
«Esiste qualcosa che dovrebbe interessare tutti?Esiste qualcosa che riguarda tutti gli esseri umani, indipendentemente da chi siano o in quale parte del mondo vivano? […] Tutti noi abbiamo la necessità di trovare una risposta a due domande: «Chi siamo?» e «Perché viviamo?». […] Da sempre gli uomini s'interrogano su questi argomenti, […] e la storia offre molte risposte differenti ad ognuna di queste domande filosofiche.»[1].
All'interno di tutta la tradizione filosofica ad oggi pervenuta, diversi sono stati i pensatori che hanno cercato di dare una definizione univoca del concetto di filosofia: Aristotele [2], ad esempio, ci ricorda che la filosofia (intesa come phileîn sophía = amore per la sapienza) è propria di ogni uomo in quanto tale, che quotidianamente si trova di fronte alle cose del mondo e ha desiderio di conoscerle.
Ma da dove nasce questo bisogno di conoscenza insito nell'umanità?
«Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito […] giunsero a porsi problemi sempre maggiori […].
Ora, chi prova un senso di dubbio e meraviglia riconosce di non sapere […] cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dell'ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere, e non per conseguire qualche utilità pratica.»[3].
La meraviglia di cui parla Aristotele consiste quindi in quel senso di stupore misto ad inquietudine che l'uomo sperimenta ogni volta che si trova ad interrogarsi sulla sua esistenza e sulle cose del mondo: Chi sono io? Qual è il mio destino? È giusto il mio comportamento? Che cos'è la felicità? Tutti dubbi e domande che ognuno di noi si è posto e continua a porsi continuamente nel proprio quotidiano vissuto.
Partendo così dal presupposto aristotelico che tutti possono filosofare, la filosofia si è sempre presentata come strumento ideale per lo sviluppo e il potenziamento della razionalità critica, dell'apertura mentale, della capacità di giudizio, dell'immaginazione, per la cura di sé e degli altri.
Ma è ancora così? La filosofia oggi viene rispettata nella sua “vocazione di disciplina tendente appunto fin dalle origini alla conoscenza e alla comprensione dell'esistente?” [4].
Per molto tempo la filosofia è stata considerata una disciplina d'élite, riservata a quei pochi individui in grado di accedere ai gradi più elevati dell'istruzione, e che quindi si arrogavano il privilegio di essere eletti conoscitori e fruitori della disciplina.
Oggi per fortuna nel contesto sociale e scolastico si assiste alla nascita e alla diffusione di differenti approcci ed innovazioni didattiche che fanno della filosofia la base epistemologica, ovvero le cosiddette “pratiche filosofiche”.
È chiaro a questo punto come all'interno dei suoi confini semantici, alla filosofia come disciplina (inerente alla trasmissione/divulgazione del corpus filosofico della tradizione) si affianchi una filosofia come pratica [5], espressione che racchiude al suo interno una pluralità differente di attività, che si fondano sul dialogo, sul discorso, sulla conoscenza di sé e degli altri, e che vengono condotte con l'aiuto di un filosofo, che si pone quindi come mediatore tra la teoria filosofica e la prassi [6], e si fa carico dell'importante missione di accompagnare i soggetti coinvolti nella creazione di quel legame di philia col sapere (non solo teorico) che la disciplina ha da offrire, e lo fa attraverso l'esperienza diretta, attraverso attività organizzate in modo specifico a seconda delle pratiche, dei contesti, e delle età dei soggetti: dialogo socratico, comunità di ricerca, filosofia con i bambini, consulenza filosofica, sono solo alcune delle realtà pratiche esistenti all'interno del panorama filosofico europeo ed extraeuropeo.
L'idea di fondo di tutte queste attività filosoficamente orientate è che in qualsiasi epoca storica ci si trovi, e soprattutto a qualsiasi età, è fondamentale imparare (e allenarsi costantemente) ad affrontare in maniera critica ciò che ci circonda e ci accade, in modo da essere preparati a fronteggiare una varietà sempre più complessa di situazioni e problemi.
Tutto ciò si traduce in un percorso formativo di acquisizione d'importanti abilità dal punto di vista personale (acquisire consapevolezza di sé, delle proprie possibilità, dei propri limiti), cognitivo (elaborare un pensiero personale), comunicativo (argomentare la propria opinione all'interno di una discussione), relazionale (rispettare l'altro, la sua opinione, il suo punto di vista, senza pregiudizi), sociale (rapportarsi in modo efficace e autentico con le persone del proprio contesto).
È evidente come, parlando di pratiche didattiche e sociali filosoficamente orientate, sia riduttivo se non impossibile ritenere una trattazione effettivamente conclusa ed esauriente, e questo perché si tratta di pratiche strettamente connesse agli individui e ai contesti, entrambi sottoposti ad un costante e continuo cambiamento secondo differenti punti di vista.
Posto questo presupposto, è chiaro come in questa sede l'argomento sia stato solo accennato, con la consapevolezza che ci saranno svariate occasioni, per chi vorrà, per approfondire anche singolarmente, ognuna di queste pratiche.
Lucrezia Silvaggi
[1] Cfr. J.Gaarder, Il mondo di Sofia. Romanzo sulla storia della filosofia, Longanesi, Milano 2013, p. 18-19
[2] Cfr. Aristotele, Metafisica, I, 2 982; trad. it. G.Reale, Metafisica, Bompiani 2000, “Tutti gli uomini, per natura, tendono al sapere”.
[3] Ibid.
[4] Cfr. V.Buccini, C.Crivellari, Filosofia e formazione degli insegnanti, Pensa Multimedia, Lecce 2012 p. 35
[5] Cfr . A.Cosentino, Filosofia come pratica sociale. Comunità di ricerca, formazione e cura di sé, Apogeo, Milano 2008, p.8.
[6] Ivi, p. XV: «é necessario pensare la pratica filosofica con uno sguardo capace di tenere insieme la condizione del non-filosofo e quella del filosofo; di chi si apre all'esperienza del filosofare senza dover conoscere, per questo, la storia della filosofia, e di chi sa utilizzare la conoscenza della disciplina per facilitare ed assistere efficacemente lo sviluppo in senso filosofico dell'attività […] di non-filosofi.»
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