
Mi devo necessariamente ripetere. Anche la 13ª tappa del Giro d'Italia del Centenario è andata ancora una volta ad un corridore straniero (13 su 13), Fernando Gaviria. Si avete capito bene. La quarta vittoria del corridore colombiano, che, con un sorpasso da brivido, accanto alle transenne di destra, ha bruciato tutti con una velocità da saetta. Pur arrivando dalle retrovie.
Intanto siamo arrivati al 60% circa di Giro d'Italia-Centenario offerto al ciclismo straniero. E la classifica resta saldamente in mano a Tom Dumoulin con 2'23” di vantaggio su Nairo Quintana.

Ragazzi, comunque dobbiamo ammettere che è nato un nuovo velocista, fortissimo, tipo Robbie McEwen di un tempo, che promette di conquistare la scena delle prossime competizioni, senza tante preparazioni tipo trenini o altro. Contando solo sulla velocità della luce propria. Quella che, come dicono, deforma il tempo. In questo caso delle ere ciclistiche.
Non mi azzardo a pronosticare quanto sia il suo tempo lungo, perché, a differenza di qualche decennio fa, i velocisti si bruciano molto più velocemente.
Siamo contenti che ha vinto un giovane corridore di fresco e sicuro talento. Ma ci dispiace che gli Italiani non si vedano. Il rammarico non è momentaneo, dovuto a sfortuna o circostanze sfavorevoli, ma, al contrario, si fa strada il convincimento che il ciclismo italiano è in una fase di crisi vera e propria, in tutti gli ambiti delle specialistiche ciclistiche. Speriamo non riguardi il settore degli scalatori, e, soprattutto la capacità residua di vincere i grandi “Giri”.
Fabio Aru, sfortune a parte, sembra appannato, e/o in decadenza anticipata, Nibali ondeggia tra alti e bassi preoccupanti. Dietro di loro non c'è nessuno in vista.
Sottolineiamo che Fernando Gaviria viene dalla pista, quella che il ciclismo italiano disdegna, come abbiamo osservato in un precedente commento.
L'unico grande Velodromo italiano è rimasto il Maspes Vigorelli di Milano, che, però è semi-coperto, con un'attività a singhiozzo o nulla, e solo con un progetto di ristrutturazione prossima. Che presenta un grande punto interrogativo. Gli altri Velodromi italiani sono di livello medio-basso. Non adeguati a sostenere il grande ciclismo.
Anche per questo motivo, non tanto secondario e circoscritto, il più affascinante sport a due ruote rischia di rimanere al palo, o cadere in crisi profonda. Lunga?
Eustacchio Franco Antonucci
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