I Miracoli metropolitani di Gabriele Di Luca

Miracoli metropolitani di Gabriele Di Luca

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Risate e riflessioni in oltre due ore di uno spettacolo di teatro popolare contemporaneo scoppiettante, che rapisce il pubblico grazie alla rappresentazione di vizi e cattivi pensieri dei numerosi personaggi, nei quali ciascuno spettatore può scoprire un aspetto di sé. Una cucina fatiscente in un sottoscala – dove un ex chef stellato, Plinio, è costretto a preparare pasti per intolleranti con prodotti di importazione cinese liofilizzati – costituisce la cornice all'interno della quale si svolge la rappresentazione di vita di questa varia umanità. Cibi speciali perché è solo nel consumo degli alimenti per intolleranti che l'umanità di Miracoli metropolitani concepisce e tollera l'esistenza della parola intollerante, mentre la realtà vede un pianeta che è diventato intollerante all'umanità, nei confronti della quale ha una crisi di rigetto che si concretizza vomitando il contenuto delle fogne nelle strade.

Tutto nel mondo di Miracoli metropolitani si ammanta di intolleranza: il governo è intollerante con i migranti ma nasconde questo dietro parole come “censimento” e “gestione”; le parole dei protagonisti tradiscono intolleranza verso gli omosessuali, i migranti, i diversi. Miracoli metropolitani è – per dirla con un anglicismo – una dramedy; la battuta del comico scatena la risata e attraverso questa fa comprendere la tragedia dell'esistenza. Una pièce teatrale che offre tanti spunti di riflessione.

Il contesto socioeconomico in cui si snodano le vicende dei personaggi è l'esplosione del modello capitalistico, dalla quale si è scatenata una reazione autoimmune che attacca il suo stesso corpo. L'umanità si è sovralimentata, le fogne sono esplose, i quartieri della città sono coperti di liquami, la gente si è rinchiusa in casa; eppure, in ogni male c'è un po' di bene e la cucina che prepara pasti da consegnare a domicilio ha molti ordini, seppure – nella catastrofe – il modello capitalistico preveda che alcuni possano arricchirsi sfruttando la debolezza di molti ed il lavoro sottopagato degli ultimi. Il suicidio ed i riti della morte sembrano le uscite di emergenze di vite disperate, la bara è sia luogo di pace per chi non può convivere con la tragedia della sua vita, sia cavallo di Troia che consentirà di attraversare il buio per sbucare su un nuovo mondo.

Miracoli metropolitani di Gabriele Di Luca

I personaggi che animano la cucina sono in lotta; ciascuno ha – come Sisifo – un masso da portare in cima alla collina, un mito richiamato nella drammaturgia. Essi sono animati dai loro desideri che nella società capitalistica si consumano in sé stessi se non riescono a trovare un appagamento, un senso che vada oltre. Ciascun personaggio ha luci ed ombre, non esistono icone di virtù e non esistono mostri. Impossibile per gli spettatori non ritrovare qualcosa di sé stessi nei personaggi che danno vita alla rappresentazione.

La moglie di Plinio (Federico Vanni), Clara (Barbara Moselli) ossessionata dai social, dai follower, dai like, dai vestiti, è in cerca di rivalsa e successo personale. Igor (Federico Gatti), il figlio della coppia, è un ragazzo con problemi di sociopatia e vive la maggior parte del tempo rapito dal videogioco “affonda l'immigrato”. Patty (), anziana madre di Plinio, una comunista ex combattente armata, è disposta ad armarsi di bombe Molotov per combattere il governo, il quale – incapace di gestire l'emergenza fogne – dà la colpa agli immigrati e dopo averli obbligati al censimento li vuole rinchiudere in centri di “gestione”. Patty è una donna che nel corso della sua liberazione e della lotta per i diritti dei più deboli si è dimenticata di prendersi cura del figlio, desidera andare a vivere in una comune in nord Europa, ricerca una società ideale, inclusiva, dove nessuno sia escluso, che sia esso migrante o disabile. Patty richiama anche il tema del diritto all'amore e al sesso nella terza età quando si mostra interessata a Mosquito (Federico Brugnone), carcerato in semilibertà impiegato in lavori socialmente utili con il desiderio di fare l'attore. Poi c'è Cesare (Massimiliano Setti), aspirante suicida che per errore chiama la cucina invece del telefono amico e si ritrova, lui che dormiva in auto, ad essere coinvolto nella vita degli altri; ed anche Hope (Ambra Chiarello), lavorante etiope arrivata in Italia su un barcone con un viaggio durante il quale ha perso l'uomo che amava. Hope è l'unica ad avere problemi reali di sopravvivenza, mentre gli altri hanno problemi legati all'opulenza.

Ci sono anche altri due personaggi che partecipano alla partitura senza mostrare il proprio volto: Mohammed il rider, che allunga il braccio attraverso la finestra: ex professore universitario (nel suo Paese), costretto in Italia a lavorare per pochi euro e a fare consegne di cibo in una città invasa dai liquami, con un governo fascista che in una situazione drammatica catalizza l'attenzione sui migranti.

Una drammaturgia chiaramente politica, oltre che distopica, questa di Miracoli metropolitani, scritta da Gabriele Di Luca che con Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi ne cura anche la regia; una regia che deve gestire una scena complicata, affollata, scandita da battute veloci e uscite ed entrate di scena, personaggi ripiegati all'interno del proprio mondo e che ne rispecchiano anche – con i costumi ed il linguaggio gergale che utilizzano – l'ambiente cupo, sudicio, claustrofobico. A parte Clara, che invece è l'unica proiettata all'esterno e che si cura della propria esteriorità, dei propri abiti, di portare lo smalto, sempre con il cellulare in mano in perenne proiezione verso un altrove. Clara è anche l'unica che non dice parolacce; il suo linguaggio come tutto il suo essere aspira alla convenzione sociale come chiave per essere accettata tra le persone di successo.

Deve aver faticato non poco lo scenografo Lucio Diana per organizzare gli spazi ed i cambi scena in un ambiente affollato e ricco di eventi tra litigi e suicidi. Nota di merito per l'interpretazione di Clara da parte di Barbara Moselli, divertente, irritante, buffa, perfetta nell'interpretare la diffusa dipendenza dai social e dai rapporti che si costruiscono on line , divertentissima nella sua reazione superficiale quando – nell'intimità della loro stanza – Plinio le confessa di amarla nonostante l'odio che prova per lei; attualissima nel suo personaggio, inserito in un contesto dove tutto esiste se può essere postato, documentato, dove il nostro posizionamento politico è definito dai nostri post su Facebook, dove anche l' amicizia e l'amore sono virtuali. Tanto semplici i rapporti in rete – dove non esistono conflitti con i quali confrontarsi ogni giorno – quanto complesse le relazioni nella realtà della quotidianità.

Miracoli metropolitani ci lascia con la speranza di vite che possono anche scegliere la strada del bene e del fare, alla fine e ogni tanto, la cosa giusta. Come in una doppia partitura, dove il pubblico entra a far parte della drammaturgia, dopo gli applausi che gli attori raccolgono nel proscenio, è Massimiliano Setti ad invitare gli spettatori a postare su Instagram, per non illuderci di essere altro rispetto all'umanità che abbiamo visto in scena.

«Nel bel mezzo dell'inverno, ho infine imparato che vi era in me un'estate invincibile».
Albert Camus, Noces suivi de l'été (Algeri, 1938)
Paris, Gallimard, 1959, p. 170

Adelaide Cacace

Teatro Elfo Puccini – Milano
fino al 23 aprile 2023
Miracoli metropolitani
uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con (in ordine alfabetico) Elsa Bossi, Federico Brugnone, Ambra Chiarello, Federico Gatti, Barbara Moselli, Massimiliano Setti, Federico Vanni
musiche originali Massimiliano Setti
scene e luci Lucio Diana, costumi Stefania Cempini
produzione Marche Teatro, Teatro dell'Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini in collaborazione con il Centro di Residenza dell'Emilia-Romagna “L'arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale”

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