
Il film si apre con il primo piano di un imbonitore che, nella piazza di un paese nei dintorni di Roma, invita un pubblico scarso e perplesso ad assistere allo spettacolo del Circo Mezzapiotta promettendo numeri straordinari. Nella scena seguente ci troviamo sotto il tendone del piccolo circo insieme ai pochi spettatori. L'imbonitore si è trasformato nel musicista e rumorista che accompagna le esibizioni degli artisti e ne sottolinea la stupefacente esibizione.
Facciamo così la prima conoscenza con Cencio, un giovane e allampanato albino capace di ammaestrare e controllare insetti di ogni tipo, che ci sorprende con una poetica danza di lucciole. Ed ecco Mario, un clown nano vera e propria calamita umana, capace di attrarre su di sé qualunque oggetto metallico. Segue Matilde, una bella ragazza che produce elettricità al solo toccarla e che accende le lampadine tenendole in mano e in bocca. E infine Fulvio, una sorta di uomo lupo ricoperto di peli, che terrorizza i bambini con feroci latrati e piega i metalli con la forza bruta dei suoi muscoli.
Mentre i quattro fenomeni raccolgono gli applausi del pubblico, il circo, la piazza e l'intero paese vengono improvvisamente colpiti e devastati da un furioso bombardamento. Siamo infatti nel 1943, all'indomani del proclama di armistizio di Badoglio e dell'occupazione di Roma da parte dei nazisti. Questi primi venti minuti di film sono assolutamente folgoranti: un momento di cinema spettacolo che lascia a bocca aperta per la perfezione e l'originalità degli effetti speciali e per l'intensa e commovente poesia.
Il racconto prosegue poi a ritmo serrato. I quattro freaks, guidati da Israel, l'imbonitore musicista direttore del Mezzapiotta, raggiungono Roma. Israel convince i suoi protetti della necessità di imbarcarsi per l'America, si mette alla ricerca di documenti e biglietti ma viene fatto prigioniero dai nazisti durante il rastrellamento degli ebrei. Matilde riesce a fuggire, si salva da uno stupro e viene in contatto con un eterogeneo gruppo di partigiani. Gli altri tre finiscono al Zirkus Berlin, prigionieri del direttore Franz, un nazista esaltato e psicopatico dotato di dodici dita che fanno di lui un pianista ipervirtuoso e che, sotto gli effetti dell'etere, riesce a vedere il futuro. Fulvio, Mario e Cencio si ricongiungono con Matilde, finita a sua volta prigioniera di Franz, riescono a fuggire in modo rocambolesco, si gettano all'inseguimento del treno diretto ad Auschwitz e carico di ebrei fra i quali si trova Israel, riescono a fermarlo e partecipano a una sanguinosa battaglia tra nazisti e partigiani contribuendo, grazie ai loro superpoteri, alla vittoria finale.

La trama così raccontata non rende giustizia al film che è un susseguirsi inarrestabile di immagini pirotecniche che costituiscono una totale e assoluta gioia per gli occhi grazie all'attenzione maniacale con la quale sono curati fotografia, costumi, scenografie, musica ed effetti speciali davvero insoliti e inaspettati in una produzione italiana. L'impressionante resa formale ed estetica del film riesce a porre quasi in secondo piano le vicende narrate.
Tuttavia l'aspetto favolistico e avventuroso della pellicola non impedisce di farci riflettere su alcuni temi importanti quali il contrasto tra umanità e disumanità, tra diversità e (presunta) normalità, tra brama di potere e desiderio di pace, tra crudeltà e totalitarismo e compassione e solidarietà.
Freaks out è il secondo lungometraggio di Gabriele Mainetti. Nato a Roma nel 1976, laureato in Storia e Critica del Cinema presso l'Università degli Studi Roma 3, ha frequentato corsi di regia, fotografia, sceneggiatura e produzione presso la Tisch School of the Art dell'Università di New York. Dopo alcune prove d'attore per cinema e televisione e la direzione di alcuni cortometraggi, nel 2015 realizza Lo chiamavano Jeeg Robot con il quale riscuote un grandissimo successo di pubblico e di critica. Il film, costato 1 milione e 700 mila euro, incassa complessivamente oltre 5 milioni e ottiene numerosi e prestigiosi riconoscimenti, tra i quali 7 David di Donatello e 3 Nastri d'Argento.
Nell'aprile del 2018 Mainetti inizia a girare Freaks out con un budget di oltre 12 milioni di euro che costituisce un impegno produttivo unico per la cinematografia italiana. I lavori di post-produzione per la realizzazione degli strabilianti effetti speciali si prolungano per oltre un anno e la proiezione del film nelle sale, anche a causa della pandemia, slitta fino alla fine del mese di ottobre di quest'anno. Freaks out è stato presentato in concorso alla 78° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e ha vinto il Leoncino d'Oro con la seguente motivazione: “Un'imprevedibile atmosfera conquista lo spettatore proiettandolo in un mondo tanto spettacolare quanto catastrofico. Tra tendoni da circo e campi da guerra, quattro protagonisti, nella loro diversità, esprimono la necessità di essere umani. Un'opera innovativa e coraggiosa, che racchiude in una grande avventura fra sogno e realtà, tutto l'amore per il cinema.”
Mainetti oltre alla regia si è occupato della sceneggiatura insieme a Nicola Guaglianone (già sceneggiatore di Lo chiamavano Jeeg Robot), della produzione insieme ad Andrea Occhipinti (fondatore della casa di produzione e distribuzione cinematografica Lucky Red), e delle musiche insieme a Michele Braga. Il suo coinvolgimento nella realizzazione del film è quindi a tutto campo e i risultati si vedono.
Freaks out è sostanzialmente un film d'avventura, potremmo dire di intrattenimento, popolare nel senso più nobile del termine. Ma è anche un film d'autore, curato alla perfezione in ogni suo minimo aspetto, ricco di idee e di inventiva, di inquadrature e prospettive sempre ricercate, di soluzioni tecniche spesso sorprendenti, di scene e sequenze epiche, di momenti teneri e violenti, comici e drammatici, ironici e serissimi, tristi e divertenti, di caleidoscopici cambi di ritmo e atmosfere.
Il cast rappresenta un altro elemento di forza del film. Giorgio Tirabassi è un Israel tenero e generoso, capace di regalare un gesto di umana solidarietà anche nei momenti più drammatici e disperati; Claudio Santamaria, quasi irriconoscibile sotto la fitta peluria dell'uomo lupo Fulvio, nasconde, dietro le manifestazioni di forza bruta, una fraterna tenerezza e un animo sensibile; l'uomo calamita Mario è impersonato da Giancarlo Martini, estremamente credibile nel mettere in luce un carattere giocoso, ingenuo e infantile; l'addestratore di insetti Cencio è Pietro Castellitto, molto efficace nel costruire un personaggio strambo e frizzante, ironico e timidamente innamorato.
La vera rivelazione e in qualche modo protagonista del film è la sorprendente Aurora Giovinazzo nei panni della ragazza elettrica Matilde, una bambina impaurita e bisognosa d'affetto e protezione costretta, suo malgrado, a crescere e a fare i conti con crudeltà e violenza. E non sono da dimenticare Franz Rogowski, nei panni del folle e malvagio nazista pronto a compiere ogni atrocità per assecondare il suo delirio di onnipotenza, e Max Mazzotta, nei panni del partigiano guerrigliero sterminatore di nazisti.
In Freaks out Mainetti riesce a mischiare e amalgamare una straordinaria varietà di generi, più ancora di quanto già fatto con Lo chiamavano Jeeg Robot. Ci ritroviamo il western, il film d'azione e d'avventura, il bellico, la commedia, il neorealismo, la fantascienza e perfino il musical, in una commistione sempre affascinante e incredibilmente riuscita e funzionale. E davvero, come detto nella citata motivazione per l'assegnazione del Leoncino d'Oro, il film testimonia tutto l'amore per il cinema di Mainetti nonché la sua profonda conoscenza dei registi che ne hanno fatto la storia.
Freaks out è infatti zeppo di citazioni, più o meno evidenti ed esplicite, da George Méliès a Charlie Chaplin, da Federico Fellini a Sergio Leone, da Mario Monicelli a Tim Burton, da Steven Spielberg a Quentin Tarantino. A me il film ha richiamato alla mente, in particolare, i lavori di questi ultimi due registi. Ho ritrovato, a tratti, la poesia e la tenerezza di E.T. e le avventure rocambolesche di Indiana Jones, così come la violenza ironica e sopra le righe di Pulp Fiction e lo splatter fumettistico di Kill Bill.
In conclusione, Freaks out è un emozionante e coinvolgente kolossal, un nuovo, convincente e, a mio avviso, riuscito tentativo di rinnovare il cinema italiano senza tradirne la vocazione autoriale e artigianale. Mainetti ha realizzato, con determinazione, coraggio e un pizzico di sana follia, un film che coniuga sogno e fantasia con la cruda e violenta realtà di un passato che è spesso ancora presente e ci ha regalato 140 minuti di puro grande cinema.
GianLuigi Bozzi
genere fantastico, drammatico, storico, guerra, avventura
Freaks out
Italia, Belgio 2021
durata 141 minuti
Regia Gabriele Mainetti
Soggetto Nicola Guaglianone
Sceneggiatura Gabriele Mainetti, Nicola Guaglianone
Fotografia Michele D'Attanasio
Montaggio Francesco Di Stefano
Effetti speciali Maurizio Corridori, Stefano Leoni
Musiche Gabriele Mainetti, Michele Braga
Scenografia Massimiliano Sturiale
Costumi Mary Montalto
Trucco Federico Carretti, Davide De Luca, Emanuele De Luca, Marco Perna, Diego Prestopino, Barbara Tovazzi
Interpreti e personaggi
Claudio Santamaria: Fulvio
Aurora Giovinazzo: Matilde
Pietro Castellitto: Cencio
Giancarlo Martini: Mario
Giorgio Tirabassi: Israel
Franz Rogowski: Franz
Anna Tenta: Irina
Max Mazzotta: Il Gobbo
Sebastian Hülk: Amon
Eric Godon: Gus
Emilio De Marchi: Wolf
Olivier Bony: Guercio
Michelangelo Dalisi: Gambaletto
Francesca Anna Bellucci: Cesira
Astrid Meloni: donna scimmia
Produttore Andrea Occhipinti, Gabriele Mainetti
Produttore esecutivo Tommaso Arrighi, Jacopo Saraceni
Casa di produzione Goon Films, Lucky Red, Rai Cinema, GapBusters
Distribuzione in italiano 01 Distribution
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