Gilet gialli: Macron annuncia le misure per allentare la protesta

Francia Parigi
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Macron dopo un silenzio assordante, si è presentato davanti alle telecamere e nei suoi tredici minuti si è rivolto ai gilet gialli e ai francesi per andare incontro alle richieste che vengono dalla piazza e per recuperare un’immagine deteriorata nei riguardi di tutti i francesi.

Nel suo discorso, usando una certa solennità, ha detto: «Decreto lo stato di emergenza economica e sociale». È quello che andrebbe fatto in tutta Europa visto che, chi più chi meno, al di là dei dati macroeconomici, ha larghi strati della popolazione in povertà o forte sofferenza.

Come ho scritto fin dal al momento della sua nomina che aveva provocato tra politici e buona parte dei media lodi e virtù taumaturgiche per la Francia e l’Europa, non può essere un presidente del cambiamento. Di un cambiamento che riporti i valori dell’equità e della solidarietà al posto che meritano nella politica. La sua storia lo diceva e suoi grandi elettori pure.
Non dimentichiamo che i suoi primi atti sono stati quelli di istituire una flat tax per le rendite finanziarie e abolire la patrimoniale, sulla quale nemmeno ora pensa di fare marcia indietro, che sono provvedimenti per le classi agiate. E su questi temi non intende tornare indietro anche se, in maniera del tutto generica, ha fatto riferimento alla possibilità di intervenire sui redditi delle grandi imprese e dei ricchi.

Il tentativo di recuperare terreno nella popolarità in generale e rispetto alla protesta che lui stesso ha definito comprensibile fino a mettersi dalla parte dei gilet gialli non violenti, passa attraverso una serie di provvedimenti che impegneranno, dalle prime stime, il bilancio dello Stato per otto-dieci miliardi di euro aggiuntivi alla manovra prevista.
Il primo di questi provvedimenti è l’aumento del salario minimo dell’importo di 100 euro netti che lo porta a 1.284 euro. Finora non se ne è potuto parlare perché la ministra del Lavoro, Muriel Pénicaud sosteneva che si sarebbero potuti «distruggere posti di lavoro» penalizzando piccole imprese e artigiani [1]. Il secondo è l’abolizione del prelievo fiscale aggiuntivo per le pensioni fino a 2.000 euro e poi c’è anche la defiscalizzazione degli straordinari.
Tutte misure che andranno ad impattare sul deficit in un paese che non brilla e che perdipiù dovrà scontare i costi della protesta stessa.

Il presidente che ha voluto la disintermediazione politica si è trovato di fronte ad un movimento che se è politico non ha una struttura organizzativa tradizionale né ha una rappresentanza politica, anche se da destra a sinistra si prova a cavalcare l’onda. Un specie di paradosso che l’antropologo Alain Bertho direttore della Maison des sciences de l’homme di Paris Nord spiega: «la crisi della rappresentanza che sta favorendo un po’ ovunque il montare del populismo è dovuta in gran parte al fatto che esiste una frattura crescente tra lo Stato, svuotato di molte delle sue prerogative e della sua stessa autonomia dai processi della globalizzazione, e il popolo. Macron, dal canto suo, ha scelto di accentuare questo divario cercando di cancellare i corpi intermedi della società, per porsi direttamente come interlocutore dei cittadini. Per questo è soprattutto verso di lui che si rivolge ora la rabbia di una parte della popolazione. Non c’è più nessuno che può mediare tra il presidente e i contestatori. Difficile perciò fare qualunque tipo di previsione, anche se penso che in ogni caso questo movimento, o altri simili, continueranno a crescere. In Francia come in tutto l’Occidente» [2].

I 23 milioni che hanno assistito al discorso in tv di Macron hanno accolto bene le proposte del presidente, «anche se giudicate nel complesso ancora […]. Per il 58% è stato «chiaro», per il 49% ha «capito le preoccupazioni». Ma il 59% non è stato convinto dalle sue proposte. Il 54% vuole che il movimento continui» [3].

È evidente che la pessima gestione della protesta avrà un risvolto sul ruolo da leader che si era dato in Europa insieme alla Merkel, ma questa è un’altra storia. Nel frattempo i gilet gialli sono attesi ad una nuova manifestazione e, dietro l’angolo, per Macron, c’è anche la questione della scuola per la quale gli studenti ribollono.
Pasquale Esposito

[1] Anais Ginori, “Macron si piega ai gilet gialli «cento euro in più per i salari minimi»”, la Repubblica, pag. 2, 11 dicembre 2018
[2] Guido Caldiron, “«I gilet gialli, un movimento politico più che sociale, contro ingiustizie e rappresentanza»”, https://ilmanifesto.it/i-gilet-gialli-un-movimento-politico-piu-che-sociale-contro-ingiustizie-e-rappresentanza/, 8 dicembre 2018
[3] Anna Maria Merlo, “I dieci miliardi di Macron preoccupano Bruxelles”, https://ilmanifesto.it/gilet-gialli-e-liceali-sempre-in-lotta/, 12 dicembre 2018

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