
De colpi tu me n'hai mannati tanti / Ma sto mejo de prima e vado avanti / Sulla mia strada senza benpenzanti / Me trovo mejo ‘nsieme coi pezzenti. / Noi semo svergognati e miscredenti.
Così si apre Fiore de Niente la title track del terzo album, liriche in dialetto romano che contribuiscono a dare forza alla scelta di campo della band che, pur cosciente delle disillusioni a cui siamo costretti, non si tira indietro per abbattere muri. E non si accoda alle mode e al perbenismo.
Non c'è bisogno di andare oltre il primo ascolto del disco per capire che le tredici tracce che lo compongono sono un intreccio artistico delicato e potente allo stesso tempo, di note e testi.
E così che il combat folk che caratterizza la storia musicale de Il Muro del Canto è ora aperto costantemente ad altre immissioni sonore come accade in Gnocchi Rossi, dove un lento e fangoso blues che, dopo un attacco di chitarre strazianti, procede nel racconto di una storia d'infanzia di educazione cattolica, con la calda profonda e melodiosa voce di Daniele Coccia.
E così la canzone parlata con la voce narrante di Alessandro Pieravanti, sostenuta da delicati tocchi di chitarra acustica e poco altro. Un racconto dalla poetica alta, forse grazie alla forza espressiva del dialetto romano, nonostante il realismo di una Domenica a Pranzo da tu Madre che con una coda strumentale di chitarre ad alto volume e un violino chiudono degnamente questo testo che meriterebbe una versione teatrale.
E così la cavalcante Venerdì, un rock con inclinazioni a tratti western dedicata alla liberazione (per poche ore e illusoria) dal lavoro nel fine settimana:
Stanotte se smette de piove / Te porto de fori a ballà / Me metto er vestito migliore / Vojo dimenticà.
La notte de st'urtimi giorni / È stata fredda e più dura che mai / Me metto er vistito migliore / Vojo dimenticà.
E così quella canzone d'amore dal sapore pop egli anni Sessanta bellamente accostato a musicalità moderne La neve su Roma. Cambi continui di approccio dall'avvio tristemente lento alle aperture della ritmica e a tutti gli strumenti sempre con i toni della ballata nostalgica e sempre con la voce di Daniele ancora da primo piano.
E così Figli come noi ritmo da protesta, opposizione dedicata tutti coloro che troppe volte sono stati vittima degli abusi degli uomini in divisa e a chi non può dimenticare il dolore per un una barbarie insensata. Un ritmo da palco che si chiude con una splendida fisarmonica che sembra lasciare qualche barlume di speranza.
Sò morti sopra a brande d'ospedale / Sò morti pe' la strada e all'autogrill / Il braccio armato dello Stato infame / Senza chiede scusa l'ha lasciati là. / Erano poco più che ragazzini / Erano tutti figli come noi / C'hanno lasciato tanto da lottare / Le lacrime de ieri sò rimaste qua.
E così dopo L'Ammazzasette (2012) Ancora Ridi (2013) Daniele Coccia (voce e testi) Alessandro Pieravanti (percussioni, batteria e voce narrante), Ludovico Lamarra (basso elettrico), Eric Caldironi ( chitarra acustica e pianoforte), Giancarlo Barbati Bonanni (chitarra elettrica e cori) e Alessandro Marinelli ( fisarmonica) sono usciti alla grande dalla capitale che in questo caso è rappresentativa dei nostri tempi.
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione
genere: combat folk
Il Muro del Canto
Fiore de Niente
etichetta: GOODFELLAS
data di uscita: 4 Marzo 2016
durata: 45:50
brani: 13
cd: singolo
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