Giacomo Manzoni, il docufilm di una vita per la musica e per la cultura

Giacomo Manzoni Manzoni90
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Pubblico delle grandi occasioni il 26 settembre a Milano alla Cineteca Arlecchino, per applaudire lo splendido lavoro Manzoni90 del filmmaker siculo-milanese Francesco Leprino e festeggiare il novantesimo compleanno del compositore Giacomo Manzoni.

In sala molti musicisti (e non solo), che hanno fatto parte della vita del maestro e che, in alcuni casi, compaiono nel film documentario: Maurizio Pollini, i compositori (fra gli ex allievi più rappresentativi e rinomati del maestro) Fabio Vacchi, Adriano Guarnieri e Giovanni Verrando; Mimma Guastoni, direttrice generale di Casa Ricordi, ruolo con il quale ha contribuito alla diffusione della . E ancora i compositori Alessandro Solbiati e Stefano Gervasoni; i pianisti Antonio Ballista e Bruno Canino; il soprano statunitense Mary Lindsay, interprete di riferimento di molti compositori fra cui Luigi Nono e Bruno Maderna, e molti altri. Ad aprire la serata l'esecuzione dal vivo di alcune composizioni di Manzoni, suonate dalle giovani e brave musiciste Hsiaopei Ku (soprano), Maria Ciavatta (violino) e Sara Nallbani (flauto).

Quella del compleanno di questo ragazzo di novant'anni è stata l'occasione per ripercorrere, attraverso la ricostruzione della sua storia personale, gli ultimi settant'anni della vita culturale milanese e in parte internazionale, dunque non solo musicale ma anche politica, sociale e, per certi aspetti, filosofica.

Giacomo Manzoni e Francesco Leprino Manzoni90
Giacomo Manzoni e Francesco Leprino. Manzoni90

Non soltanto compositore, didatta, ma anche saggista e traduttore, Manzoni ha vissuto la grande spinta “rivoluzionaria” dello studio di fonologia della RAI  di Milano,  centro intorno al quale gravitavano figure del calibro di Maderna, Luciano Berio e Nono. Tutti alla scoperta di un nuovo modo di fare musica, che utilizzava l'elettronica. La rivoluzione musicale era già avvenuta con Arnold Schönberg e la seconda scuola di Vienna, il liberarsi dagli schemi accademici della tradizione attraverso la dodecafonia avrebbe consentito ai compositori, da quel momento in poi, di spaziare più liberamente nell'universo sonoro, di esplorare nuovi linguaggi, di utilizzare voci e strumenti in modo non convenzionale.

La rivelazione di questa possibilità Manzoni l'ebbe, ancora adolescente, da quello che egli stesso definisce «l‘unico vero maestro, un intellettuale di stampo europeo»: Gino Contilli. Il “purissimo Contilli”, come veniva chiamato dal collega Luigi Dallapiccola, era un compositore romano allievo di Cesare Dobici e poi di Ottorino Respighi e Ildebrando Pizzetti, diplomato in Composizione all'Accademia di Santa Cecilia a Roma. Contilli era un uomo moderno, di grande cultura con un respiro europeo, “una cultura di tali pregnanze da aprirsi a una visione universale delle cose e dell'essere umano: una cultura, insomma, intesa veramente come scelta etica e come azione incisiva nel tempo vissuto”, ha scritto il critico Marcello Passeri.

Contilli aveva contatti con Alfredo Casella e faceva parte di quel gruppetto di compositori (Gian Francesco Malipiero, Goffredo Petrassi e Dallapiccola) che nel dopoguerra lo condusse alla musica dodecafonica di cui adottò il linguaggio e che, nonostante il clima cupo dell'Italia fascista, guardava alle tendenze europee più avanzate: la Scuola di Vienna, Strawinsky, Ravel, Paul Hindemith, Bartòk. Manzoni incontrò Contilli nell'immediato dopoguerra a Messina, città dove per ragioni familiari trascorse gli anni della sua formazione musicale e umana e dove Contilli dal 1942 era Direttore dell'Istituto musicale Laudamo, oggi Conservatorio Corelli.

Nel 1950, quando ritornai a Milano, avevo ormai capito quello che avrei fatto, per quanto potevo, nella vita. E in qualche modo dovevo questa scoperta a Contilli, che in due anni aveva avviato un confuso dilettante verso una coscienza musicale compiuta e a una migliore comprensione di sé.

Per Manzoni, grazie alla condivisione culturale che lo ha legato a storici, filosofi, scrittori e artisti di tutte le discipline, vale la definizione di “intellettuale organico”. Basti considerare l'accurata e diversificata scelta dei molti testi poetici, letterari e teatrali da lui utilizzati per le sue composizioni vocali. Si possono ricordare, tra poeti, scrittori, artisti e personaggi storici che hanno inciso anche in ambito politico, Dante, Friedrich Hölderlin, Beckett, Leopardi, Alain Cuney, Emilio Jona, Robespierre, Thomas Mann, Francesco Leonetti, Rilke, Emily Dickinson, Giorgio Caproni, Marina Ivanova Cvetaeva, Neruda, Alfieri, Che Guevara, William Blake, Antonin Artaud, Giovanni Raboni e Giuliano Scabia, senza dimenticare vari testi popolari siciliani e antichi testi giapponesi. Scelte letterarie che rivelano la sua visione “ampia” del mondo.

Giacomo Manzoni
Giacomo Manzoni. Foto Daniela Uccello

Le parole per Manzoni sono come suoni e, a loro modo, musica. Materiali tematici di cui il compositore s'impossessa, portando così alla luce il loro potenziale semantico. E poi condivisione e diffusione culturale anche attraverso i suoi saggi, con i quali ha aiutato (e aiuta) a comprendere la musica del Novecento anche i non addetti ai lavori. Fra le sue pubblicazioni, è opportuno menzionare almeno la traduzione di Filosofia della musica moderna e Dissonanze di Theodor W. Adorno (esponente di punta della celebre scuola di Francoforte); il Manuale di armonia, Elementi di composizione musicaleEsercizi preliminari di contrappuntoAnalisi e pratica musicali di Schönberg; i saggi Schönberg – L'uomo, l'opera, i testi musicati (1975), Scritti (1991), Tradizione e utopia (1994), Ecrits (2006), Parole per musica (2007) e Musica e progetto civile (2009).

Anni di lavoro (da pianista al Piccolo Teatro di Milano, a critico musicale per l'Unità, a compositore e docente) e di ricerca, passione sociale, scoperte. Anni caratterizzati da profondi legami di amicizia con Nono, Claudio Abbado, Pollini, Luigi Pestalozza, Scabia, Maderna, Niccolò Castiglioni, Leonetti, Jona, Piero Santi e altri. Essi avevano come denominatore comune la curiosità intellettuale, la sperimentazione artistica e la riflessione sull'umano. Curiosità che ha portato il nostro a percorrere strade compositive diverse tra di loro ma sempre coerenti, come la musica per il film Malina di Werner Schroeter del 1990. I luoghi: la Biennale di Venezia, i Ferienkurse für Internationale Neue Musik di Darmstad e, ovviamente, Milano.

A delineare scherzosamente la personalità poliedrica di Manzoni, un frammento da: Materia per un ritratto semicomico del compositore Giacomo Manzoni di Giuliano Scabia:
[…] lungo sarebbe il poema di composizione in composizione
passando soprattutto da Venezia
dove tutta la musica si raccoglieva
per ascoltarsi nel nuovo: e al pianoforte
di casa Dalla Chiara suonavano
Castiglioni, Pestalozza, Maderna, Nono,
Manzoni a tanti altri
innamorati del suono e degli esperimenti:
perché tutto a Venezia diventava musica,
anche il comunismo…
e Manzoni Manzoni rideva, e componeva…

 Daniela Uccello

 

Manzoni90genere: docufilm
Manzoni90
Script e regia di Francesco Leprino
Con la partecipazione di: Adriano Guarnieri, Mimma Guastoni, Giacomo Manzoni, Maurizio Pollini, Fabio Vacchi, Giovanni Verrando
Produzione: Al Gran Sole
Partner: Festival Milano Musica, Orchestra di Padova e del Veneto, Fondazione Giorgio Cini, Teatro Carlo Felice

durata 90′

 

 

 

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