà trovare i propri personali rimandi alle opere e agli autori che Griffi, più o meno consapevolmente ed esplicitamente, richiama in un gioco letterario raffinato e sofisticato.
È quasi d'obbligo ritrovare in Ferrovie del Messico Jorge Luis Borges, Roberto Bolaño, Carlo Emilio Gadda. Ma io ci ho trovato echi, quanto meno stilistici, di Aldo Busi e di Beppe Fenoglio, perfino della metasemantica di Fosco Maraini, oltre a risonanze del realismo magico di Gabriel García Márquez e di Manuel Scorza e a rimandi ad alcuni picareschi personaggi di Osvaldo Soriano. E, tanto per restare in Sudamerica, potremmo citare, per il gusto dell'affabulazione surreale e paradossale, almeno Augusto Monterroso e Juan Rodolfo Wilcock.
Individuare i rimandi, i richiami, le possibili fonti di ispirazione è un gioco letterario con il quale ogni lettore avrà il piacere di cimentarsi: divertente, stimolante, ma per nulla necessario. Per godere appieno della lettura di Ferrovie del Messico basterà farsi catturare e cullare dal ritmo della narrazione che Griffi riesce a padroneggiare con ammirevole maestria e lasciarsi sommergere dalle infinite invenzioni che, quasi al volgere di ogni pagina, ci trasportano in un mondo nel quale realtà e fantasia si amalgamano e ci confondono.
In conclusione, Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi è una lettura imprescindibile, un libro davvero straordinario che vi resterà nel cuore e nella mente a lungo.
GianLuigi Bozzi
Gian Marco Griffi
Ferrovie del Messico
Un romanzo d'avventura
Con una postfazione di Marco Drago
Laurana Editore, Milano 2022
pagine 816
Euro 22,00
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