Francia: la riforma delle pensioni contro i più deboli

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Il responsabile del Lavoro, Olivier Dussopt ha chiarito, al termine della riunione dei Consiglio dei ministri francese del 23 gennaio scorso, che non ci saranno concessioni sull’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. La riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron è stata adottata dal Consiglio dei ministri nonostante le forti opposizioni, inclusi gli scioperi e le manifestazioni che hanno portato a scendere in piazza, il 19 gennaio, oltre un milione di persone in tutta la Francia. Intanto I sindacati hanno già proclamato un nuovo sciopero generale per il 31 gennaio prossimo; sono disponibili alla trattativa ma non vogliono un innalzamento obbligatorio dell’età pensionabile che è al momento tra le più basse in Europa.

La riforma delle pensioni oltre a prevedere un innalzamento dell’età pensionabile ha al suo interno un’accelerazione dei tempi di contribuzioni previsti dalla legge Touraine del 2014. come spiega Romain Geoffrey, che già aveva esteso il periodo di contribuzione a quarantatré anni.
Un altro degli aspetti più contestati è quello relativo ai lavori usuranti e alla possibilità di andare prima in pensione. La legge del 2014 consentiva «ai dipendenti esposti a condizioni di lavoro difficili di accumulare punti per finanziare la formazione, il part-time senza calo di stipendio o il pensionamento fino a due anni prima». Nel 2017 con l’arrivo alla presidenza di Macron le cose sono cambiate e il sistema è stato annacquato eliminando «quattro fattori di rischio: trasportare carichi pesanti, posture dolorose, vibrazioni meccaniche e rischi chimici» [1], dando così seguito alle promesse fatte al mondo imprenditoriale durante la campagna elettorale della sua prima elezione. Il risultato è che, secondo la Caisse nationale de l’Assurance Maladie, il numero delle lavoratrici e dei lavoratori dichiarati esposti a rischi è sceso dagli oltre 906.000 del 2016 a poco più di 643.000 della fine del 2021 [2]. La proposta di riforma che andrà all’Assemblea nazionale il 6 febbraio non reintegra per esempio i quattro fattori di rischio ne considera tre e con impostazioni diverse.

Altra questione non di poco conto e che riguarda qualsiasi riforma delle pensioni nel mondo, è quella dell’età pensionabile unica. In un interessante articolo Khedidja Zerouali evidenzia come una serie di studi nel corso degli anni portano alla conclusione che i più deboli, i precari subiscono un’ingiustizia in quanto la loro aspettativa di vita è più bassa. E così «i lavoratori maschi hanno un’aspettativa di vita inferiore di 6,4 anni a quella dei dirigenti. Questi dati, da uno studio INSEE pubblicato nel 2016 , […] il 25% degli uomini e il 13% delle donne, il 5% più povero, muore prima dei 62 anni, secondo uno studio INSEE del 2018 . Pertanto, un’età pensionabile legale di 64 anni equivale a ridurre di due anni un periodo di pensionamento già molto breve, soprattutto per i lavoratori più precari. Inoltre, per molti di loro, gli ultimi anni sono stati segnati dal dolore e dalla malattia» [3].

A sinistra e trai i sindacati questo dell’impatto sui più deboli è una motivazione forte per opporsi alla riforma. Emmanuel Macron e un po’ tutto il governo insiste sull’equità tra le generazioni, sulla solidità del sistema e sul fatto che senza la riforma non si rispetterebbe il programma di stabilità inviato a Bruxelles. Ma da una parte i conti del sistema non sarebbero fuori controllo (a dirlo è Pierre-Louis Bras, Inspecteur Général des Affaires Sociales) e dall’altra per non far crescere la spesa basterebbe cominciare a tassare i super ricchi. Non solo ma andrebbe fatta luce sulle pensioni più ricche di cui si sa poco se non che la contribuzione durante il periodo lavorativo non ha una progressività significativa avvantaggiando i redditi più alti [4].

Insomma una riforma delle pensioni in linea con la politica di Macron, difensore dei ricchi, come dimostra, tra le altre, l’abolizione della tassa patrimoniale arrivata dopo la sua prima elezione. Del resto come spiega l’economista Thomas Piketty: «in Francia, le 500 maggiori fortune sono aumentate in dieci anni da 200 miliardi a 1.000 miliardi. Basterebbe tassare al 50% questo eccezionale arricchimento per incassare 400 miliardi» [5].

Il governo della premier Élisabeth Borne non avrà vita facile per far approvare la riforma non solo per l’opposizione nelle piazze e in Parlamento ma anche perché non sono pochi i distinguo e le possibili defezioni nella stessa maggioranza [5].

Pasquale Esposito

[1] Per una disamina più approfondita delle questioni inerenti al lavoro usurante e alle possibilità di andare prima in pensione si rimanda all’interessante articolo di Romain Geoffrey, Réforme des retraites : ce que cela va changer pour la pénibilité au travail, 25 gennaio 2023
[2] Romain Geoffrey, ibidem
[3] Khedidja Zerouali, Travailler, et mourir avant la retraite, 24 gennaio 2023
[4] Antoine Perraud, L’angle mort des retraites les plus élevées en France, 23 gennaio 2023
[5] Thomas Piketty, Thomas Piketty: «Avec sa réforme des retraites, Emmanuel Macron va-t-il de nouveau se tromper d’époque en s’illustrant comme président des riches ?», 7 gennaio 2023
[6] Solenne de Royer, Réforme des retraites: «Les réserves émises par une partie des élus de LR viennent percuter l’ADN du parti», 25 gennaio 2023

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