Fogacci intervista Stein. La vita e il teatro di un maestro

Peter Stein

history 9 minuti di lettura

Un'altra prospettiva è uno strumento che mi è caro per andare al di là di una lettura esclusivamente emozionale di quello che si vede in scena, a teatro, per andare al di là e capire.
Quasi due anni fa intervistai Peter Stein grazie all'interessamento di sua moglie, l'attrice . La figura del maestro mi colpì immediatamente per il suo parlare diretto, senza abbellimenti, caratterizzato da una sincerità “feroce”.
Quando ho saputo che era uscito un libro su di lui ho cercato immediatamente di recuperare il volume, per approfondire la conoscenza di quello che è uno dei maestri del teatro. Ho scoperto in seguito che il libro di cui andavo alla ricerca era una lunga intervista ad opera dell'attore Gianluigi Fogacci. L'ho letto tutto d'un fiato, sottolineandolo, prendendo appunti. Perché non si tratta semplicemente di un libro che in ordine cronologico ricostruisce la vita di un uomo. Il libro Un'altra prospettiva. La vita e il teatro di un maestro, edito da Manni è una piccola bibbia da leggere e rileggere. È uno strumento per capire che cosa era e che cos'è il teatro oggi.

Ho apprezzato particolarmente la capacità di Fogacci di orientare il discorso con domande semplici e accurate, senza coprire con la propria voce, e questo sarebbe veramente difficile con una persona come Peter Stein, senza coprire con la propria voce l'interlocutore. Sono sempre convinto che la qualità di un'intervista, e nel libro lo si riscontra, stia nella qualità delle domande oltre che nella qualità dell'interlocutore.
Peter Stein racconta senza riserve la propria vita, i pellegrinaggi nella Germania distrutta dalla Seconda Guerra Mondiale, del rapporto con il padre a cui non perdona la partecipazione al nazismo. Durante la guerra e poi ancora dopo sperimenta la fame assoluta. Tant'è che a undici anni sarà ricoverato in un sanatorio per i danni riportati a causa della malnutrizione. A trenta anni subirà un nuovo ricovero proprio per gli stenti patiti durante la guerra.
Stein Fogacci Un'altra prospettivaNon starò a ripercorrere puntualmente date, fatti, circostanze. A questo ha pensato egregiamente l'autore. Proverò a descrivere il personaggio che emerge dal libro.
Rilevo con grande simpatia che il percorso artistico e umano di Peter Stein è stato contrassegnato da grandi successi, qualche insuccesso, ma soprattutto grandi polemiche e ancora più grandi licenziamenti. Sembra proprio che Peter Stein sia stato cercato dei maggiori teatri, dai maggiori festival europei, per poi essere rinnegato allorquando la sua personalità e il suo lavoro di ricerca entravano in conflitto con vecchi modi di fare teatro, e con etichette di corte che il grande regista non abbracciava.
È licenziato dal Kammerspiele di Monaco, è licenziato dal teatro Schaubühne di Berlino Ovest, è licenziato a Zurigo, solo per citare alcuni dei teatri che gli chiusero le porte, salvo poi riaprigliele travolti dal successo di questo regista dalle sette vite come i gatti, di un regista che non ha mai smesso di confrontarsi con i grandi del teatro, i tragici greci, Shakespeare, Cechov.
Stein è un uomo che ama la contraddizione e il contraddittorio, tanto che di se stesso durante l'intervista racconta che:

Sono cresciuto non senza un padre, ma in continuo e pieno conflitto con lui. Forse la mia proverbiale aggressività e litigiosità ha questa origine, questa giustificazione, credo sia alla base dei problemi relazionali che ho sempre avuto e continua ad avere. Ho sviluppato precocemente un carattere polemico che mi portava a contraddire sempre e non accettare mai quello che mi veniva imposto, o anche solo proposto. Pure adesso in un certo senso è così: anche se non ho un'opinione diversa contraddico lo stesso, perché secondo me non si può lasciare che le cose vengano a te senza reagire immediatamente e innescare un contrasto una dialettica. Questo aspetto del mio carattere è quello che probabilmente nel tempo mi ha guidato verso il teatro: un testo teatrale diventa interessante se c'è discussione, lotta, opposte visioni che si confrontano.

L'avventura umana di Peter Stein è affascinante, per alcuni versi rocambolesca e on the road, soprattutto negli anni giovanili. Quando con la sua vecchia macchina percorreva le strade europee per andare ad assistere a diversi spettacoli, arrivando fino a Milano al Piccolo.
Inizia come assistente non pagato per il teatro universitario di Monaco per poi arrivare a dirigere grandi produzioni. Amate, contestate, apprezzate, che suscitano gelosie, odi, grandi dibattiti.
Ma Peter Stein non è soltanto regista. Peter Stein è anche un raffinato traduttore. Lui che afferma che non ha intrapreso l'attività universitaria perché non sapeva studiare e faceva una grande fatica, traduce l'Orestea. Non è soddisfatto dalle versioni precedenti e fa della sua traduzione un classico, un punto di riferimento filologico non soltanto per il teatro.
Ma questi sono già gli anni del teatro Schaubühne di Berlino Ovest. Sono gli anni in cui Stein a Berlino Ovest inventa un nuovo modo di fare teatro. Il suo è un teatro in cui realizzare una enclave di democrazia. Ogni suo spettacolo diventa un viaggio all'esplorazione di ciò che i suoi amati autori intendevano dire con la loro opera.
Peter Stein non interpreta, effettua quasi un lavoro di archeologia, riportando alla luce ciò che gli autori del passato volevano con la loro arte, con il loro teatro. Per far questo intraprende ogni volta un viaggio nei luoghi, nella lingua, nei documenti, nelle atmosfere, perché il senso reale del testo venga riportato alla luce.
La sua non è soltanto un'estetica, ma è un'estetica che si riempie di senso.
Si rende presto conto che ogni testo teatrale necessita di spazi diversi per la rappresentazione si interroga su ciò che è il teatro greco, su come avvengano i cambi di scena.
È un uomo ruvido, forse un “grande orso,” così come l'ha definito un noto regista milanese, ma sicuramente un raffinato intellettuale, che non si riconosce nell'appellativo di uomo difficile che gli hanno dipinto addosso. Si autodefinisce come persona che difende la dignità del proprio lavoro. E il suo è un lavoro nuovo. Che ha il principale proposito di creare un ensemble con gli attori, per costruire insieme a loro, per mettere tutto in discussione collettivamente. Ma chi meglio di lui può dirci qual è il suo metodo?

Innanzitutto anche la scelta dell'opera passava per i voti. Ad esempio io facevano una proposta e chiedevo alla compagnia di leggere il testo e aggiornarsi di lì a una settimana per mettere ai voti. Purtroppo non tutti leggevano volentieri così che dopo vari tentativi abbiamo deciso di leggere insieme il testo proposto e di solito veniva approvato, anche perché lo leggevo tutto io cercando di suscitare un certo interesse. A quel punto dovevamo fare il cast; i componenti della compagnia avevano una settimana di tempo per fare un'ipotesi di distribuzione, poi si mettevano insieme e alla fine quasi sempre e quasi per tutti i ruoli le ipotesi coincidevano: lavorando sempre insieme gli attori avevano imparato a conoscersi e a essere consapevoli del valore dei propri colleghi.

Ma la Schaubühne non era solo quello. Insieme si decidevano gli stipendi, si decideva l'accesso alla mensa e il suo funzionamento, come usare l'aria condizionata. Ogni elemento veniva discusso, sviscerato, e ogni elemento richiedeva una risposta collettiva.
Per molti Stein fu soltanto una regista dello scandalo, una regista difficile, ma la sua testimonianza, la testimonianza raccolta da Gianluigi Fogacci è una testimonianza necessaria.
Peter Stein in questa lunga intervista prende posizione su molti aspetti del teatro. Si oppone alla ricerca esasperata del nuovo perché spesso questo diventa convenzione. Si oppone a un uso esasperato della tecnologia orientandosi verso la semplicità, muove le sue obiezioni.

Ora la tendenza è di creare degli eventi stupefacenti che poi possano avere un'eco mediatica, quindi. Il punto è pisciare su un altare o prendere un caffè tutti nudi.

Quello che si dipana nelle 174 pagine del libro è sicuramente il percorso di un uomo, di un artista, di un regista che ha fatto teatro, ha diretto opere, ha diretto teatri. Ma la cosa più preziosa che ci lasciano in eredità queste pagine è un'altra prospettiva sul teatro e sui nostri tempi.
Sì Peter Stein è stato ed è il teatro d'Europa. È stato ed è un uomo e un artista che si è sempre messo in gioco. Ammirevole il modo in cui è riuscito a produrre il suo Faust, che insieme all'Orestea ha avuto uno straordinario successo internazionale. Rappresentano due pietre miliari del teatro.
Per mettere in scena il Faust Peter Stein ha dovuto bussare a ogni porta per raccogliere i fondi necessari. Oggi si chiama fundraising. Ma quello che Stein ha fatto è stato bussare ai privati, coinvolgere il sindaco di Vienna, coinvolgere il Parlamento tedesco. Che in una seduta straordinaria deliberò la concessione dei fondi perché il Faust potesse andare in scena.
Quindi sì Peter Stein è stato ed è un grande regista, ma non è stato soltanto quello o un intellettuale che guarda il mondo dalla finestra. È un intellettuale che ha sempre cercato di trasformare le proprie idee in una prassi coerente e reale. In cui l'attore ha un posto privilegiato. Quello di Stein era un modo nuovo di stare con gli attori e di stare con il teatro.

Ogni volta che si affrontava un nuovo testo si partiva per un viaggio intellettuale, spirituale oserei dire, alla ricerca delle motivazioni profonde che stanno dietro un'opera d'arte, e per fare questo occorreva studio, tanto studio. Le opere d'arte aprono degli orizzonti, delle prospettive nuove, diverse, e questo porta anche alla maturazione della personalità di un attore, non solo della sua tecnica recitativa. Altrimenti che senso ha essere attori? Vorrebbe dire mettere in affitto la propria faccia e basta.

E se c'è proprio una cosa che Peter Stein non ha mai fatto è stata quella di mettere in affitto la propria faccia. Al contrario si è sempre messo in gioco.

Gianfranco Falcone

Gianluigi Fogacci, Peter Stein
Un'altra prospettiva. La vita e il teatro di un maestro
Manni, 2021
pagg. 208
€ 16,00

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