
I primi sei mesi di questo 2020 ci hanno cambiato la vita, forse in modo definitivo, tutte le nostre aspettative, i nostri concetti di distanza sociale hanno dovuto essere riformulate.
È cambiato anche il modo di ascoltare musica, azzerati i concerti dal vivo ci è rimasto il solo ascolto in solitaria, sono passati solo sei mesi ma sembra un'eternità. Nella musica a dispetto del distanziamento nella vita quotidiana si è finiti con aumentare la commistione e così in questi primi mesi si sono rivalutati generi che sembrano in opposizione come il grunge e l'r'n'b o gruppi indie che si cimentano con il jazz…
Quello che leggerete è solo un piccolo estratto di quello che di buono ho ascoltato nei primi sei mesi di questo disgraziato anno che musicalmente parlando sono stati mesi piuttosto gratificanti se solo consideriamo le uscite di Dylan e Fiona Apple.
L' ordine è puramente casuale e non esprime una classifica.
Brant Bjork, OM
Da quando nel lontano 1994 ha lasciato i Kyuss, il polistrumentista Brant Bjork è stato praticamente inarrestabile per le numerose collaborazioni, decine di dischi solisti e anche la fondazione di una etichetta discografica la Low Desert Punk.
La base dell'album è sempre un rock stoner psichedelico ma anche melodie e vibrazioni rasserenate.
La creatività di Brant sta continuando a fluire davvero molto bene.
Ghostpoet, I Grow Tired But Dare Not Fall Asleep
Obaro Ejimiwe, alias Ghostpoet, è da un decennio che ripercorre le strade del trip-hop mescolandolo al jazz le atmosfere post-punk.
La paura è l'ispirazione principale di questo disco, Ghostpoet ci racconta il prima, il durante e il dopo Covid-19.
Lewsberg, In This House
Olandesi di Rotterdam, figli illegittimi dei Velvet Underground la cui influenza si avverte in tutto il disco.
Possono sembrare anacronisti e revisionisti e, anche se per sua natura il disco può sembrare ripetitivo, è sicuramente intrigante, la pigrizia che si insinua dalla voce di Arie van Vliet e le chitarre discordanti sono perfette per un disco uscito lo scorso marzo.
Nada Surf, Never Not Together
Il power pop trova con questo disco un grande momento di ispirazione e i Nada Surf sono fedeli rappresentanti di un indie grintoso ma allo stesso tempo raffinato.
Musicalmente niente di nuovo, ma ci sono due brani “Mathilda” e “Something I Dov Do Do” che elevano il disco e lo propongono come uno dei migliori dell'anno. Un gioiellino arrivato a fine carriera.
Pictish Trail, Thumb World
La caratteristica distintiva di Johnny Lynch alias Pictish Trail è sicuramente la miscela complessa di folk psichedelico, fuzz e musica elettronica.
A quattro anni dall'acclamato Future Echoes, torna con un disco fortemente influenzato dal suo auto isolamento sull'isola di Eigg nelle Ebridi, prima isola al mondo libera dal petrolio e alimentata completamente da fonti rinnovabili.
Un disco fatto da un pazzo eremita che parla di rapimenti alieni e di maiali che assomigliano a Trump.
Porridge Radio, Every Bad
È nuovo album della band nata nel 2015 a Brighton, ma di fatto era nato come un progetto solista della loro autrice, cantante e chitarrista, Dana Margolin che lo ha fatto diventare un lavoro di gruppo. Non sarà stato facile condividere tutte le sue idee ma può essere soddisfatta del risultato.
I riferimenti vanno dal post-punk dei Pavement fino ai grandi cantautori degli anni novanta.
Dana dice di se stessa: «Ho sempre adorato cantare, ma non credo di poter cantare» ma il suo modo irregolare e la poca attenzione che presta alla melodia rendono il suo stile unico.
Swamp Dogg, Sorry You Couldn't Make It
ventidue LP in cinquant'anni e mai un disco in classifica, Jerry Williams Jr. meglio noto come Swamp Dogg incarna perfettamente l'artista di culto. Dopo una carriera dedicata in gran parte al funk e al rhythm and blues, ritorna a 77 anni suonati a quelle che sono state le sue origini: il country che naturalmente contamina con la sua voce soul.
Basta ascoltare l'hit che scrisse insieme a Gary “U.S.” Bonds, “Don't Take Her (She's All I Got)” portata al successo da Johnny Paycheck, con la sua voce riesce finalmente ad infondere la giusta dose di disperazione e dolore e dare alla canzone la dignità che meritava.
The Sonic Dawn, Enter The Mirage
Terzetto di Copenhagen fortemente influenzato dagli anni '60, quarto disco della band i ragazzi prendono sempre più sul serio queste ispirazioni da Beatles, Yardbirds, 13th Floor Elevators e Pink Floyd, il disco racchiude il feeling grezzo ed elettrico che ha reso famosi i grandi psichedelici del rock.
Alzate il volume e date fiducia a una delle migliori band nel sottosuolo psichedelico.
The Bobby Lees, Skin Suit
I Bobby Lees suonano trash punk blues chiassosi, volgari e grezzi. Non c'è da stupirsi che il loro produttore sia Jon Spencer. Fuori da ogni logica commerciale è il ritmo di una band che ha un'eredità, un suono senza tempo di un gruppo intrappolato negli anni in cui il Blues andava urlato.
Skin Suite non è un album perfetto, con il difetto principale di canzoni che sono state pensate per un contesto live. Ascolteremo meglio quando, a fine pandemia, ritorneranno sulla strada con i loro spettacoli punk non appena il distanziamento sociale lo permetterà.
Waxahatchee, Saint Cloud
Katie Crutchfield, conosciuta anche come Waxahatchee con il suo quinto album rende omaggio alle sue radici sudiste.
La “triste ragazza rock“, l'etichetta che si era guadagnata con i suoi precedenti dischi sta cambiando, finita l'adolescenza ora musicalmente si alza l'asticella e i suoi testi sono diventati più raffinati.
Su “Saint Cloud”, la Crutchfield, ora trentunenne, sembra più a suo agio con se stessa non solo la voce ha un tono più morbido, ma anche la chitarra ha un suono più pulito e delicato.
Cesare de Stefano
Playlist
The best of the first six months of 2020 covid-19 year
https://open.spotify.com/playlist/1DLNAcFMn1eEvZ6Aixm0aa?si=f9UxIJ-nSaW4A4g7vgO0cA
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