Hanna Bervoets, Questo post è stato rimosso. Il devastante lavoro sui social

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Leggendo le pagine del di Hanna Bervoets, Questo post è stato rimosso, il ricordo è andato subito ai primi anni Duemila quando mi ritrovai in una grande società di telecomunicazioni ad avere la responsabilità della pubblicazione di “contenuti” sui cellulari. In particolare riguardo alle chat e ai siti di incontri. Allora gli scambi tra gli utenti erano meno problematici nella forma e nella sostanza, ma in una di queste chat capitò che un mio collaboratore, che moderava con decisione bloccando contenuti ed escludendo utenti alla minima indecenza come da disposizioni, intercettasse una ragazza (almeno così sembrava) che minacciava il suicidio. Mi chiese cosa avrebbe dovuto fare. Senza esitazione senza fargli avvertire la mia angosciante preoccupazione per quello che sarebbe potuto accadere gli ordinai “Scrivi prima, e poi chiama la sicurezza interna, vedranno loro se avvertire le autorità di polizia e come eventualmente rintracciare la donna”.

Erano i segnali evidenti di quello che sarebbe accaduto, esploso all'ennesima potenza con diffusione capillare dei cellulari e dei social media, e che l'ultimo breve romanzo di Hanna Bervoets, Questo post è stato rimosso descrive attraverso la storia, ambientata ai giorni nostri, di una moderatrice di contenuti che si confronta con parole ingiuriose, foto e video scabrosi, per una importante piattaforma on line.

Hanna Bervoets, Questo post è stato rimossoNel romanzo è Kayleigh la protagonista, che ripercorre una parte della sua storia dopo aver abbandonato la Hexa, azienda a cui un gigante del web ha appaltato la moderazione della piattaforma on line.

Lo sguardo della Bervoets è quello del mondo dei moderatori che lavorano senza sosta, con poche pause, con obiettivi giornalieri da raggiungere di materiale visto e giudicato, in un ambiente asettico, una catena di montaggio del virtuale.
Il linguaggio del romanzo e il suo ritmo sono incessanti, quasi l'autrice voglia farci vivere quel modo di lavorare snervante, alienante. Le tante domande, i punti interrogativi che si incontrano in Questo post è stato rimosso sono quelli propri di una scrittura colloquiale che deve raccontare un lavoro fatto di quesiti sui contenuti a cui va data velocemente una risposta se non si vuol far scendere la propria valutazione e quindi perdere il lavoro. È una scrittura senza fronzoli, non per questo banale, perché rende immediatamente visibili gli accadimenti, i personaggi, i danni, che quell'ambiente produce sui suoi protagonisti, donne e uomini reali che conducono esistenze normali. E che possono anche vedere alterata la realtà in cui sono a causa dal bombardamento di situazioni virtuali a cui sono sottoposti.

Dal virtuale al reale il passaggio è facile. Le devastanti immagini o parole o testi, intrisi di violenze contro esseri umani o animali, la pornografia, la pedofilia, e tanto altro ancora che si è costretti a giudicare per decidere, in base alle linee guida ricevute, se possono rimanere alla visione di tutti oppure no, si trasformano in devastanti incubi nella vita reale. Come accadrà ad uno dei suoi amici moderatori, Robert che minaccia un superiore con una pistola taser o come accade alla sua compagna Sigrid che avrà problemi ad elaborare il video di Nona un'adolescente che si taglia. Sigrid proverà, rompendo le regole del sistema, a capire chi fosse e che fine avesse fatto Nona.

La relazione con Sigrid finirà con implodere quando poi, ancora con un altro passaggio dal virtuale al reale, Kayleigh affronta le tesi sulla Terra piatta e poi negazioniste sull'Olocausto di suoi colleghi ai quali non fa opposizione la sua compagna.
Anche la protagonista, dopo svariati mesi che aveva lasciato la Hexa, continuerà a subire le conseguenze di quel lavoro.

«Ricordo ancora tutte le regole ogni tanto mi capita di applicarle è un processo automatico di formazione professionale lo faccio con le sue serie tv i video o nella vita quotidiana con tutto ciò che accade attorno a me: la signora che viene sbalzata dalla carrozzina elettrica può finire online? No, se c'è del sangue. Si, se la situazione è chiaramente comica. No, se si può parlare di sadismo. Si, se quanto mostrato ha un valore educativo e, infatti, bingo, certo che ha un valore educativo, quella rampa per il parcheggio davanti al muro al museo è un bel problema […], ecco cosa penso mentre strappo quattro biglietti. E no, non è sempre piacevole avere quelle regole che mi ronzano in testa, […]».

Un romanzo ben scritto e costruito anche per lo studio che la Bervoets ha fatto per comprendere il funzionamento del lavoro di tanti giovani nel mondo delle piattaforme digitali – o nelle società contractor che lavorano per loro – nelle quali spesso viene messo tutto a tacere grazie a rigidissime regole e contratti a cui si è sottoposti.
È di qualche settimana fa il caso del giovane Daniel Motaung, in Kenya https://ilmanifesto.it/da-nairobi-il-primo-stop-allo-schiavismo-dei-social, che è riuscito a mettere in evidenza la durezza fisica e psicologica del lavoro che svolgeva per conto di Sama, multinazionale con sede a San Francisco, che “allestisce sedi distaccate nei punti più disparati del pianeta, dove assume personale pagato pochissimo per monitorare quel che scrivono quei quasi tre miliardi di utenti di Facebook”. Un lavoro di 45 ore alla settimana a guardare ed ascoltare le peggiori aberrazioni umane, per una paga infima da 1, 46 dollari l'ora a 2,2 dollari l'ora. E con le conseguenze di traumi psicologici che colpiscono i lavoratori; “ansia, depressione, pianti improvvisi, disturbi del comportamento”.

Ciro Ardiglione

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