Il Giro del Centenario altrui continua: 15 su 15.

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Per amore delle statistiche diciamo subito che le tappe andate fuori Italia sono 15 su 15, circa il 70% del totale.
Però diamo merito al merito. Il primo a tagliare il traguardo di Bergamo dopo la discesa da Bergamo alta è stato Bob Jungels, il giovane olandese in maglia bianca regolando un gruppetto di buoni ciclisti, tra i quali il nostro , che ha provato, in ultimo, a dare una grande impennata, per ora solo simbolica, per chiarire a tutti che “Lui c'è“, come hanno detto i commentatori. Noi preferiremmo che ci fosse davvero, in modo più sostanzioso e continuo. Per lui e per il ciclismo italiano in affanno, proprio nella corsa rosa del Centenario.
Ma, chissà, dopodomani al Mortirolo e allo Stelvio Nibali potrebbe smentire tutti, dimostrando che fino ad oggi ci ha preso tutti in giro, dando miccia a stratosferici fuochi d'artificio. A sorpresa. Certo tutti sarebbero felici di essere smentiti.
Comunque più di tutti oggi ha meravigliato Quintana, che, dopo essere caduto ed essersi fermato nuovamente per cambiare bicicletta, è rientrato mantenendosi nel Gruppo di testa per poi entrare nel gruppetto finale, addirittura sprintando per il secondo posto (e guadagnando 6 secondi di abbuono).
Dumoulin, ovviamente, era lì presente ed imperterrito.
Dobbiamo comunque riconoscere che lo scatto finale di Nibali – ha il merito di aver selezionato il Gruppetto finale -, è avvenuto nonostante la difficoltà in una tappa velocissima, che di più non si poteva.
Forse anche per questo potremmo perdonare il solito atteggiamento delle corse attuali, dove non si smette di fare tattica solo guardandosi negli occhi. La sorprendente velocità collettiva oggi consigliava, infatti, di non mollare le posizioni.
Ai margini delle strade del Centenario la folla è oceanica. Segno che almeno loro lo considerano un Giro speciale, o forse perché il pubblico italiano si sta sempre più internazionalizzando.
Si nota anche una eccezionale e crescente correttezza da parte degli spettatori italiani. Nonostante i nostri ciclisti non stiano dando in questi giorni grande prova di supremazia. Ci deve essere riconosciuta grande obiettività sportiva. Che, in realtà, è frutto della nostra grande storia ciclistica.
Eustacchio Franco Antonucci

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