
Almeno la coreografia del finale del Tour de France è stato all'apice della spettacolarità. Come ultimo, miracoloso recupero di un evento sportivo complessivamente non del tutto esaltante.
Mi riferisco alla premiazione dei vincitori sotto un arco artificiale, che ha funzionato come un cannocchiale infinito, che traguardava gli immensi Champs-Élysées e sullo sfondo l'Arco di Trionfo, che sembrava suggellare tutto. Una scenografia impareggiabile, che è rimasta nel nostro immaginario come il ricordo conclusivo più bello. Tutto il resto quasi sparisce.
Dietro uno dei tramonti parigini più belli. Come sempre del resto.

Credo che gli organizzatori del Tour facciano un vero e proprio calcolo matematico per azzeccare il giusto tramonto dietro la premiazione, dietro i Champs-Élysées, dietro l'Arco di Trionfo. Soprattutto dietro i vincitori. Maglia gialla, che brilla di più davanti al tramonto parigino; maglia verde; maglia a pois; maglia bianca.
Chi non ha nella propria mente l'immagine di Vincenzo Nibali, timido e impacciato sul primo piano di questo grande effetto scenico, comunque avvolto nel giallo, del tramonto parigino? O l'immagine del grande Pantani tutto giallo? O di Felice Gimondi, e, sempre più sbiaditi, i ricordi di Fausto Coppi e Gino Bartali?
E noi quale ricordo abbiamo dei nostri finali dei vari Giri d'Italia? Meno, molto meno. Una coppa ad elica svasata bellissima e una nuvola di coriandoli rosa. Basta!
Dietro un bel palcaccio in tubi Innocenti con un sfondo tappezzato di sigle pubblicitarie o disegni banali. Nessuna grande scenografia per il Giro d'Italia, o per la Bella Italia.
Dietro il più delle volte c'e la piazza Duomo di Milano, con la sua Galleria fantastica. Ma nessun cannocchiale scenografico guarda le nostre Opere impareggiabili.
Quando il Giro d'Italia è arrivato all'Anfiteatro di Verona o a Roma forse lo stesso baldacchino in tubi Innocenti!
Mi verrebbe tanta voglia di dare un pugno sul naso (virtuale) agli organizzatori del Giro d'Italia, che non hanno in nessun modo a cuore la manifestazione finale, soprattutto in chiave di esaltazione nazionale.
Non voglio pensare che siano presi dal solo aspetto tecnico, con tutti i Processi alle tappe, dibattiti ed altro, ovvero perché succubi della prepotenza degli sponsor, a detrazione della valorizzazione del contesto territoriale nazionale.
Allo stesso modo penso al povero Vincenzo Nibali, che per due anni ha dovuto correre con una sola banda tricolore pettorale. Come ha fatto quest'anno Fabio Aru ad imporre una maglia totalmente tricolore?
Eustacchio Franco Antonucci
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