Finestre: guardare dentro e fuori nello sguardo di Asia Caproni

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Le fotografie che potete vedere in questo spazio sono l’elemento più importante. Le parole che le accompagnano non servono ad altro che a inquadrare il cammino. Il compito di un piccolo testo è fare la spola fra l’interno e l’esterno, attraverso il passaggio di una finestra appunto. Le parole sono finestre che si aprono, o finestre che si chiudono.

Guadare dentro o guardare fuori; creare mondi e sogni possibili.

Partiamo dal chiuso di una casa – che si avvicina al mondo con tutta la sua parzialità -, come sa appunto fare un’inquadratura fotografica che si definisce, fin dalla sua stessa possibilità, come la parte di un tutto, un elemento fra tanti, uno spazio nello spazio che, nel suo definire, crea luoghi e, quindi, possibili connessioni.
La dialettica, fra quello che si vede e quello che necessariamente non si vede, parla della perplessità di uno sguardo che, mentre vorrebbe indagare il mondo, dichiara la propria impossibilità a reggerlo nella sua interezza.

 

Partiamo dall’esterno di una casa – che si chiude allo sguardo serbando una storia e una vita – e ci interroghiamo per quella fugace apparizione che ci dice di una bellezza che fugge via o di un possibile mistero che non potremo appurare.

In questa parzialità si determina l’unico modo d’essere di ogni umana prospettiva: il chiuso e l’aperto si corteggiano, sapendosi come connessi l’uno all’altro.

Ho intravisto mondi possibili nella mia mania di spiare le luci delle case che si succedono in un viaggio in treno o in auto.

Tante vite si possono supporre e quasi vedere nel fugace apparire di una luce breve che parla di una ragazza alle prese con i suoi libri e i suoi sogni; di una donna e di una casa che aspettano l’ora della cena; di un filo di fumo che sale nel silenzio, dove un uomo si propone come protagonista assoluto della scena; di un fruscio di tende che chiudono la vista mentre il vento porta dentro gli odori del mondo.
La lista sarebbe immensa in questo incedere nel buio che vive di quelle piccole luci.

Nello smarrirsi di un’intensa luce solare, ho incontrato finestre che sigillano la quiete e donano la parvenza di un luogo fresco ed esclusivo. Questa esperienza è accaduta altrove, in un lungo pomeriggio estivo che sembra un corridoio verso la sera.

L’intensità di una parola è grande ed è promessa d’immensità: finestra, window, apertura, squarcio, deposizione, contrasto, apparenza, realtà, inquadratura, simulacro, attesa, esclusione, dentro, fuori, intorno, contorno, ritorno, oppressione, distacco.
Se il gioco attira la vostra attenzione, immaginate di poter costruire le frasi che spontanee corrono alla mente servendovi di questo elenco.
Ho visto la luce accendere di attesa i rosoni delle cattedrali e ispirare l’ardore dei credenti, degli amanti del bello e del silenzio: vetrate e finestroni che corrono verso l’estremo dei limiti umani a insidiare l’ineffabile. Anche lì, in un bagliore serale o mattutino l’immenso e il finito, il piccolo e il grande si danno la mano sul limite di una finestra. Non potevamo darci fortuna migliore nei cuori.

Ho visto un film “Anni ruggenti” con Nino Manfredi, che interpreta un assicuratore che è scambiato per un gerarca fascista in un paese del sud (Matera). A lui è affidata la lettera di un contadino che chiede al regime di avere, prima di morire, una casa. Il contadino chiede di possedere una casa per poter finalmente avere una finestra da cui guardare il mondo: la sua grotta non ha finestre e non avere finestre è come non poter guardare fuori.
Questa è la migliore dimostrazione che guardare da dentro non è la stessa cosa che guadare da fuori.
E non pensate che una finestra sul cortile può essere l’inizio di ogni possibile storia?

Seguono mille parole in attesa che il mondo si apra e si renda disponibile; in attesa che il mondo si chiuda serbando con sé un segreto, un mistero, un suono, un odore, un sapore, una frase, un fruscio.

Anche questo testo che sto scrivendo per voi nel mio computer ha a che fare con finestre e questa macchina si serve di esse. L’illusione è che si apra per noi una conoscenza del mondo e una presenza anche dove non siamo.
Sorgono liquide le domande: siamo liberi nell’osservare o siamo osservatori osservati in questo gioco di connessioni e rimandi a chissà quali poteri lontani?

. Un gioco continuo che parla della vita come di un’allusione, di un passaggio appena in un’eternità supposta.

Antonio Fresa

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