
Di fronte al rallentamento dovuto ad incertezza da panico dell’attuale contemporaneità globale, in particolare a seguito di una serie di cataclismi dirompenti che incombono, ed ai quali noi reagiamo solo con l’endemia di una “emergenza infinita”, sembra che stia riprendendo vigore la voglia di una ripresa di “espansione mentale”, grazie, anche, ad una antica saggezza di tipo sciamanico. Una rediviva potenza mentale, moderata (senza fuoriuscite paranormali, non spiazzanti), compatibili con la cultura contemporanea, ora confusa. Superando lo pseudo “pragmatismo” di rimbalzo, intriso di “panico”, equivocando l’attuale concetto di “sostenibilità”.
Recupero di antichi/nuovi apporti emozionali, diversi ma buoni, frutto della stessa sapienza umana, anche se provenienti da antiche civiltà ritenute marginali, presenti in tutte le latitudini, che indicano un’abilità mentale ancora valida, profonda, dentro una sostenibilità essenziale di Natura. Contro il moderno miraggio consumistico insostenibile.
Non ci deve spaventare la parola Sciamano. Non si evoca nessuna magia occulta, mediatrice tra mondo umano e soprannaturale, fantasmi, defunti, strane divinità. Solo un modo per risvegliare capacità mentali non più utilizzate. Anche un ritorno alla idea di “speranza”. Che noi dovremmo meglio recuperare, considerato che siamo il Cristianesimo della “speranza”. Potremmo anche usare altri termini, con analogo intento di estensione mentale, per volare più in alto, visto che oggi le prerogative di utilizzo del nostro cervello sono basse. Come abbiamo fatto qualche decennio fa, quando, per rimpinguare la nostra sfera “illuminante”, abbiamo pellegrinato nell’India delle “illuminazioni”, per cercare nuove ispirazioni. Noi occidentali, ormai chiusi in una stretta razionalità da secoli. I Beatles, Alan Sorrenti… E le “bolle” della nuova comunicazione digitale, sui social o altro (Metaverso) sono o possono essere una nuova espansione meditativa?
Lo Sciamanesimo ha un analogo obiettivo per dischiudere il cervello. Con sistemi più congeniali ai tempi presenti, riportando la “fantasia” verso l’antica idea della Madre Natura. Non contestando, il progresso tecnologico, ma cavalcandolo con aria culturale natural-umanizzata.
Il malessere dell’era moderna è quella del disincanto, come ha detto il sociologo Max Weber (superamento delle illusioni), da sostituire con il termine più futurista di “incanto”, che sta dentro il mistero della Natura, come sostengono gli sciamani.
Cosi la saggezza delle società primitive (?) oggi ci appaiono in una luce diversa. Addirittura “moderna”. Tornano per ricordarci qualcosa di “perduto”. Loro che insegnano a noi. Si. Irrise fino a ieri, annullate dalla visione moderna avanzata (?), di una civiltà egemone e padrona di un Pianeta prima antico, ora vecchio, lasciato ai ricordi della sua primigenia. Storia ormai distorta, perché viviamo in un “presente” interminabile, che allontana la storia e offusca il futuro.
Gli Sciamani coltivano ancora un tempo “naturale”, che comprende tutto, passato e futuro, indicando una via “modernamente” antica.
Noi, civiltà avanzata, siamo ipnotizzati da una divinizzata economia globalizzata, sempre più allontanandoci dalla Natura, che non sarà mai globalizzata, bensì dinamica proprio perché differenziata. Non un corollario estetizzante, come ci ostiniamo a credere, a favore di “divaricazioni” razionali come invarianti auto-distruttive. Natura, che, invece, torna ad essere madre-matrigna. Madre quando la consideriamo “fantasia del meraviglioso” e matrigna, quando ci punisce per le nostre trascuratezze. Coltivando culture di “supremazia” di un popolo sull’altro, dell’Uom3 sulla Natura, comprese gli altri esseri viventi, esaurendo le ultime risorse per una esistenza che minaccia di diventare “sopravvivenza”. E allora?
Ingenuamente e superficialmente invochiamo qualche novità spirituale “in aiuto”, sperando che venga da fuori e non da noi, da una nostra antica/nuova anima senziente. Cerchiamo il sensazionale, che è vacuo. Non la “semplicità naturale” dei popoli “semplici”, dei loro “Sciamani semplici”, che evocano la semplicità dei “concetti semplici”.
Natura che semplifica l’anima e la mente nevrotica. Nuova capacità emozionale, nella speranza la dello “amore universale”, per spingerci in avanti come l’antico Eros greco (credo che l’Eros universale era solo un doppione di Natura universale).
L’arte sciamanica come Arte che incanta di nuovo, un “ritocco di gentilezza” per la società attuale, scortese con sé stessa e con l’alterità globale. Dipingere di “passione antica” orizzonti nuovi, ora intristiti da troppa tecnologia, nostra padrona da circa due secoli.
Ho conosciuto un bravissimo medico, riservato, tanto da non saper sgomitare nella selva della concorrenza. Sono diventato suo amico, per stima straripante. Sincero, corretto, gentile. Idealista, alla ricerca di nuovi tonnellaggi di spazio spirituale. Mi ha detto di essere impegnato in un suo personale studio parallelo, pacato, dell’antica arte sciamanica, per assimilarne l’ingenua potenza intellettuale naturale. Introspezione pura, meditazione, coscienza di sé e di quello che ci circonda, comprensione dell’animo umano, tutto dentro il suo rapporto umano e professionale “oltre”. Un medico alternativo buono.
Ho incontrato spesso altr* medic* virtuos*, che, spontaneamente ispirati, mi hanno visitato ed aiutato anche con il dialogo pre e post, richiamando in me la volontà psicologica. Un supporto, che oggi chiamerei, medico-sciamanico. Senza saperlo reciprocamente. Per imparare l’ascolto e il conforto estroflesso, con la forza dell’anima, oltre che corporea.
Dall’arte sciamanica prendendo il meglio, che è il “semplice moderno”, applicabile alla vita di ognun* e alla pratica medica in particolare, che tocca il corpo e l’animo. Esportabile a chiunque e ovunque, dove esistono relazioni allargate, quotidianità anch’essa meditata. Il mio amico medico è sinceramente religioso (cattolico), spesso impegnato in ritiri spirituali (estensione meditativa). Quindi non c’è nessuna intenzione deviante nell’intento di mediare ed ampliare la sua umanità laica. Estensione emozionale che è etica generale (ethos).
Mi è tornato alla mente il Libro di poesie religiose di Alda Merini (Mistica d’amore. Sperling & Kupfer, 2013; pagg. 448), dove avviene una mescolazione di esaltazioni del Cristo, usando parole dure e dolci, dubitanti trascendenti. Anche qui, senza deviazione, aumentando la capacità di esaltare l’anima religiosa. Oltre gli aspetti rituali meccanici. Distendendo lo spirito (Dio) e l’anima (laica), oltre la convenzione. La poesia di Alda Merini espande la sua sensibilità, in tutti i sensi. Non professa, ma incastra la poesia nella fede, che, per questo, cresce, avvicinandosi.
Può accadere anche con altri strumenti mentali, senza trasgredire. L’arte sciamanica è poesia antica, incastrata nella capacità relazionale crescendo. Prendendo di questa il puro meccanismo meditativo il “verso e dentro” della Natura in tutti i sensi. Tante forme di poesia, allora, per “crescere” ed espandersi. Dimostrare, così, la veridicità del grande assunto, non astratto : “poesia salverà il mondo”, anche quello della globalizzazione.
Così il tentativo del mio amico va verso lo spazio duale, plurimo, sempre in modo unitario, anche religioso, o laico, umani-professionale. Un esercizio spontaneo in tutte le direzioni ed espressività relazionali. Nel contempo generando “speranza” per sé e per chi dipende dalla sua arte medica. “Speranza”, prerogativa anche questa duale, plurima, unitaria, in modo analogo, più generale. Chiarezza di animo, anche quando scrive i suoi referti medici, leggibili, contro le calligrafie criptiche. Lo scritto che riconsegna tutto alla parola comprensibile, colloquiando con lo spirito. Un ciclo. La Medicina, del resto, è un ciclo vitale non più misterioso fatto di linguaggi criptici.
Non è più solo quella dei farmaci e solo chimici, è anche tutto l’universo delle terapia possibili. Fisiche mentali. Abbandonando le divaricazioni delle medicine alternative. Come una “Natura scientifica” o “Scienza della Natura”.
La “speranza” e il “dolore” i sentimenti più puri che esistano. Si fronteggiano o si confondono, anche nelle nostre capacità intellettuali. “Umanità aumentata” per “Natura aumentata”. Lo ripetono le popolazioni naturali, con antichi messaggi. Mente attiva appieno, superando le poche capacità mentali utilizzate. Dicono.
Il mio amico medico vuole volare “oltre”, “intersecando” tutti gli aspetti di vita. “Medicina intersecata” con “vita intersecata”. La missione dei medici coincide con la missione umana. Come me, che, da ingegnere recalcitrante, ho tentato di non farmi ingabbiare solo nei calcoli fisici-matematici, scantonando verso altre atmosfere. Anch’io intersecando ed aleggiando verso nuvole di Arte, Architettura, Urbanistica, Filosofia, Poesia, eccetera. Non come pianeti alternativi, ma inclusivi. Senza rinnegare la cultura delle specificità. Ampliando e connettendo la sfera personale. Non “opponendo”, ma “ad addendum”. Un puzzle ad “incastrare” pezzo per pezzo, per un’immagine finale a sorpresa. Magari frutto anche di antiche saggezze. Come per me sono state il mistero iniziatico della pura filosofia greca. Riscoprire eteree sapienze e capacità che in passato erano nostre a tutto tondo, e che ora, nel fumo tecnologico, abbiamo sezionato, e che potremmo ancora riattaccare. Anche con Arti simil sciamaniche modificate, con una “forza psicologica e spirituale” interconnessa.
Un’arte sciamanica addolcita da moderne allegorie, fedeli alla nostra tradizione culturale.
Aiutati, ancora una volta, dal cielo stellato, che è sempre lo stesso e che guardavamo una volta con stupore, come specchio del nostro mondo simbolico. Un cielo trapunto di nuove favole, riaccendendo “creatività e fantasia”, che non sono la stessa cosa. Ma complementari. Lontano dalle pratiche quotidiane ripetitive, per salire più in alto che si può. Nella stratosfera dell’intelletto.
Noi moderni sciamani, dalla sfera individuale a quella collettiva, quindi a quella universale, trascendendo ogni fisicità scientifica, oggi nuova divinità. Una espansione intellettuale spirituale, anche auto-guaritrice, attenuando il “dolore” anche cosmico. Rientriamo nelle nostre “foreste”. Il mio amico medico mi ha suggerito di praticare costantemente e lontano dai miei picchi di salute irrequieta o dei miei stress ripetuti, innocenti esercizi minimi di meditazione e/o di training autogeno, imparando l’essenziale. Per allenare l’anima inquieta, verso una vita più dolce. Senza sconfinamenti impropri. E non come “ultima salvezza”, quando tutte le luci sembrano spente. Ritorniamo alle parabole.
Ho cercato qualche riferimento singolare insito in alcune popolazioni etniche, cosiddette “arretrate” (che tali non sono), eredi di saggezze antiche tramandate, intrattenute da intramontabili rapporti “naturali”. Concatenamenti inascoltati dalle cosiddette società contemporanee, incastrate nelle città incongruenti ed ormai solo “spettatrici” di effetti naturali.
Esempio interessante è quello della Etnia amazzonica Runa, ai confini con l’Ecuador, nella zona della conca dell’Alto Napo (una etnia di circa 15.000 unità, in un territorio vastissimo). Riferimento puntualmente circostanziato dall’Antropologo Eduardo Kohn [Come pensano le foreste. L’antropologia oltre l’umano – Edizioni Nottetempo, 2021]. L’esperienza di Kohn entra nella sensibilità vitale dei Runa (sopravvivenza “naturale”), in simbiosi diretta con la Foresta amazzonica, ecosistema tra i più complessi del pianeta. Dalla quale i Runa traggono la loro filosofia in senso antropologico “sciamanico” (spirituale, mentale), trasferibile ovunque. Anche delle nostre grandi società cosiddette avanzate (fin troppo). Kohn riconsidera gli stessi fondamenti dell’Antropologia generale, ridiscutendo alcuni concetti sull’antropocentrismo, con una nuova moderna sensibilità dell’umano, dentro il più complesso rapporto con le altre forme di vita, animali e vegetali. In sintonia con la Carta mondiale della Natura, ”l’umanità parte della Natura…la Civiltà dentro le radici nella Natura”. E con l’Unesco quando afferma: la “diversità culturale” umana è essenziale quanto la “biodiversità”, unità imprescindibile della “Natura” complessa. Con la considerazione triste che è proprio l’Umano ad incidere, positivamente/negativamente sulla biodiversità. Senza considerare le intrinseche divaricazioni interne allo stesso genere umano, tra ricch* e pover*, potent* e subaltern*, tra un popolo e l’altro del “primo, secondo, terzo mondo”.
La biodiversità non è, per suo conto, analoga. È immersa nel profondo della Natura, dalla quale, per ora, il genere umano è fuori, come spettatore, critico ed “agitatore”, allontanandoci, per giunta, dallo “spettacolo” vero e proprio, deturpando il teatro-contenitore planetario. I cataclismi vari e i mega-fenomeni globali, sono le prime condanne cosmiche. Solo l’unione scenica delle parti fanno la rappresentazione perfetta. Il contrario è imperfetto. Anche se molt3 dicono che è la “divaricazione” a muovere la Civiltà globale. Eros moderno. Si, ma c’è modo e modo.
Gli sciamani sono ancora qui presenti, operanti in varie latitudini lontane tra loro. In gruppi etnici marginalizzati. Ma forse è meglio così per loro. Perché la loro integrità resiste. Solo ora le civiltà più avanzate, si accorgono delle loro “originalità” filosofiche essenziali-naturali semplificate, anche se, al momento, di solo riconoscimento/protezione delle “minoranze etniche” con le loro culture, che non sono più misteriose. Una sfera culturale diversa, antica, con un profondo senso “etico” globale, avendo perso il nostro. Cerchiamo ora un nuovo messaggio salvifico, con il ritorno all’Ambiente e Natura. Nel contempo cercando nuove “emozioni” (non perdiamo il vizio), pur dentro uno pseudo-pragmatismo “derivato da panico”. Società capricciose le nostre, che hanno ottenuto tutto, e ora cadono nella “noia”. Sperando che la Natura ritorni a “rigenerarle” (termine in voga). E invece la Natura punisce.
Dove siete sciamani del moderno?
I Runa continuano a vivere in equilibrio sereno con la loro “foresta amazzonica”, e loro, invece, ci ignorano. Dentro la loro grande Foresta, a meno che noi non la distruggiamo. Ultimo baluardo. l loro è il vero “sostenibile”, per loro oggi e per le loro generazioni “molto future” domani e dopodomani. Noi parliamo della nostra “insostenibilità”, illudendoci che sia “sostenibilità”. Per noi restano le “selve oscure”, impenetrabili, simbolo stesso di “panico globale”. I Runa e altre popolazioni etniche simili, sono costituite da gruppi ristretti, diffusi su vastissimi territori, ed enormi foreste. Noi, che siamo avanzati, viviamo l’un* sopra l’altr*, in Comunità di milioni e milioni di persone (miliardi). In Paesi, Città, Metropoli, Megalopoli, Città-mondo, densificando fino all’inverosimile, con l’illusione (a parole) di combattere il “consumo di suolo”, e la dilagante impermeabilizzazione del suolo tombato. Pandemia: densificare con verde, o diradare nel verde?
Per i Runa il territorio è humus naturale (humus etimologia di “umano”), il loro livello salutistico è dentro le leggi minerali del terreno, vegetali, foreste ed animali selvaggi (selvaggio come “selva” simbolo di libertà). Da cui la loro medicina naturale, senza marchingegni chimici come noi, illudendoci con complicati integratori naturali per supplire alla Natura diretta. Il loro collante filosofico principale è quello della bassa densità di popolamento. Ristretti gruppi di 15.000/30.000 unità, contro le nostre densità altissime. Forse loro assorbono da vero ossigeno una spiritualità alta e semplice, al tempo stesso, dove la “spiritualità” vola davvero. Filosofia cosmica, diversa dalla nostra “per temi”.
Si fanno strada dentro questa stessa ricerca, nuove conoscenze sulla vita degli alberi e delle loro prerogative sensoriali: gli alberi parlano e filosofeggiano, in modo per noi ancora incomprensibile. Gli alberi sono un organismo “aperto” (ramificato: radici, fusto, rami, foglie, frutti), che si riproduce anche se potato. Noi siamo un sistema organico “chiuso”, composto da organi singoli che funzionano solo in sintonia con altri organi. Unità inscindibile. Non possiamo “potarci”, perché i nostri organò non ricrescono (salvo capelli e peli “superflui”).
Gli alberi non hanno vera individualità: si aggregano in macro-sistemi superiori. Boschi e Foreste. Noi siamo “individui” singoli a tutti gli effetti, e ci comportiamo con superbia per questo. Gli alberi non sono individui autonomi e collettivi al tempo stesso. “Individui aggregati”, maxi-individui, individui-sistema, Boschi e Foreste.
Le radici degli alberi sono la loro bocca nutriente e parlante: le parole viaggiano attraverso le sostanze chimiche e fungine profonde e distese del terreno (forse anche tartufi), cercando dialoghi di “vicinanza” e sintonia con i gruppi. Che noi pratichiamo molto meno. L’uno contro l’altro. Dovremmo imparare dagli individui-foreste un diverso modo di stare insieme, senza guerre. Gli Sciamani lo sanno da sempre. Impariamo da loro come la “Foresta amica”, per noi ancora ostica.
Il genere umano, dominato/dominante, influisce anche sul mondo degli animali, anche loro comunicanti, ma in modo diverso e a noi ancora incomprensibile. Forse anche loro hanno la loro aggregazione superiore, come quella di Alberi-Foreste. E i capi-branco sono i loro sciamani, che conducono le varie specie, verso percorsi di sopravvivenza globale, ma non solo. E che noi troppo spesso interrompiamo.
Amo i cani e cerchiamo in loro la parola. Non è così. Secondo me i cani hanno il loro linguaggio dell’amore, che è il più alto che esista. Quella è la loro parola. E non possiamo raggiungerla. Gli animali domestici, che abbiamo tirato fuori dal circuito naturale, ci dimostrano meglio il contrario dello “amore”, che è la nostra facilità allo “odio”. Possono essere il primo anello per ri-connetterci alla Natura cui un tempo appartenevamo più intensamente. Proteggiamoli. Dobbiamo recuperare “noi tra noi”, insieme a tutti gli esseri viventi, passando per il sistema naturale, quello delle foreste, quello del mondo animale.
Un’altra storia di popolazioni amazzoniche e del suo sciamano Davi Kopenawa – famoso per i riconoscimenti anche esterni internazionali [Davi Kopenawa e Bruce Albert, La caduta del cielo, Edizioni nottetempo, 2018] racconta una filosofia analoga, quella degli Yanomami (30.000 unità). Kopenawa lotta, “nel e fuori” del suo ambito, per i diritti delle minoranze etniche, per la salvaguardia della Foresta amazzonica, quindi per l’ambiente in generale. Detto “la Vespa amazzonica” (pungente), sostiene il modello “nella e per” la Natura, parte intima di noi stessi. Siamo noi gli Spiriti della Natura.
Uomini-Donne tutt* Sciaman*. Certo! Prima Sciaman* di noi stessi, e, poi, attraverso noi, per tutt*. Oppure l’inverso: prima tutt* per espandere noi stess*. Convincerci della nostra spiritualità personale plurale, che talvolta sta ferma, verso un futuro emblematico, disperso. Come atlet* scateniamo la nostra energia eterea latente, forza elettrica misteriosa, come quella magnetica della calamita. Riconosciamo tutti sciaman* nel prossimo che ci aiuta. Medic*, Ingegner*, Architett*, Artist*, qualsiasi altra persona illuminata, a condizione di sprigionare “umanità”, a tutta mente ed anima.
Forza sciamanica, arte/architettura sciamanica, urbanistica sciamanica, filosofia sciamanica…
Eustacchio Franco Antonucci
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