
L'alba dell'America Latina oggi è, mai come prima, donna. Donna come un continente vivo, passionale, ricco di risorse ma allo stesso tempo povero di un'eredità di secoli di depauperazioni, ingiustizie, dittature subite grazie allo spudorato appoggio di potenze straniere.
Oggi questo grande continente sta cambiando il proprio destino e con esso, probabilmente, gli equilibri del mondo. Oggi il continente è l'esempio, il riscatto, il superamento doloroso di ciò che è stato: la rinascita nel segno nel progresso. Questo grazie all'affermazione politica di quelle forze, partiti e coalizioni, sensibili ai bisogni di quelle sterminate popolazioni, che finalmente intravedono all'orizzonte la certezza di poter decidere nella libertà il proprio futuro.
Nell'ambito di questa rinascita Dilma Roussef è il primo presidente donna del Brasile, il quarantesimo nella storia del grande colosso sudamericano. Non uno stato qualsiasi, non solo un grande paese, ma quasi un continente. Un mondo dove convivono uno sopra l'altro tutti gli strati della società, centinaia di etnie, ricchi, poveri, classe media, religioni ufficiali e sincretiste. E dove in questi giorni hanno votato in più di 135 milioni di cittadini suddivisi in 27 stati federali .
Economista, ex guerrigliera, due matrimoni e altrettanti divorzi alla spalle, la sessantaduenne Dilma, candidata del Partito dei Lavoratori (Pt) ed erede del presidente uscente Lula, ha vinto su Josè Serra, candidato del Partito Socialdemocratico. La nuova “presidenta” ha ottenuto quasi il 56% dei voti e con questo vantaggio, con questo consenso, dovrà governare.
E' lei che dovrà guidare il Brasile, ormai saldamente posizionato tra le potenze economiche mondiali, nelle sfide dei prossimi anni. Lo farà nella continuità del modello e nella non facile eredità del suo predecessore che, grazie a coraggiose scelte politiche e soprattutto economiche, ha inferto un deciso, profondo cambiamento nell'assetto industriale e sociale del paese che oggi viaggia a ritmi velocissimi verso il pieno sviluppo. Investimenti e relativo controllo dello stato nella industrializzazione e nelle politiche occupazionali hanno avuto come conseguenza un tasso di disoccupazione ai minimi. Basti ricordare che nel primo trimestre 2010 il prodotto interno lordo del Brasile è cresciuto del 9% e si prevede che il pil, su base annua, possa aumentare in totale nel 2010 del 6-6,5% [1].
A questo si dovrà aggiungere il completamento dell'opera che per motivi di tempo e per vastità dell'impresa lo stesso Lula non ha potuto portare a termine: il grande e atavico problema della infinità di favelas sparse in tutto il territorio a ridosso delle megalopoli come Rio o San Paolo; la lotta alla corruzione a tutti i livelli, amministrativo e istituzionale in primis; dare nuovo slancio alla moneta, il real, e attestarla ai livelli delle altre grandi valute mondiali di scambio, vincendo la battaglia contro quelle potenze economiche consolidate che vorrebbero svalutare le monete dei paesi emergenti [2].
Ce la farà Dilma, colma di quel misto di forza e tenerezza che solo le donne sanno dosare e regalare al prossimo. Ce la farà perché lei incarna la durezza, lo spirito di sacrificio, la vastità emozionale del grande Continente. Perché lei è un altro grande pezzo di quelle storia, di quella letteratura, di quel romanzo che sta ancora scrivendo l'America Latina.
Cristiano Roccheggiani
[1] www.step1.it
[2] www.ilsole24ore.com
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