Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores

Il ritorno di Casanova , regia Gabriele Salvatores
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Il nuovo film di Salvatores è una metafora sull’incalzare inarrestabile del tempo, ma anche la scoperta che la vita reale non permette di far perdere la speranza nel futuro.

Nel 1918, quando la Grande guerra sta spazzando via quella Mitteleuropa asburgica in cui erano fioriti il genio di Musil la grande musica di Bruckner e di Malher, la brillantezza di Alma Malher, la pittura di Klimt e Kokschka insieme alle scarnificanti tele di Schiele, Artur Schnitzler – scrittore e drammaturgo, ma anche medico, corrispondente ed amico di Freud, – scrive Il ritorno di Casanova.

«Casanova che invecchia – ha scritto Claudio Magris – è anche l’Austria che tramonta, la sensualità che si spegne, il mondo di ieri che si avvia a una fuga nelle tenebre». Giuseppe Fairese, nel risvolto del volume dello scrittore austriaco che ha curato per Adelphi nel 1975, sottolinea:

«il décor settecentesco, che Schnitzler ricostruisce con sovrana eleganza, accoglie in una luce d’autunno, nitida e sensuale, un teatro di maschere dietro cui si intravede un mondo di quasi insostenibile dolcezza e crudeltà, quale doveva apparire, in uno sguardo di congedo, al limpido occhio nichilistico dello Schnitzler maturo. E tale è la forza e la precisione musicale del racconto che, senza bisogno che vengano additati, vi affiorano naturalmente i suoi temi: l’impossibilità di ogni ritorno e di ogni unione con sé stessi, la lotta con il proprio Doppio, la certezza che il principe degli ingannatori è anche il primo degli ingannati, infine che l’inganno è l’unica forma in cui la vita si offre».

Il grande seduttore, stanco di avventure erotiche e di traffici politici, sente sempre più forte il bisogno di ritornare nella sua città, Venezia, da cui tanti anni prima era fuggito, ma sulla sua strada incontra l’ultima tentazione: il desiderio incomprimibile di possedere per un istante, fosse solo per una notte e grazie ad un inganno, la lucida illuminista, non ancora ventenne, che lo guarda con una freddezza che Casanova mai prima aveva visto in uno sguardo femminile ed insieme a lei anche l’illusione di tornare a possedere qualche sprazzo della ormai perduta giovinezza libertina.

Questo è il contesto in cui si inscrive Il ritorno di Casanova, romanzo peraltro assi breve, quanto complesse sono le questioni che Schnitzler vi affronta. Ed è il caso di ricordare, a tale proposito, la lettera che a Schnitzler, Freud scrive nel 1922: «sempre, quando mi sono abbandonato alle Sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri. Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo -, la Sua penetrazione nelle verità dell’inconscio, nella natura istintiva dell’uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l’adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare».

Eppure, proprio questo particolare romanzo, portato una sola volta sullo schermo, nel 1992 da Eduard Niermans, con Alain Delon come protagonista, è quello che Gabriele Salvatore sceglie per costruire il suo nuovo film – altrettanto complesso e, insieme, intimo – raggiungendo un risultato certamente tra i più alti della sua carriera cinematografica.

Scegliere di farlo a 73 anni, é  una precisa indicazione di quanto, nella mente del regista – che con l’Oscar a Mediterraneo ha già toccato, nell’ormai lontano 1991, l’apice della fama ed il massimo riconoscimento alla propria capacità creativa – abbia scavato e continui a scavare il tarlo dell’inarrestabile trascorrere del tempo. Ma anche quanto Salvatores abbia lucida coscienza che, all’impossibilità di ogni ritorno a quello che fummo, occorra opporre la laica, quanto pacata, convinzione che anche nel breve tempo che ci è inevitabilmente dato da vivere, possiamo essere chiamati a incontrare e riconoscere quei piccoli germogli – nascosti, imprevisti, persino indecifrabili talvolta –  di un futuro di cui pure siamo chiamati, lo vogliamo o no, a divenire, in qualche modo, artefici. Per illustrare, confrontandoli, questi così divaricati punti di vista, Salvatore ricorre ad un ingegnoso gioco di specchi che costituisce la peculiare cifra formale del suo film.
Da un lato dello specchio un acclamatissimo, ma ormai anziano regista, Leo Bernardi, alle prese con l’estenuante montaggio di un suo film, destinato alla Mostra del Cinema di Venezia, con cui spera di rinverdire il proprio, ormai datato, successo. L’ego del regista, il suo amor proprio sono messi in crisi dall’irrompere sulla scena di nuovi, più giovani, registi, come il suo rivale Lorenzo Marino, capace, meglio di lui, di incontrare i gusti di un pubblico ormai diverso da quello che aveva amato i suoi passati successi. Bernardi é tormentato dai timori che la via del tramonto possa essere ormai, inarrestabilmente tracciata, per questo nicchia, si rifiuta di sovrintendere al montaggio, sottovaluta la stessa opera, pur terminata, proprio per attutire quella che sente essere come un’operazione destinata inevitabilmente alla sconfitta.
Dall’altro lato dello specchio, il film stesso, o meglio quello che pian piano viene componendosi alla moviola di Gianni, il suo storico montatore, interpretato da un notevolissimo Natalino Balasso.

Fabrizio Bentivoglio e Toni Servillo in Il ritorno di Casanova
Fabrizio Bentivoglio e Toni Servillo in Il ritorno di Casanova (2023)

Film in cui si narra, lungo il percorso di Giacomo Casanova verso la sua Venezia dove desidera ritirarsi e morire, l’ultima sua folle e disperata impresa: quella di sedurre e far sua, costi quel che costi, la giovane Marcolina. Del lungometraggio, lo specchio ci mostra, di volta in volta, alcune delle scene in fase di montaggio, con episodi che sembrano quasi corrispondere, pur nella loro contrapposizione di tempo e circostanze a quelli che Bernardi sta vivendo. Su tutto sembra domini l’atmosfera di disillusa e ormai quasi rassegnata impotenza, nella propria vita privata, ancor più che in quelle di pubblico seduttore, per Casanova, e di affermato membro dello star system, propria di Bernardi. Casanova incontra Marcolina mentre è ospite, nella villa del suo antico amico e benefattore Olindo, delle grazie della cui moglie, peraltro, Casanova da giovane, aveva pur goduto. A fare da contraltare a Marcolina, affascinata dalla matematica e dall’illuminismo fino a renderla una sorta di ribelle al conformismo di fine Settecento, gli esponenti di un’aristocrazia veneziana ormai esangue ed avviata, come la Serenissima, verso un irreversibile declino. L’unico altro giovane, alla tavola di Olindo, un giovane Ufficiale, il tenente Lorenzi (Angelo Di Genio), peraltro in procinto di partire per l’ennesima di quelle tante guerre che hanno caratterizzato gli anni che dalla Rivoluzione francese conducono all’inizio della trionfale avventura napoleonica.

Per rappresentare i due lati dello specchio, così distinti eppure così indissolubilmente connessi, la scelta di Salvatores è quella di utilizzare, per ciascuno di essi, una modalità del tutto opposta: bianco e nero, talvolta volutamente sfocato, per le vicende del regista; colore, per Casanova. Un colore, quello scelto per illustrare la campagna veneta e l’ultima avventura del grande seduttore, che volutamente ci rimanda alle luci soffuse, ai bagliori di candela, alle lampade d’olio che illuminano interni, ora lussuosi ora miserabili, del Kubrick del meraviglioso Barry Lindon. E non per caso: anche in quel capolavoro, in fondo, si tratta dell’ascesa e della rovinosa caduta di chi, nella giovinezza, è stato capace di possedere e comandare quanti e quante avessero avuto la ventura di incrociarne la strada ed ora, vecchio e monco è costretto, in un letto, con la sola assistenza dall’anziana madre.
Salvatores, per contrapporre ed insieme mescolare i due piani, utilizza, con l’assistenza di una colonna sonora in cui si alternano tra loro la Marcia per il funerale della Regina Maria di Henry Purcell  (ancora il Kubrick di Arancia meccanica) per l’incedere di Casanova alla volta di Venezia,   la cover di Scarborough Fair – successo senza tempo di Simon & Garfunkel – Piano Man di Billy Joel e, a segnalare la possibile fuoriuscita verso un incerto futuro, la Whatever Will Be, Will Be (Que séra séra) della Doris Day dell’hitckockiano L’uomo che sapeva troppo.

Ale e Fabrizio Bentivoglio in Il ritorno di Casanova
Ale e Fabrizio Bentivoglio in Il ritorno di Casanova (2023)

Le due vicende narrate nel film sembrano procedere, almeno all’inizio, parallele: se Casanova sembra conscio di essere ormai al tramonto della propria vita di grande seduttore e tuttavia, quasi spinto da un demone incontrastabile, torna a mettersi in gioco per  poter godere (o forse, semplicemente, per illudersi di poter riuscirvi)  delle grazie della ribelle Marcolina, altrettanto Leo si sente ormai stanco e superato, ma cede alla tentazione di provare, con questo suo film, un colpo di teatro per recuperare almeno una parte della sua passata gloria. E tuttavia è proprio partendo da questa somiglianza che il confronto tra i due piani mette di fronte due così diversi scioglimenti dell’intreccio. E se uno – quello del Casanova – resta coerente con il limpido occhio nichilistico dello Schnitzler maturo; l’altro, con la vicenda privatissima che coinvolge il regista ed il suo epilogo, rappresenta la novità, il soffio di speranza. che Salvatores offre a Bernardi, per non dire a sé ed a noi tutti.

Nella trasposizione schnitzleriana, un Casanova che non esita ad utilizzare tutte le sue arti – da cui non sono assenti l’inganno ed il cinico ricatto – per ottenere quanto bramato e che, chiamato a rendere conto delle proprie indegne azioni, si salva soltanto grazie alla sua capacità di spadaccino, duellando contro il giovane Lorenzi, che ama, riamato, quella che Casanova ha, con l’inganno, disonorata. Un duello mortale di un vecchio contro un avversario di molti anni più giovane, duello che ha come posta – per un Casanova che, di fronte al disprezzo che coglie negli occhi della giovane Marcolina, si sente perduto – niente più che la semplice sopravvivenza.

La scena magistrale, che vedrà alla fine il vecchio libertino colpire mortalmente il giovane ufficiale, dimostra davvero la grande qualità registica di Salvatores. Il tenente ed il vecchio seduttore si spogliano dei propri abiti e combattono nudi, in un’alba che stenta a venire, rischiarata solo da qualche fiaccola. Un duello in cui la prestanza fisica di cui la giovinezza del tenente dà mostra, quasi impudicamente, al suo rivale, nulla può, alla fine contro chi  pur segnato nel corpo dalle ingiurie degli anni e quasi osceno nella fiacchezza delle sue gambe rinsecchite e della pelle cadente, continua ad essere  animato da quella stessa cinica volontà di sopravvivenza e di potere, che gli ha consentito, per decenni, la conquista di innumerevoli prede, i trionfi mondani e lo sperpero di ricchezze e, all’occorrenza,  di sopravvivere agli innumerevoli colpi del fato, alla prigione e alle fughe precipitose per ogni parte d’Europa. E quella carrozza con cui avviene la fuga precipitosa e solitaria, nella notte, verso Venezia personifica, non solo per Casanova, il corteo funebre che davvero chiude un’epoca, una storia e, insieme, un destino.

Dall’altro lato dello specchio,  un Leo Bernardi che – invaghitosi della giovane Silvia (una fresca e persino impertinente Sara Serraiocco), da lui incontrata in campagna, durante uno dei sopralluoghi per la ambientazione del film – non vuole, quasi fino alla fine, riconoscere come quell’innamoramento, così apparentemente innaturale, di un anziano intellettuale disilluso per una contadina che forse non sa di cinema, ma sa come far partorire una mucca e far nascere, anche nell’apparente durezza dei modi, una nuova vita, può tuttavia condurlo  ad un’accettazione – dolorosa, ma insieme carica di una strana allegrezza interiore – del tempo che passa e persino aprire  la via verso un futuro in cui  ancora non tutte le carte siano state giocate.

Toni Servillo e Sara Serraiocco in Il ritorno di Casanova
Toni Servillo e Sara Serraiocco in Il ritorno di Casanova

È così che si giunge alla scena in cui sulla spiaggia del Lido, ormai sconfitto nella corsa al Leone, il regista, dopo aver salutato lo stanco e deluso montatore – che per mesi lo ha dovuto sorreggere, blandire, proteggere dalle pressanti minacce del produttore (Antonio Catania), fino a minacciarlo di un abbandono che pure, si comprende, mai potrebbe accadere – rimane, da solo, a guardare un mare deserto fino all’orizzonte. E mentre ripete a sé stesso che la vita per lui avrà una ragion d’essere solo quando tornerà ad immergersi nel suo prossimo film, la giovane Silvia esce dal mare e Leo, posata la mano sul grembo umido della ragazza, arriva a percepire come, in quella creaturina che vi si nasconde ed attende di venire alla luce, ci sia un’altra strada; ci sia la ricomposizione tra vita immaginata e concretezza; ci sia, insomma, il futuro. In quel semplice gesto, forse neppure premeditato, si annida un messaggio che Salvatores vuole infine trasmetterci: l’impacciata scoperta e la quasi ritrosa consapevolezza che sia ancora possibile riconoscere come la vita concreta ci apra squarci su un futuro verso il quale – anche rimanendo lucidamente consapevoli di quanto i timori e i dubbi siano parte costitutiva ed ineliminabile del nostro vivere – guardare con curiosità e senza disperazione.

Qui sembra quasi palpabile quanto Salvatores voglia dialogare, sia pure a distanza, con lo Youth di Sorrentino (non per caso lo sceneggiatore de Il Ritorno di Casanova è proprio quell’ Umberto Contarello che con Sorrentino ha pure lavorato).

Due film, quello di Sorrentino e questo di Salvatores, che sono uno struggente apologo sul tempo che passa, sulla vita che sfugge e sul rapporto fra l’arte e la vita. E che tuttavia approdano entrambi ad una sorta di complicata pacificazione finale. Nel film di Sorrentino è Fred che ricomincia, sia pure dolorosamente, a vivere e, per prima cosa, sceglie di recarsi a Venezia (anche lui!) a posare un fiore sulla tomba di Stravinsky, per poi, quasi a mostrare la conclusione di questo suo percorso di ritorno alla vita, accettare di dirigere, di fronte alla Regina, le melodie che per anni ha tenuto sepolte quelle melodie composte proprio e solo per la moglie, ormai demente, cui finalmente ha trovato la forza di tornare a far visita.
Nel film di Salvatores, la chiave di volta che coinvolge Bernardi in modo così totale da sopraffarlo e, al tempo stesso, lasciarlo affascinato, è la vitalissima Silvia, quella che irrompe, alla guida del suo trattore, nel suo film e nella sua vita. Sarà appunto la donna, quella che dal proprio corpo genererà una nuova vita, a permettere a Leo di accettarsi e di accettare il proprio futuro.

Natalino Balasso e Toni Servillo in Il ritorno di Casanova
Natalino Balasso e Toni Servillo in Il ritorno di Casanova (2023)

Detto del film, non si può non parlare dei due attori che interpretano il ruolo dei due protagonisti. Tony Servillo nei panni del regista Leo Bernardi disegna, con maestria, un personaggio amareggiato, disilluso e soprattutto spaventato del tempo che passa e che resta stupito e confuso di fronte alla strana attrazione per quella giovane contadina, così diversa da lui e che pure entra così prepotentemente nella sua vita. Nonostante voglia farne a meno, preso com’è dalla sua ossessione di metteur en scène, scopre di non riuscire a dimenticarla, fino ad essere costretto, grazie a lei ed al figlio che porta in grembo, a ritornare a guardare alla vita reale ed al futuro, per quanto incerto gli si prospetti. A questi sentimenti e al tormento interiore che essi generano nel regista Bernardi, Servillo dà volto e voce in quel modo, che gli è proprio, di attore che conosce tutte le sfumature del grigio.
Ma è, almeno a parere di chi scrive, soprattutto l’interpretazione che del Casanova dà Fabrizio Bentivoglio, quella che potrà restare impressa nello spettatore. L’ennesima prova magistrale per un attore la cui capacità espressiva si è già manifestata ormai in così tante occasioni da non consentirci di stupircene oltre. Un Bentivoglio/Casanova che cerca di nascondere la decadenza, cui si è ormai irreparabilmente affacciato, sotto la biacca che gli ricopre il viso e che cerca invano di nascondere le rughe che, profonde, gli segnano il volto. E che tuttavia mantiene, dietro un sorriso ironico e disincantato perennemente stampato nella faccia, quello spirito libertino di chi, pur avendo incrociato, nella sua avventurosa vita, molti protagonisti del movimento illuminista e l’entrata sempre più decisa, sulla scena europea, di nuove idee di progresso, rimarrà per sempre un conservatore. Ancorato, fino alla fine dei propri giorni, a valori, precetti e credenze dell’ancien régime, ad iniziare dall’idea che mai una donna possa sottrarsi al desiderio, anche quando non più al fascino, di chi abbia deciso di possederla e che sa di volerlo fare per mostrare, ancora una volta al mondo, quello che si illude di essere un proprio innato ed indiscutibile potere anche quando non ha più in tasca zecchini e si appresta a morire, lontano da casa, guadagnandosi la vita come spia.

Mauro Sarrecchia

 

Il ritorno di Casanova Genere: drammatico
Il ritorno di Casanova
Italia, 2023
durata: 95 min
liberamente tratto da “Il ritorno di Casanova” di Arthur Schnitzler
regia e soggetto: Gabriele Salvatores
cast: Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Sara Serraiocco, Natalino Balasso, Bianca Panconi, Marco Bonadei, Alessandro Besentini,  Antonio Catania, Angelo Di Genio, Sara Bertelà, Elio De Capitani sceneggiatura: Umberto Contarello, Sara Mosetti, Gabriele Salvatores
fotografia: Italo Petriccione
montaggio: Julien Panzarasa
scenografia: Rita Rabassini
costumi: Patrizia Chiericoni
suono in presa diretta: Gilberto Martinelli
fonico mix: Gianni Pallotto
effetti sonori: Antonio Tirinelli e Sergio Basili
montaggio sonoro Andrea Caretti
aiuto regia: Francesca Polic Grego
casting: Francesco Vedovati
trucco: Luigi Ciminelli
acconciature: Fabrizio Nanni
Una produzione: Indiana Production con Rai Cinema, Indiana Production con Rai Cinema, Ba.Be Productions ed EDI Effetti Digitali Italiani 3 Marys Entertainment
Distribuzione:  01 Distribution

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