
Il concetto di fratellanza nella tradizione ebraica affronta un tema centrale fin dai primi capitoli del testo biblico. Un rapporto complesso che si lega alla più ampia necessità di ripensare i rapporti all'interno della famiglia, all'interno delle singole tradizioni e nel rapporto fra culture diverse.
Quanto centrale sia per la comprensione del mondo contemporaneo e dei conflitti che lo agitano il tema della fratellanza, ce lo ricorda con forza e originalità il recente studio di Davide Assael Il concetto di fratellanza nella tradizione biblica dove – ed è bene precisarlo fin da subito – la tradizione ebraica non rappresenta il luogo all'interno del quale la questione viene semplicemente circoscritta, bensì lo spazio a partire dal quale essa viene pensata, coinvolgendo – ma forse sarebbe più corretto dire: caratterizzando quella che sarà la portata problematica della questione anzitutto nel mondo cristiano.
Fin dai primi capitoli del testo biblico, il tema della fratellanza si presenta immediatamente nella forma dell'opposizione e dello scontro, o meglio, e più duramente, di un rapporto che conduce alla soppressione violenta dell'altro: il fratricidio. La prima esperienza di fratellanza si conclude, com'è noto, con l'assassinio di Abele per mano di suo fratello Caino. Assumendo questa complessità costitutiva, l'analisi di Assael affronta il problema partendo dalla vicenda narrata nel Genesi dei due figli di Isacco, Ya'akov e ‘Esaw.
La scelta non è affatto casuale, poiché il rapporto tra Giacobbe ed Esaù è una delle tappe fondamentali del percorso identitario di Israele. Non a caso, proprio in seguito alla celebre lotta con la strana figura apparsa durante la notte (un angelo?), Giacobbe sarà chiamato Israel: perciò, proprio da quella lotta, nasce Israele. Il rapporto Giacobbe-Esaù diventa pertanto paradigma nella narrazione biblica del rapporto di fratellanza, sia nel primo che nel secondo Testamento. E difatti, proprio questo stesso nesso che nella tradizione ebraica indica, come abbiamo già accennato, la nascita del percorso identitario di Israele, la sua più autentica vocazione, il proprio ‘ethos', viene utilizzato nella tradizione cristiana come il segno del ribaltamento del rapporto tra l'antico e il nuovo Israele, ossia la comunità cristiana. La ‘predilezione' per Giacobbe su Esaù diventa l'“inveramento” della predilezione del nuovo Israele sul ‘vecchio'. Il valore dirompente di questa mossa che rende il primo fratello subalterno al secondo, non è implicito o desumibile da una specifica interpretazione della letteratura neo-testamentaria, ma è esplicitamente affermato da Paolo nell'Epistola ai Romani: «Il maggiore sarà sottomesso al minore, come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù» (Rm, 9. 12-13).
E proprio a partire da questo quadro problematico, mantenendo costantemente lo sguardo sulla duplicità di piani che si moltiplicano e ribaltano costantemente, Davide Assael intraprende la propria ricerca, esegetica e filosofica. Aspetto estremamente positivo e originale del testo che si presenta certo come uno studio a partire da specifici concetti biblici, ma che va ben oltre le rigide categorie ‘disciplinari' che troppo spesso vengono evocate per perimetrare ambiti, in quanto tali, non perimetrabili. Dove, perimetrare, ridurre, indicare dei limiti disciplinari, significa solo sottrarsi dal porre problemi con la dovuta radicalità che meritano. Che l'autore del libro padroneggi con autorevolezza e padronanza i testi, i commentari e le fonti di cui si serve – in particolare quelli della tradizione ebraica di cui fa larghissimo uso nella prima parte del libro e poi quelli dei commentatori cristiani da Origene a Lutero e Calvino nella seconda parte – è assai evidente anche a un occhio poco esperto. Seguendo l'evoluzione storica del concetto di fratellanza nelle diverse figure e nelle forme con cui esso via via si presenta nella storia delle interpretazioni ebraiche e cristiane, Assael non perde mai d'occhio l'elemento portante a cui l'intero libro sottende, un fil rouge che segue l'intero itinerario speculativo del suo studio, ossia il problema del limite così come esso si presenta all'interno dell'etica ebraica. Perché fratellanza è richiesta di un‘giusto' (e qui da intendersi proprio nella forma che evoca l'idea di giustizia, in ebraico tzedakà) limite. In opposizione all'idea cristiana di universalismo come superamento di ogni limite (il limite della legge, della nozione di popolo, di ogni ‘frontiera' escatologica) su cui la storia dell'Occidente ha costruito la propria nozione di spazio del ‘politico', l'etica ebraica – proprio attraverso la travagliata e inquieta esperienza del percorso identitario a partire dalla fratellanza – impone, secondo l'autore, di interrogarsi sul senso e sul valore del concetto di limite. Scrive Assael in uno dei passaggi più intensi del suo lavoro: «l'etica ebraica propone, così, un modello relazionale fondato sull'idea di limite. Per antisemitismo si deve intendere appunto questo: il tentativo di abbattere il limite. Un limite, che, […] può essere attaccato da due parti: da sinistra, col tentativo di assimilare di Labano, archetipo di tutti gli sguardi universalistici, e da destra, col ritorno delle pulsioni di gerarchia, possesso e genealogia simboleggiate dalla figura di Esaù. E piuttosto che contraddire gli ideali universalistici di partenza, il limite è ciò che consente di concretizzarli, evitando che si riaffacci l'immagine del mabbul, termine tradotto con “diluvio”, ma che indica la caduta delle acque dall'alto e l'emersione delle stesse dal basso a sottolineare la perdita del discernimento, riacquisito con la vista dell'arcobaleno, dove i colori sono distinti e separati l'uno dall'altro. Sfuggendo al principio di non contraddizione, il pensiero ebraico individua un approccio relazionale che tenta di tenere insieme istanze apparentemente antitetiche come gli ideali universali e l'idea di un limite che sembrerebbe amputare la loro portata. Uno schema che, a buon diritto, potrebbe essere definito un universalismo con limite».
Molte sono le questioni che il libro pone al lettore e sotto differenti punti di vista. Ne vorrei indicare almeno una. È fuori discussione che la definizione proposta da Assael, quasi ossimorica, di universalismo con limite corrisponda chiaramente un'esigenza del testo biblico di cui l'autore scorge tutta l'urgenza – oserei dire, drammatica – nel nostro tempo, se proprio il nostro presente attesta il fallimento di ogni modello multiculturale. Universalismo come assimilazione, prima di tutto del principio assimilatorio che sta alla base – che lo si voglia o meno – di ogni paradigma multi-culturale. E tuttavia, Assael è ben consapevole anche della fragilità di questo limite che non solo rischia di essere superato da entrambi i lati, ma rischia anche di ripresentarsi come un ‘assoluto', ossia: come un universale tout court. Chi pone il limite? Chi lo tutela? In forza di chi o cosa esso dovrebbe sussistere e mantenersi? Se ci si fermasse però a questo livello, non si renderebbe giustizia dello sforzo esegetico e teoretico che l'autore intraprende. Poiché Assael sceglie la via più ostica, la più stretta. Limite e universalismo non sono due termini antitetici, ma l'uno sussiste con l'altro, l'uno diventa riduzione dell'altro. Quale universalismo, perciò, che sia davvero tale, può tollerare questa intrinseca limitazione, questo essere perimetrato dal proprio ‘altro'? Per restare alla narrazione biblica: quale amore ri-costituisce il rapporto di fratellanza tra Giacobbe ed Esaù, l'abbraccio dopo la lotta, in cui – ciascun fratello – ama del ‘proprio' amore l'altro, senza subordinarlo all'amore-nomos del vincitore – il fratello più amato –, nel rischio mai davvero scongiurato dell'impossibilità di quell'abbraccio? Se il limite diventa un «punto di concentrazione di un orizzonte etico», poiché circoscrive «il luogo di formazione dell'identità», cosa ne è del retaggio di questo limite quando esso viene, inesorabilmente, oltrepassato? Se il limite diventa solo origine identitaria, quale peso dovranno giocare questi percorsi identitari all'interno dell'orizzonte plurale del loro incontro? Sono alcune delle questioni che questo libro denso e complesso non esime dal porre.
Giacomo Petrarca
Davide Assael
Il concetto di fratellanza nella tradizione ebraica
Ed. Centro Studi Campostrini 2014
euro 15
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