
Prodotto dalla RIO Film, casa di produzione indipendente fondata nel 2008 da Roberto Gambacorta, e realizzato da Carlo Benso, regista teatrale allievo di Jerzy Sthur alla sua opera prima con la macchina da presa, Fuorigioco è un lungometraggio realizzato con passione (sociale, soprattutto: l’attualità dei suoi contenuti e la validità delle sue argomentazioni è fuori discussione) e forte spinta ideale (la troupe, peraltro, è quasi interamente formata da giovani diplomati nelle scuole di cinema), che convince in parte, ma che dimostra anche qualche limite di scrittura e messa in scena.
Il film, di prossima distribuzione, racconta la storia di un manager d’azienda sui cinquantacinque che viene improvvisamente licenziato, senza una ragione precisa se non un generico riferimento alle leggi di un fantomatico e pervasivo mercato che si insinua nelle vite di ognuno di noi svuotandole, rivoltandole come calzini e buttandole al macero quando non sono più utili alla causa dell’arricchimento sfrenato ed indiscriminato di impalpabili entità che muovono le fila del meccanismo spietato che conduce ad un annichilimento sistematico. Annichilimento di chi rimane coinvolto negli ingranaggi del meccanismo perché il manager in questione, Gregorio Samsa (riferimento evidente al protagonista de La metamorfosi di Kafka che, un mattino, senza alcuna ragione, si risveglia e si vede trasformato in un enorme e disgustoso insetto maleodorante), si trova improvvisamente a dover reinventare le proprie giornate e ritagliarsi un nuovo ruolo sociale, messo di fronte alla propria sconfitta ed al vuoto della propria condizione, abbrutendosi sistematicamente e sprofondando in una depressione paranoide che lo porta sull’orlo del baratro: un uomo di cinquantacinque anni che perde il lavoro, ci dice Carlo Benso, perde anche il proprio posto nella società (o almeno in una società come la nostra), diventa un peso inutile per gli altri, una nullità che non ha più ragion d’essere.
Questa la denuncia che si pone alla base del film.
E Gregorio, infatti, appare decisamente tagliato fuori, “fuorigioco” appunto, come se una sottile barriera lo separasse oramai sia dal mondo che lo circonda senza più riconoscerlo (così per la distanza che lo divide dalla giovane danzatrice, sua dirimpettaia, che Gregorio spia e brama come simbolo di una vita reale che non riesce più a stringere tra le mani) sia dal proprio mondo interiore, fatto di ricordi, di un passato distante che non sente più suo (lo svuotamento è totale): così nella scena in cui il protagonista della vicenda torna alla “villa”, la casa di famiglia che si trova nella campagna romana, e tocca le poltrone, i tavoli della propria adolescenza e giovinezza solo attraverso i teli di plastica che ricoprono i mobili.
“Oggi le industrie non fanno più competizione sulla qualità, lo facevano vent’anni fa. Oggi la competizione è solamente sul costo: ogni cosa si deve rompere e sostituire, si chiama obsolescenza programmata; ed io e te siamo programmati per essere inutili!”. Così un amico ad una cena sintetizza la situazione: il sistema ha previsto il fatto di liberarsi di parte dei propri ingranaggi quando la produttività di questi comincia a decrescere. E quando il suo ciclo produttivo si esaurisce, l’uomo deve essere messo fuorigioco: nient’altro ha importanza se non la quantità di ricchezza che ciascuno può far entrare nelle tasche di chi si trova al vertice della piramide.
Il disorientamento è allora sempre più forte, il senso di spaesamento e di impotenza cresce di giorno in giorno e matura, parallelamente alla tesi ossessiva del complotto, la consapevolezza della ineluttabilità della propria condizione e, di conseguenza, la decisione irreversibile che porta all’annullamento di sé: la distruzione dell’uomo è compiuta! Da qui, la sconfortante conclusione: “Non c’è soluzione, non si risolve niente. Tu pensi di essere venuto al mondo per risolvere qualcosa, ma poi ti accorgi che non puoi fare niente”.
Gianfranco Raffaeli
Scheda del film:
Titolo originale: Fuorigioco – Genere: Drammatico – Origine/Anno: Italia/2012 – Regia: Carlo Benso – Sceneggiatura: Carlo Benso, Nik Redian – Interpreti: Toni Garrani, Crescenza Guarnieri, Nicola Pistoia, Azzurra Rocchi, Maurizio Bianucci, Denny Cecchini, Nadia Visintainer, Enrico Licata – Montaggio: Cristiana Cerrini – Fotografia: Stefano Palombi – Scenografia: Alessia Muntoni – Costumi: Helga H. William – Musica: Sergio De Vito
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