
Con oltre 30 miliardi di dollari totalizzati nel 2006 ed una prospettiva vicina ai 66 nel 2012 [1], l’industra dei videogiochi è entrata di diritto tra le regine dell’intrattenimento raggiungendo e superando settori tradizionali come la musica ed il cinema.
La vita quotidiana è ormai piena di richiami ludici. Passeggiando per strada si notano persone armeggiare con la propria console portatile in attesa dell’autobus, cartelloni pubblicitari inneggianti l’ultimo prodotto, concorsi a premio indetti da grandi catene basati su hardware e software, icone sexy realizzate in computer grafica (Lara Croft per gradire) e gli esempi potrebbero essere molteplici.
La storia dei videogiochi è lunga, complessa e frastagliata fatta di accelerazioni e brusche frenate, successi e delusioni, caratterizzata sempre dalla continua ricerca di stati emozionali per gli utilizzatori. Contrariamente a quanti molti pensano, i videogiochi non sono nati negli anni 70, ma affondano le loro origini nell’immediato dopoguerra quando una nuova generazioni di ingegneri ed appassionati studenti universitari hanno spinto molto più in alto l’asticella del concetto “gioco”.
In questo speciale proveremo a ripercorrere le tappe salienti dell’evoluzione, avvalendoci di una classificazione basata sul criterio temporale e brevi monografie su titoli che hanno segnato la storia. Non ci arroghiamo nessuna supponenza di esaustività, lasciando questa ai siti e volumi dedicati al mondo del “retrogaming”.
ANNI ’40-’50
Nell’ormai lontanissimo 1947, due giovani ed ambiziosi studiosi Thomas T. Goldsmith Jr. ed Estle Ray Mann realizzarono quello che può, a tutti gli effetti, essere definito il primo videogioco della storia. Nessuna console o PC era ancora stata inventata, venne sfruttata la tecnologia del tubo catodico ed 8 valvole termoelettriche per simulare il lancio di un missile (si era appena usciti dalla terribile stagione della seconda guerra mondiale e l’idea ispiratrice era riprodurre l’effetto di un radar) verso determinati obiettivi. Speciali manovelle permettevano di modificare traiettoria e velocità, mentre i bersagli venivano realizzati mediante l’applicazione di adesivi sul tubo catodico.
Nel 1952, Alexander Douglas, all’interno di un programma di ricerca scientifica, si pose l’obiettivo di creare una interazione uomo/macchina. Nei laboratori della prestigiosa Università di Cambridge, il giovane studioso creò OXO, versione grafica del popolare gioco del Tris. A tutti gli effetti questo può essere definito il primo videogioco “grafico” della storia e tutt’oggi è ancora giocabile attraverso uno speciale emulatore per sistema EDSAC (standard su cui venne programmato) [2].
Nel 1958 fu la volta del primo videogioco “multiplayer” della storia. Tennis for Two, programmato da William Higinbotham su oscilloscopio analogico, permetteva la sfida tra due giocatori umani attraverso la gestione di una plancia dotata di una manopola per regolare la traiettoria ed un pulsante per il lancio della palla. Sostanzialmente si trattava di un gioco di “tennis” con visuale laterale dove la pallina doveva essere spedita nel campo avversario, il tutto assoggetto alle leggi della gravità. Il titolo in questione ebbe una discreta valenza pubblica, infatti fu utilizzato per intrattenere i visitatori del Brookhaven National Laboratory di New York.
Questo primissimo periodo fu caratterizzato dai primi timidi esperimenti concepiti non per divertire l’utenza ma solo a fini scientifici e di ricerca. I tre titoli sopra citati non ebbero nessun tipo di circolazione in quanto giravano su apparecchi unici nel loro genere ed, in quanto tali, non replicabili.
ANNI ’60
Gli anni Sessanta furono caratterizzati dalla produzione in serie dei primi Personal Computer. Questa fu una rivoluzione epocale che consentì la circolazione del software nei circuiti dell’ ”intelligentia” americana. Centri di ricerca, Università ed altre strutture private e pubbliche si dotarono di apparati come il PDP-1 prodotto dalla DEC.
Proprio su questa piattaforma venne sviluppato il primo videogioco “ludico” della storia, Spacewar. Il chiaro intento di un gruppo di studenti del MIT, tra cui Steve Russel, era quello di divertire gli studenti universitari americani con un semplice gioco di navicelle spaziali dove due giocatori si affrontavano a colpi di missili stando attenti al buco nero piazzato sullo schermo ed ad altri fattori gravitazionali. Il gioco ebbe tanto riscontro da esser implementato dalla DEC in tutti i PC in produzione.
Nel corso di questa decade la DEC si rivelò molto attenta al mondo ludico, tanto da farne un cavallo di battaglia nella sua strategia. Nuovi modelli di PC come il PDP-10 ed il rivoluzionario, per l’epoca, GT40 vennero spesso accompagnati dal rilascio di giochi pioneristici come Colossal Cave Adventure e Lunar Lander, quest’ultimo riprodotto negli anni successivi sulle più svariate piattaforme.
Molti lo ignorano ma il 1968 fu l’anno in cui venne concepito il primo prototipo di console. Brown Box (letteralmente scatola marrone) era una grande scatola analogica, funzionante a batterie, collegabile al televisore domestico. Diversi giochi furono resi compatibili con questo apparecchio ed utilizzabili mediante particolari periferiche.
Questo periodo fu contrassegnato da grande creatività e finalmente dalla creazione di videogiochi destinati al puro divertimento. La proliferazione dell’hardware e le conquiste tecnologiche permisero a menti geniali di innovare e sperimentare andando oltre il ristretto campo di azione del campus universitario [3].
Ma per aspettare l’arrivo del videogioco di massa bisognerà attendere la decade successiva!
[1] Pricerwaterhouse Coopers
[2] http://www.dcs.warwick.ac.uk/~edsac/
[3] DeMaria, Rusel & Wilson, Johnny L. (2003). “High Score!: The Illustrated History of Electronic Games” (2nd ed.), New York: McGraw-Hill/Osborne
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