
Giacomo Balla è universalmente riconosciuto come uno dei più originali artisti del 900 oltre che uno dei fondatori della più potente avanguardia : il movimento futurista italiano.
La galleria Bottegantica di Milano dedica a Giacomo Balla, “Balla al femminile. Tra intimismo e ricerca del vero“, una mostra focalizzata sulla sua produzione che ha avuto come soggetto le figure femminili. Dodici sono le opere che possiamo ammirare fino al 10 maggio relative a due periodi molto lontani tra loro nell'ambito della produzione artistica di Giacomo Balla: l'inizio del ‘900 con la sua produzione di stampo divisionista e gli anni 30 40 con le rappresentazioni della donna figurativo-realiste.
La mostra è stata curata dalla storica dell'arte Elena Gigli, custode dell'archivio Gigli per l'opera Giacomo Balla; la selezione delle opere effettuata dalla Gigli tra quelle di inizio Novecento e quelle degli anni '30 e '40 è tale da riuscire a creare un dialogo tra il Balla giovane pittore e l'artista maturo, ma sempre con al centro la figura femminile.
Incontriamo in questa mostra a lui dedicata un Giacomo Balla che dipinge la realtà riuscendo a cogliere sia l'ambiente naturale o domestico che la dimensione intima e psicologica della donna. Tutte le donne che ritrae sono persone con le quali l'artista ha un rapporto di tipo personale: la giovane moglie, le figlie Luce ed Elica, amiche di famiglia e vicine di casa. I materiali che utilizza sono spesso poveri, la scelta dettata sia dal desiderio di sperimentare, ma anche più prosaicamente da motivazioni di ordine economico ed è così che alcune sue realizzazioni sono giunte fino a noi su supporti in carta o compensato.
Giacomo Balla dopo i primi 25 anni trascorsi a Torino si trasferisce a Roma. Il primo disegno a matita che la mostra propone al visitatore è su carta ed è un omaggio alla giovane moglie Elisa Marcucci dal titolo “Quiete operosa” dove Elisa è ritratta mentre cuce, Elisa infatti era sarta così come sarta era anche la madre di Balla rimasta vedova con questo unico figlio che aveva nove anni e sulla quale la donna investe le sue risorse per farlo studiare e alla quale l'artista deve molto. In “Quiete operosa” la giovane donna lavora china sul suo lavoro accanto alla finestra, il disegno a matita nella semplicità dei suoi chiaro scuri trasmette tutta la serenità di un ambiente domestico a ricordarci che l'artista trascorse l'intera sua esistenza circondato dai propri affetti. La seconda opera e a mio avviso quella che trasmette la maggiore emozione è “Bagliore fuggente “che Balla dipingerà decenni dopo in età matura, negli anni 30, regalando l'immortalità ad un'amica, una giovane donna detta Mignolina destinata ad ammalarsi e a morire giovane e della quale non ci rimane che l'immagine della sua innata eleganza mentre avvolta in una stola di visone, piroetta su se stessa avvolta in un lampo di luminosità in un quadro che è la sintesi della luce e del movimento, entrambe caratteristiche del pittore e per quanto riguarda il movimento e la velocità uno dei pilastri del Futurismo che si affermerà a partire dal Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti del 1909.

Non dobbiamo dimenticare che Giacomo Balla aderirà a tal punto ai principi del Futurismo da decidere di disfarsi di tutta la sua precedente produzione artistica nel 1914, tentativo di vendita sventato solo grazie all'intervento della moglie. Tra le opere presenti alla mostra sicuramente le più emozionanti e scenografiche sono le quattro stagioni dipinte tra 1939 ed il1940. Nel 1937 Giacomo Balla aveva abbandonato il movimento futurista intuendo che la nuova estetica andava verso una immagine cinematografica e fotografica che difatti ritroviamo nelle quattro opere rappresentanti le stagioni. L'autore utilizzò come modella la figlia del vicino di casa, il colonnello che abitava al secondo piano di via Oslavia a Roma: la prima cosa che colpisce in questi quattro grandi ritratti di donna e la predominanza del colore rosso, una vera fiammata dei rossi nella pittura di Balla nel periodo che seguì ad un incidente a causa del quale l'artista fu in pericolo di vita. Quando riguadagnò la sua salute espresse il ritorno alla vita in questi dipinti che sprigionano giovinezza e colore nelle quattro grandi tele. La giovane e prorompente Giuliana Canuzzi da ignara ragazza del secondo piano entra nella storia dell'arte in un tripudio di rosso: l'abito, lo sfondo, il rossetto. Le quattro stagioni contengono elementi che suggeriscono allo spettatore di quale stagione si tratta. I quattro quadri sono stati in casa della famiglia Balla fino alla divisione testamentaria degli eredi avvenuta nel 1993.
Nella mostra troviamo anche i ritratti delle due figlie Luce ed Elica nel contesto domestico della loro casa di Roma che Balla aveva scelto proprio perché all'ultimo piano di un condominio e con un terrazzo pieno della luce che era indispensabile al pittore per dar vita alle sue opere. E proprio alle figlie Luce e Elica che Balla deve il merito della sua notorietà, le “signorine“, così erano appellate, lavorarono molto duramente dopo la morte del padre che lo colse ignorato da critica e pubblico, affinché gli fosse riconosciuto il suo valore artistico proponendo le sue opere a collezionisti e musei e le due donne si impegnarono altresì perché al padre fosse tolta l'etichetta infamante di fascista grazie ad una rilettura storica della sua posizione che lo vede figlio del proprio tempo, come parte degli italiani, inserito in una corrente di consenso al regime senza che la sua vita abbia mai fatto emergere fatti di fanatismo politico.
Al visitatore che si accosta con attenzione a questa piccola e preziosa mostra non sfuggiranno gli elementi caratteristici del Futurismo che comunque Balla continua a portarsi dietro dopo il 1937, essi sono presenti nella scelta sperimentale di materiali e tecniche pittoriche, nella gestione della luce sugli abiti e nelle ambientazioni che Giacomo Balla ritrae. Sembra essere riconoscibile l'anno del ritratto che fece di sua figlia Luce che allora aveva 20 anni, la ragazza ha la pelle abbronzata in quanto è appena stata in vacanza a Terracina e l'artista con l'intento di creare un contesto di mare utilizza come sfondo un suo famoso quadro futurista “Linee forza mare” (1926), una delle opere più note e rappresentative del movimento futurista italiano.
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità”, Filippo Tommaso Marinetti, Manifesto Futurista, 1909
Adelaide Cacace
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