I Villeggianti, di Valeria Bruni Tedeschi

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Un mélange vivace e fertile, al contempo destabilizzante ed arricchente. Una commedia agrodolce che vira verso l'amaro e il dramma, passando per la leggerezza distratta e colta propria della regista, sceneggiatrice nonché protagonista , insieme a e .

Un film, sincero, autoironico, gentile e disperato, già presentato fuori concorso al Festival di Venezia, che racconta sorrisi, delusione, rabbia, segreti, relazioni amorose, risate, paure e desideri ambientati in un luogo protetto, che sembra essere lontano dal mondo e fuori dal tempo.

La storia si svolge in una bella villa con parco in Costa azzurra, dove, insieme alla sua famiglia, agli amici e al personale di servizio, Anna, la protagonista, trascorre da sempre le proprie vacanze.
Approda qui anche in questa ennesima estate, affranta dalla recentissima separazione da Luca (Riccardo Scamarcio). Nevrotica ed ansiosa di completare la scrittura del suo nuovo film, la sua intenzione è quella di trovare un po' di pace, ma ci riuscirà?!
La cosa si rivela nient'affatto semplice, in questo rifugio di frontiera, dove ciascuno degli ospiti, per proteggersi dal mondo è chiuso all'ascolto dell'altro e cerca di sopravvivere al mistero della propria esistenza.
Lo sguardo della regia sui personaggi rivela empatia e la convinzione che ognuno di noi sia spesso solo, mentre cerca di affrontare i piccoli e grandi problemi della vita: “I film che dirigo sono come capitoli di un'autobiografia immaginaria. Nella vita è difficile toccare la verità, grazie alla finzione mi sembra ci si riesca di più …”; ed ecco che in questa rielaborazione artistica di ricordi autobiografici, tracciata sulla complessità del dolore e sulla ricerca di un equilibrio, spicca la memoria delle estati passate in famiglia da bambina, in una lingua che ritorna alla mente come un alternarsi di francese ed italiano.
C'è il mare, il sole, il verde, una piscina, ma nessuno dei presenti riesce a sentirsi in vacanza.
Le rocce, gli alberi, la casa, tutto è là da sempre, quasi sospeso, immutabile, mentre gli anni passano.
Eppure nulla è ormai più come prima.

Il film racconta la solitudine di un gruppo di persone e le emozioni che ciascuno di loro prova, nonostante si trovi insieme agli altri.
La regista rievoca la presenza del fratello morto da qualche anno, recuperando un sogno fatto tempo prima, in cui lui dopo aver letto la sua nuova sceneggiatura le proibiva di girare il film. Da lì il suo interrogarsi sul fatto di avere o no il diritto di scrivere della propria vita e delle persone che ne fanno parte, facendo rivivere i propri dubbi ai personaggi, molti dei quali interpretati da suoi familiari e amici.
Le sue perplessità e le sue angosce di autrice rivivono soprattutto nel personaggio di Anna, alla quale chiede di ripercorrere i suoi passi: anche Anna come Valeria deve girare un film, anche lei riceve la visita del fantasma di suo fratello; tuttavia, neanche lei, nonostante i sensi di colpa e la paura, riesce a rinunciare al progetto del film, perché per entrambe il lavoro è un modo di attraversare la vita senza lasciarsi sopraffare dall'angoscia.

. Valeria Bruni Tedeschi e la piccola Oumy Bruni Garrell

La separazione, il lutto, sono i temi di fondo di questo film corale, in cui nevrosi, isterismi, disagi e frustrazioni si confrontano, si sfiorano, si annusano, si sommano, in una tensione goffa, confusa, inutile e persino assurda, ma tenace e vitale.
In scena una ricca famiglia che vive in un microcosmo apparentemente protetto dai problemi pratici di attualità, affrontati soltanto dalla servitù nel corso di accese e rivendicative conversazioni, incapaci, tuttavia di produrre gli effetti sperati.
Per regalare alle scene una naturale fluidità, l'autrice ha fatto precedere alle riprese un lungo periodo di prove, con l'intento di affiatare una squadra di attori di cinema e teatro e di persone che non avevano mai recitato e, insieme alla troupe, farli discutere delle scenografie, del testo, dei personaggi in modo da riuscire a cogliere anche momenti inattesi, lasciando, che alcuni eventi accadessero e che gli attori potessero muoversi liberamente anche modificando le scene scritte, senza cercare intenzionalmente la comicità, piuttosto lasciando che arrivasse, come naturale conseguenza.
Per ottenere ciò, ha dichiarato la regista, occorre non aver paura di cosa stride, né vergogna di quanto può esserci di cupo e crudo nel comportamento e nei pensieri degli esseri umani, né temere cosa li rende meschini, ridicoli oppure eroici e teneri.
L'atmosfera della vacanza in villa, richiama “La trilogia della villeggiatura” di Goldoni e la descritta modalità recitativa sembra ricollegarsi ancora prima, alla Commedia all'improvviso, praticata prima della riforma del teatro, promossa dallo stesso Goldoni, nella quale gli attori non avevano un testo scritto da studiare e da seguire durante le rappresentazioni, ma soltanto un canovaccio di base.

I villeggianti. Valeria Golino e Pierre Arditi

Devo ammettere che gli scenari mozzafiato mi avevano tratta in inganno, richiamandomi alla memoria “Un incantevole aprile”, di Elizabeth Von Arnim; stagione diversa, epoca diversa, certamente, ma stessa natura lussureggiante (la costa ligure e quella azzurra sono cugine) e medesima aspirazione a rigenerarsi da parte della protagonista: “E mi sembra […] che tutto questo non avrà mai fine. Ecco perché dovrebbe esserci una pausa, qualche interruzione ogni tanto, per il bene di tutto. Insomma, non sarebbe mica da egoisti andarsene, essere felici per un po', e poi tornare persone migliori, no? Tutti hanno bisogno di una vacanza dopo un po'.”
Tuttavia, mentre quelle protagoniste, immerse in una splendida villa a strapiombo sulla costa, dopo aver lasciato una vita a Londra grigia in tutti i sensi, subiscono una meravigliosa metamorfosi grazie alla villeggiatura in Italia, lo stesso prodigio non si compie ne “I Villeggianti”, dove la natura nulla può o quasi di fronte alle asperità della vita.
Intatto, invece, il sapore di Goldoni recuperato da un mio infantile ricordo in bianco e nero de “Le avventure della villeggiatura” nella versione trasmessa da Rai 2, all'epoca II canale, per la regia di Mario Missiroli; così come, ho riconosciuto l'eco contemporaneo di Gabriele Muccino, de “A casa tutti bene” e di Olivier Assayas, “Doublesvies – Il gioco delle coppie”.
Anche in questo caso l'emozione con cui si esce dalla sala è quella di una nota amara e dissonante, come del resto spesso sa essere la vita; “Nella vita non ci sono cose a effetto, né soggetti ben distinti: tutto è mescolato, la profondità e la meschinità, il tragico e il ridicolo” (Čechov).
Sabrina Mancini

I Villeggianti
Paese di produzione: Italia, Francia
Anno: 2018
Durata: 125 min

Regia: Valeria Bruni Tedeschi
Soggetto: Caroline Deruas
Sceneggiatura: Valeria Bruni Tedeschi, Agnès De Sacy, Noémie Lvovsky in collaborazione con Caroline Deruas
Produttore: Alexandra Henochsberg, Patrick Sobelman, Angelo Barbagallo
Casa di produzione: Ad Vitam, Agat Films & Cie – Ex Nihilo, BiBi Film Tv, Rai Cinema, France 3 Cinéma, Canal+, Ciné+, France Télévisions con il sostegno di CNC
Distribuzione in italiano: Lucky Red
Fotografia: Jeanne Lapoirie
Montaggio: Anne Weil
Musiche: Philippe Miller
Scenografia: Emmanuelle Duplay
Costumi: Caroline De Vivaise
Trucco: Francesca Piani

Interpreti e personaggi
Valeria Bruni Tedeschi: Anna
Pierre Arditi: Jean
Valeria Golino: Elena
Noémie Lvovsky: Nathalie
Yolande Moreau: Jacqueline
Laurent Stocker: Stanislas
Riccardo Scamarcio: Luca
Bruno Raffaelli: Bruno
Marisa Borini: Louisa
Oumy Bruni Garrel: Célia
Vincent Pérez: Jonathan Dickinson
Stefano Cassetti: Marcello
Xavier Beauvois: il produttore

 

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