Il Progetto Gemma per l’autismo, ne parliamo con Dario Siniscalco

il blu autismo

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Nel mentre la ricerca procede verso gli approfondimenti che gli studi sull' esigono, nascono parallelamente altre iniziative meritevoli di gran considerazione che possono aiutare su più livelli. Il tutto diventa prezioso se si considera che le dimensioni del disturbo (Autism Spectrum Disorders – ASD) appaiono in considerevole aumento.

Secondo le stime del Ministero della salute in Italia sono 1 bambino su 77 ( 7-9 anni) gli appartenenti alla “ terza infanzia” che presentano disturbi riconducibili allo spettro autistico [1]. Nel mondo la stima prevede 1 bimbo su 59 con i dati che mostrano, rispetto agli anni '60, aumenti fino a 40 volte, mentre l'incidenza dei casi riportati per alcune nazioni a titolo di esempio, rivela di quanto il problema possa essere sentito ogni qualvolta si pensa di generare una discendenza soprattutto nelle famiglie che hanno già avuto casi affetti da questo disordine. Negli Stati Uniti il disordine autistico è stimato in presenze che vanno da 1 a 54 nei bambini di 8 anni, sale fino a 1 a 160 in Danimarca e Svezia mentre 1 su 86 sono le stime in Gran Bretagna.

La complessità delle problematiche in cui si incorre quando un bimbo manifesta disturbi sul suo sviluppo neurologico partono da una diagnosi corretta e precoce che però non può fondarsi su sistemi diagnostici standardizzati o strumentali ma solo sull'osservazioni di tipo comportamentale. A questo si è aggiunta la considerazione che possono incidere cause legate a familiarità (rischio aumentato di dieci volte) ma pure ipotesi di problematiche legate a presenze di alterazioni legate all'insieme di microrganismi che risiedono nell'intestino. Altra ipotesi sulla quale si sviluppano studi che si spera traccino una strada che consenta un maggiore approccio all'attenuazione delle manifestazioni è quella relativa alle mutazioni del gene mTOR ed alla sua attività di regolatore sulla sintesi proteica ed alle anomalie in sede sinaptica riscontrate nelle sindromi autistiche. Ovviamente bisognerà anche vedere come le situazioni ambientali interferiscano nei comportamenti fino alle espressioni fenotipiche che si generano attraverso le interazioni tra le mutazioni geniche nelle sequenze coinvolte e l'ambiente. La diversa incidenza del disturbo nelle varie nazioni suggerisce infatti proprio di indagare su come i fattori ambientali possano essere coinvolti ed in quale “peso” possono avere responsabilità.

Uno studio del quale poter parlare per illustrare il percorso e quanto ottenuto nelle attività finora intraprese è il progetto denominato Genome, Environment, Microbiome, Metabolome in Autism (GEMMA – www.gemma-project.eu ) [2], che vede capofila la Fondazione EBRIS (European Biomedical Research Institute of Salerno) ed il prof. Alessio Fasano direttore del Center for Celiac Research and Treatment e del Mucosal Immunology and Biology Research Center dell'Harvard Medical School. Questa associazione tra Fondazione e Centri di Ricerca sfida le attuali conoscenze per approfondirle fino a cercare i meccanismi di insorgenza dei disordini per poterli diagnosticare precocemente fino a ridurne la sintomatologia ed a prevenirlo. Le ipotesi sulle quali si cercano conferme riguardano la possibilità di valutare la composizione del intestinale in relazione al progredire dell'autismo. Quindi tentare di individuare bersagli terapeutici in modo personalizzato da colpire per il loro trattamento terapeutico. I soggetti reclutati, preziosi per il progetto, sono bambini nella primissima infanzia che hanno una certa predisposizione al rischio di sviluppare disturbi autistici. Si tratta cioè di bimbi che hanno fratelli o sorelle autistici che hanno quindi una maggiore probabilità di svilupparlo anche loro.

Il responsabile del progetto reclutamento GEMMA è il prof. Dario Siniscalco, Chem.D., Ph.D. del Dipartimento di Medicina Sperimentale, divisione di Biotecnologia, Biologia ed Istologia Molecolare dell'Università della Campania “L. Vanvitelli” con sede a Napoli.

Abbiamo chiesto al prof. Siniscalco lo stato dell'arte sul progetto Gemma.

Lei e il suo gruppo avete avuto difficoltà nel reclutamento e se il numero è stato sufficiente per avere qualche dato significativo.
Si, in effetti abbiamo avuto delle difficoltà nel reclutamento dovuto sia alla situazione Covid che ha fortemente rallentato il processo, sia alla natura stessa dello studio, ovvero reclutare famiglie in cui ci sia un soggetto autistico ed un altro bambino/a entro l'età dello svezzamento (o che la famiglia sia in attesa di un nascituro).
Il numero, grazie anche al reclutamento effettuato dagli altri centri partners: il Massachusetts General Hospital negli Stati Uniti ed il NUI Galway in Irlanda, è sufficiente per una prima analisi; difatti i primi campioni sono stati spediti ai centri di ricerca partners del consorzio che partecipano a GEMMA.
Ricordiamoci che questo progetto ha un numero ambizioso: reclutare 600 famiglie tra Italia, USA ed Irlanda.

Alla luce dei dati tuttora elaborati esiste una possibilità di esprimere previsioni sugli esiti della ricerca?
Non ancora, in quanto ora i centri di ricerca partners si avviano a studiare i primi campioni.

Cosa si augura che emerga alla conclusione di tutte le valutazioni del progetto GEMMA?
Ci auguriamo che siano indicati dei biomarcatori di diagnosi di insorgenza precoce dell'autismo. Infatti, lo studio seguirà questi bambini dall'inizio della loro vita, e in qualche caso fin dalla gravidanza, per tre anni, più due di intervento sui soggetti che eventualmente svilupperanno l'autismo. Saranno studiate decine di variabili ambientali, quali: lo stile di vita della mamma in gravidanza, le modalità della nascita – parto naturale o con taglio cesareo – l'allattamento, l'alimentazione, le eventuali infezioni, i vaccini e l'uso di antibiotici, l'ambiente di crescita se cittadino o rurale. In questo modo avremo a disposizione una mole enorme di dati clinici e molecolari utili a comprendere l'insorgenza del disturbo. Non solo, lo studio potrebbe individuare anche dei biomarcatori utili come potenziali targets farmacologici in chi ha già l'autismo.

I lavori che si stanno ipotizzando sulle mutazione del gene mTOR secondo le sue valutazioni possono aiutare a segnare una strada per il miglioramento dei disturbi di natura autistica? Quanti potrebbero esserne interessati? Quanto l'ambiente in cui cresce il fanciullo può avere responsabilità connesse ai disturbi?
Si, grazie alle recenti acquisizioni scientifiche, l'interazione tra geni ed ambiente, o epigenetica, sembra essere la causa dell'insorgenza degli ASD. Il gene mTOR, controllando la sinaptogenesi con il meccanismo di “pruning” [3], riveste un ruolo importantissimo negli ASD, basti pensare che in tutti i modelli animali, seppure presi con cautela in quando l'autismo è fortemente connotato “human-based”, si riscontra un aumento della densità sinaptica negli animali “autistici”.

Può segnalare, secondo la sua esperienza, se vi sono altre direzioni meritevoli di essere esplorate per la risoluzione di questo disturbo? Vuole esporcele seppur siano ancora lontane dal dare definitiva concretezza?
A mio parere, una disregolazione della comunicazione molecolare/cellulare tra il sistema immunitario ed il sistema nervoso è fortemente responsabile degli ASD. La forte connotazione pro-infiammatoria che si riflette anche sul microbiota e sull'interazione cervello-intestino è un'altra direzione di ricerca importante. Il progetto GEMMA proverà a dare risposte anche su questi punti.

Emidio Maria Di Loreto

[1] https://www.salute.gov.it/portale/saluteMentale/dettaglioContenutiSaluteMentale.jsp?lingua=italiano&id=5613&area=salute%20mentale&menu=autismo

[2] https://www.ebris.eu/wp-content/uploads/2020/12/Ebris20-depliant-mail.pdf

[3] Pruning sinaptico: sfoltimento delle sinapsi che normalmente avviene, nella fase di accrescimento del Sistema Nervoso Centrale,  tra infanzia e pubertà. In questa fase di “potatura” sinaptica sia l'assone che il dendrite muoiono nelle connessioni ritenute inappropriate.

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