
A meno di clamorosi risultati elettorali che mettano nelle mani del Primo Ministro uscente Alexis Tsipras la maggioranza assoluta dei 300 seggi in Parlamento, per i Greci non cambierà molto perché dovranno biecamente sottostare alle imposizioni previste dal Memorandum firmato con Bruxelles per il prestito di 85 miliardi di euro.
È vero che dei sondaggi in Grecia, e altrove, oramai non c’è da fidarsi, ma alcuni di questi negli ultimi giorni hanno dato un sia pur minimo vantaggio a Nuova Democrazia, il partito che contende la vittoria a Syriza.
Grecia, Kastoria. Foto di Bianca Tor
I quasi dieci milioni di greci chiamati alle urne per la seconda volta (la terza se si considera il referendum) dopo la tornata del 25 gennaio scorso che avevano incoronato leader Alexis Tsipras, dovranno rinnovare i 300 seggi del Parlamento scegliendo tra 19 partiti con un sistema proporzionale. Diversi di loro non vi entreranno per lo sbarramento posto al 3% e il vincitore si vedrà assegnato un premio di 50 parlamentari in più nella speranza che serva a facilitare la governabilità.
Grecia, Atene. Foto Bianca Tor
Ma come dicevo al di là di tutti i possibili accordi tra i partiti e i leader sarà difficile che ci sia una svolta sulle modalità di risolvere la crisi essendo, di fatto, il Memorandum la pietra miliare per la prossima legislatura tutta evidentemente spostata sull’austerità.
Siglato e votato il Memorandum che in maniera sfacciatamente e beffardamente provocatoria ha come obbiettivo di «ripristinare una crescita sostenibile, creare posti di lavoro, ridurre le disuguaglianze, e per affrontare i rischi per la propria stabilità finanziaria e per quella della zona euro», contiene una serie di obblighi che non potranno essere disattesi a meno di un governo straordinariamente forte, in grado di negoziare almeno una parte delle modalità di applicazione. Infatti se il Memorandum prevede di accordarsi con i creditori prevede anche che le misure verranno controllate nella loro conformità ogni tre mesi per i prossimi tre anni.
Ricordo che con una disoccupazione arrivata al 29% ( circa il 60% tra i giovani) il livello di indigenza nel paese è diventato difficile da sostenere, ma il Memorandum chiede ancora che le pensioni siano ulteriormente tagliate per l’1% del Pil, che entro il 2019 termini la “concessione di solidarietà” per i pensionati a reddito più basso, che siano aumentati i contributi sanitari e le tasse negli ambulatori ospedalieri e via discorrendo. Senza parlare dell’imposizione di un avanzo primario del 3,5% sul bilancio statale.
Di fatto a Bruxelles c’è un governo ombra che detterà contenuti e tempi di realizzazione al nuovo esecutivo se appunto Tsipras non vincerà le elezioni a mani basse (i sondaggi lo darebbero a poco più del 27% e occorrerebbe il 36% per avere la maggioranza assoluta dei seggi) o se non riuscirà a fare un governo con quelle forze che si oppongono all’austerità. Quest’ultimo caso è piuttosto improbabile perché il KKE (i sondaggi lo danno al 5% circa) di Dimitris Koutsoumpas mantiene forti le distanze con rispetto a Syriza sull’Europa e sulla presenza nella NATO. Ancora meno probabile sembra un accordo con Unità popolare (data a circa il 3%) con a capo Panagiotis Lafazanis, formazione nata dalla fuoriuscita di deputati e tesserati da Syriza dopo che il premier è stato costretto a votare i provvedimenti voluti dalla Troika e che sono determinati a non accetterà l’austerità anche se dovesse costare l’uscita dall’Euro. Gli alleati più vicini potrebbero essere, se diventano meno favorevoli al Memorandum e a certe posizioni della destra, i socialisti del Pasok alleati con un altro partito di sinistra Dimar e che vengono dati intorno al 6% con la possibilità di scavalcare al terzo posto i neonazisti di Alba Dorata. Con l’esplosione della crisi dei migranti questi ultimi potrebbero fare dei passi in avanti sfruttando certi sentimenti razzisti che stanno nascendo tra i cittadini più vicini ai luoghi di arrivo e passaggio dei migranti.
Grecia, Penisola di Maina. Foto Bianca Tor
Tsipras ha sempre escluso, anche nei due dibattiti televisivi, una grande coalizione con il leader di Nuova Democrazia, Vanghèlis Meimaràkis ex presidente del parlamento greco, che ha sostituito al comando del centrodestra, lo scorso luglio, il dimissionario Andònis Samaràs. La convinzione che nessuno dei due maggiori partiti, nemmeno con i potenziali alleati, riesca a formare un governo stabile spinge Meimaràkis che nel frattempo ha assunto un atteggiamento più moderato del suo predecessore, a chiedere di formare un esecutivo di unità nazionale per attuare il Memorandum. Alcuni sondaggi lo danno addirittura in testa, sia pur di poco, e questo non ha fatto altro che dargli maggiore convinzione sulla sua proposta.
Un partito importante è quello degli indecisi che oscilla tra il 10 e il 15 per cento e che potrebbe spostare pesantemente gli equilibri e qui saranno determinati le ultime ore con argomenti
È sulla politica estera che le linee di intervento cambierebbero comunque per la Grecia perché in caso di vittoria di Nuova Democrazia i passi in avanti, almeno in termini di disponibilità fatti da Tsipras, fatti per provare a risolvere la storica questione del nome con la Macedonia subirebbero un blocco. Come pure si complicherebbe l’altro tema scottante della politica estera greca: Cipro. Sempre perché con Syriza l’impostazione era quella di trovare una soluzione pacifica e definitiva. Altro tema di grande diversità tra i due maggiori partiti è la relazione privilegiata con Israele con il quale ancora il 19 luglio scorso il Ministro della Difesa e leader di ANEL, alleato nel governo di Tsipras, Panos Kammenos siglava un accordo di cooperazione militare, mentre Tsipras è fortemente intenzionato a sostenere la nascita di uno Stato palestinese.
Vedremo domenica sera come finirà e nel frattempo mi chiedo se l’ex Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis interverrà nel tentativo di spostare gli equilibri.
Pasquale Esposito
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