
Al momento in cui scriviamo, lungo il confine tra il Gambia e il Senegal la sistuazione è tranquilla nonostante la presenza delle truppe della coalizione dell'Organizzazione dei Paesi dell'Africa occidentale (Cédéao /Ecowas). Potrebbero entrare in azione se Yahya Jammeh rifiuterà di abbandonare la presidenza, dopo la sua sconfitta elettorale, come ha avuto modo di precisare Marcel Alain de Souza, presidente dell'Ecowas,.
Il rischio quindi di un'ennesima guerra è alto. Anzi le truppe del Senegal hanno varcato la frontiera, per alcune ore, successivamente al giuramento che il presidente eletto, Adama Barrow aveva prestato all'interno dell'ambasciata del Gambia a Dakar, capitale del Senegal. Una cerimonia alla quale hanno assistito numerosi ambasciatori e responsabili di organizzazioni internazionali.
Il presidente uscente basa il suo potere grazie ad un mix di fedeltà dei militari, in particolare delle forze di sicurezza, elargizione di favori, controllo della magistratura e leggi che gli permettono di reprimere, anche torturando, qualsiasi forma di opposizione.
Le elezioni del 1 dicembre scorso [1] avevano decretato la vittoria di Barrow, leader dell'opposizione che aveva sconfitto il presidente Jammeh, in carica dal 1994 quando portò a compimento un golpe. Un barlume di democrazia si intravvedeva. L'imprenditore cinquantunenne Barrow (Pdu – Partito democratico unito), appoggiato da tutte le maggiori forze di opposizione, aveva vinto con oltre il 45% dei voti. Il New York Times ha definito Barrow «presidente per caso, perché è finito per essere il candidato dopo che altri membri del suo partito sono stati arrestati o dopo che sono morti in prigione». Musulmano ma descritto come «tollerante verso i cristiani. In campagna elettorale ha detto che intende migliorare l'economia e la sanità, rendere gratuita l'educazione base e tornare a far rispettare i diritti umani. La sua principale capacità è stata far mettere d'accordo tutti i gruppi di opposizione a Jammeh. Diversi analisti hanno però spiegato che più che votare per lui molti elettori contro Jammeh» [2].
La vittoria è durata solo qualche giorno così, con il pretesto di brogli, Jammeh ha sospeso prima i risultati e poi si è fatto votare dal Parlamento altri tre mesi di presidenza in attesa che la Corte costituzionale decida sul da farsi. La comunità internazionale dall'Unione africana, all'Unione europea, agli Stati Uniti fino al Consiglio di sicurezza dell'ONU hanno tutti sostenuto pubblicamente Barrow. E poi si sono opposti a questa decisione. Lo scorso 13 gennaio quattro capi di stato dell'Africa occidentale hanno provato a convincerlo a lasciare la presidenza: nulla da fare. Jammeh per difendere la posizione ha anche proclamato lo stato d'emergenza.
Il Senegal e la Cédéao sono intenzionati ad usare la forza se nessuna mediazione dovesse andare in porto. Nl frattempo siamo in attesa di sviluppi.
Il Gambia è un paese con circa due milioni di abitanti ed è di fatto una striscia di terra che si incunea nel Senegal che appunto lo circonda fatta eccezione per un piccola parte sulla costa atlantica. Le sue finanze dipendono dalle rimesse dei gambiani emigrati e dal turismo. Il più piccolo paese dell'Africa continentale dopo un periodo di relativa stabilità, sia pur sotto l'incubo del potere di Jammeh, potrebbe essere sconvolto rendendo ancora più precaria l'esistenza della sua popolazione, disoccupata per il 38%, e per metà sotto la soglia di povertà. Intanto oltre 40.000 persone sono uscite dal paese. Gli interventi militari, vedi quanto accaduto di recente, non sono la soluzione. Diventano un altro grave problema.
Pasquale Esposito
[1] Per capire in quale clima ci si è avvicinati alle elezioni, cfr. “Prima del voto le carceri del Gambia si riempiono di oppositori”, http://www.internazionale.it/notizie/2016/11/30/gambia-elezioni-opposizione-arresti, 30 novembre 2016
[2] “In Gambia è successa una cosa importante”, http://www.ilpost.it/2016/12/03/gambia-risultato-elezioni/, 3 dicembre 2016
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