
Mentinfuga ha raggiunto per e-mail Daniele Sanzone, frontman degli ‘A67, formazione cross over di Scampia. Una band super impegnata nel sociale e composta oltre che da Daniele (voce) da Andrea Verdicchio (sax), Enzo Cangiano (chitarre), Gianluca Ciccarelli (basso) e Luciano Esposito (batteria).
Di seguito trovate le risposte alla nostra intervista che prova a cogliere sensazioni e pensieri di Daniele e del gruppo.
M – Siete tornati recentemente da un concerto a Milano. Come è andata?
‘A67 – Ultimamente stiamo salendo spesso al Nord, soprattutto col nostro ultimo progetto Scampia trip (Libro/disco), anche grazie all'effetto Gomorra che ha suscitato grande interesse per quelle problematiche che un tempo venivano relegate al sud Italia e che per fortuna oggi si sta capendo appartenere all'intero paese. Incontriamo sempre gente che vuole conoscere e prendere coscienza di ciò che accade nel resto del paese. In particolare il 7 aprile è andata bene nonostante ci fosse il derby Milan-Inter.
M – La vostra musica e non meno i testi sono rabbiosi, fanno appello all'impegno del singolo e invitano alla resistenza. E' sostenibile essere arrabbiati per sempre, artisticamente parlando?
‘A67 – Credo che la rabbia sia frutto soprattutto del proprio vissuto e può crescere, diminuire o assumere nuove forme a seconda delle strade che ti riserva il destino. Così l'arte nasce dallo scontro incontro del proprio essere con lo spazio-tempo che abbiamo trovato quando siamo stati gettati nel mondo. Forse una cosa che contraddistingue la musica degli ‘A67 è l'assoluta assenza di certezze e la voglia continua di sperimentare campi e generi sempre diversi, amiamo la musica a 360 gradi è per questo che trovo riduttivo e autolimitante pensare ad un futuro perennemente arrabbiato.
M – Quante volte ti è capitato di dover parlare più di Scampia che della vostra musica?
‘A67 – Il progetto ‘A67 partendo da un contesto così difficile spesso finisce per schiacciare il suo aspetto musicale, risulta inevitabile.
M – Ho letto sul vostro sito che tempo fa un alunno di Scampia chiedeva al professore “Anche noi siamo di Napoli?”. Da dove nasce questa alterità?
‘A67 – Dal fatto che spesso Napoli non considera Scampia un suo quartiere o meglio c'è chi non vorrebbe che lo fosse. Prima del '96 (data dell'apertura della metropolitana collinare che unisce l'area nord di Napoli al resto della città) anche viariamente il quartiere non era ben collegato al resto della città. Questo ha fatto si che gli stessi abitanti di Scampia si percepissero come lontani e non appartenenti alla propria città.
M – Firmate testi e musica come ‘A67, componete davvero tutti assieme o è un modo per essere uniti?
‘A67 – I testi sono miei mentre la musica nasce insieme, ci confrontiamo su tutto e le scelte di ogni tipo e genere si prendono sempre insieme.M – Curiosando nel vostro sito mi sono imbattuto nel film “Felice!” un documentario sulla vita di Felice Pignataro. Lo hai conosciuto?
‘A67 – Felice Pignataro era un'artista a servizio del popolo, un muralista che ha dato colore e dignità al nostro quartiere. Una persona capace di raccontare attraverso i colori l'esistenza di un mondo diverso e di dimostrarlo attraverso la coerenza di una vita spesa a dar voce a chi non ce l'ha. Il centro sociale GRIDAS, da lui fondato nel 1981, è da sempre un nostro punto di riferimento. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e non smetterò/emo mai di ringraziarlo per quello che ha fatto per il quartiere. È per questo che gli abbiamo dedicato il nostro primo Ep omonimo uscito qualche mese dopo la sua scomparsa nel 2004, la canzone Felice e la copertina di due nostri lavori.
M – La Scampia che esce dalle parole di Felice è un luogo di sofferenza da dove però esplode, e non di rado, umanità e speranza. Il quartiere di oggi è migliore di quello di 40 anni fa? Magari sbaglio, ma ho la sensazione che essere nati a Scampia per certi versi, può essere una opportunità, insomma non una periferia bruciata (intellettualmente) del profondo nord…
‘A67 – Dove oggi ci sono enormi casermoni di cemento, 40 anni fa c'era solo campagna, di conseguenza si viveva dei prodotti della propria terra e non c'era né la droga e né la criminalità organizzata. Credo che la situazione sia di gran lunga peggiorata di fronte al bisogno di alloggi scoppiato subito dopo il terremoto dell''80 che ha portato ad una incredibile speculazione edilizia e quindi alla creazione di mostri privati di servizi e infrastrutture e lasciati al loro destino. Era inevitabile che si creasse un quartiere ghetto. Credo possa essere un'opportunità per chi ha avuto la fortuna (come quella che ho avuto io) di nascere in una famiglia unita che è la base per poter affrontare una realtà difficile come Scampia. Per chi non ha avuto questa fortuna avrà davvero poche opportunità anche se poi quando non hai nessuna alternativa la mente si predispone rispetto alla realtà in modo diverso e inizi ad inventarne di nuove di possibilità.
M – La gente del quartiere vi vuole bene?
‘A67 – Mah credo di si perché non speculiamo la loro realtà, ma la condividiamo/viviamo con loro.
M – E la gente di Napoli centro?
‘A67 – C'è chi ci rispetta e chi ci critica ma questo vale anche all'interno del quartiere, la gente è tutto e niente…
M – Scampia è al centro del vostro universo creativo, avete la tentazione di guardare altrove?
‘A67 – Scampia è il punto di partenza e di ritorno nella misura in cui viviamo ancora qui, ma artisticamente abbiamo sempre guardato oltre sia musicalmente che testualmente; anche presto ci siamo resi conto che parlare di Scampia significava parlare delle periferie d'Italia e del mondo. La possibilità di poter parlare del globale partendo dal locale quello che viene definito GLOCAL.
M – La band è stata a suonare nel nord est del Brasile a Fortaleza. Cosa vi è rimasto dentro di quell'esperienza?
‘A67 – È stata un'esperienza devastante. Mi ha portato personalmente a rivedere diversi miei punti di vista ma soprattutto a ridimensionare le problematiche delle periferie europee, dopo aver visitato una delle favelas più pericolose del nordest del Brasile e cioè quella di Pirambù. Abbiamo conosciuto e toccato con mano la miseria estrema ma soprattutto il sorriso dei tanti bambini che abbiamo incontrato. Nonostante la miseria i brasiliani non smettono mai di sorridere alla vita un insegnamento che non dimenticherò mai.
M – Io non mi sento italiano. L'inno dei 150 anni dell'unità d'Italia?
‘A67 – Come diciamo ai concerti siamo orgogliosi di essere prima di tutto napoletani e poi italiani ma non ci sentiamo assolutamente rappresentati da chi ci governa.
M – Mi parli per favore del vostro rapporto con Libera?
‘A67 – È un rapporto consolidato nato da una comunione di intenti che ci ha portato a condividere ed aderire a battaglie che da sempre sentiamo nostre. Quindi ogni volta che ci chiamano non possiamo non esserci.
M – Avete un vostro blog sul sito de “Il fatto quotidiano”, una occasione per far conoscere il vostro punto di vista su questioni che vi stanno a cuore.
‘A67 – Si abbiamo accettato questa opportunità per avere la possibilità di dire la nostra ogni qual volta ne sentiamo il bisogno, anche perché non sempre la forma canzone ci dà i modi e i tempi per dire tutto quello che vogliamo.
M – Possiamo aspettarci nell'immediato futuro degli A67 più prolifici sotto il profilo della produzione musicale? Immagino che i vostri fans sia ansiosi.
‘A67 – Entro l'anno uscirà un nuovo progetto che metterà insieme diversi mondi e codici artistici. Ci stiamo lavorando da diverso tempo speriamo di partorirlo il prima possibile.
M – Se un giorno arrivasse il grande successo, come lo misurereste? In copie vendute, concerti suonati o ragazzi e ragazze sottratti alla camorra?
‘A67 – Avere la pretesa di sottrarre persone alla camorra con la nostra musica mi sembra un'assurdità, diciamo che ci basterebbe già vivere di musica.
M – Concludo. Sento di attribuirti la seguente frase, che trovo poetica e malinconica, ma sulla quale concordo: “Se Pino Daniele fosse morto giovane, a quest'ora lo ascolteremmo come Bob Marley”.
‘A67 – Pino è coerente con la sua vita di oggi. Non può cantare ciò che non vive più e noi non possiamo pretendere che lo faccia. Ciò che ha scritto e regalato rimarrà nella storia.
Massimiliano Scanavini
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