
Con l’avvio dello spoglio dei voti delle elezioni del 12 maggio scorso una considerevole folla si è riversata per le strade per manifestare contro un eventuale governo guidato da GERB e dal suo leader ed ex-premier Boyko Borisov. Sembra quasi che non sia cambiato nulla da quando a febbraio violenti proteste obbligarono quest’ultimo ad abbandonare il potere. In più di un’occasione è stata udita la parola “mafia” rivolta all’indirizzo dei politici.
Le cause principali delle proteste degli ultimi mesi sono le politiche di austerity volute dalle istituzioni finanziarie internazionali che hanno ulteriormente impoverito molte famiglie e la corruzione estesa a tutti i livelli e che ha minato le fondamenta delle istituzioni. Ancora in campagna elettorale l’ex premier Borisov è stato coinvolto in uno scandalo scaturito da una denuncia di Sergey Stanishev, l’ex primo ministro e leader del partito socialista, che ha denunciato l’utilizzo illegale di intercettazioni. Inoltre si parla anche di brogli il ritrovamento di 350 mila schede illegali in una fabbrica tipografica appartenente ad un consigliere comunale del partito di maggioranza.
Alle urne si è recato solo il 51% degli aventi diritto, un record negativo per il paese. A vincere le elezioni, nemmeno a dirlo, è stato il partito di centro-destra al governo, il movimento Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (GERB), un risultato molto lontano da quello del 2009 quando aveva raccolto il 9% in più.
Una vittoria che non consentirà necessariamente la guida del governo, perché in Parlamento sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 4% altri tre partiti e nessuno di questi, al momento, sembrano intenzionati a cercare un accordo, diversamente da quanto accaduto in Italia con l’accordo PD-PdL.
Al secondo posto c’è il partito Socialista (BSP), poi troviamo il partito della minoranza turca il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS) e infine il partito ultra-nazionalista ATAKA.
Tra gli esclusi dall’Assemblea Nazionale c’è la destra democratica e il partito di ispirazione liberale fondato dall’ex commissario europeo alla difesa dei consumatori Meglena Kuneva.
Il leader socialista Stanishev prima del voto dichiarava che «una nostra coalizione con GERB è impossibile, per molti motivi diversi. GERB è il principale responsabile della situazione catastrofica in cui l’economia bulgara è stata trascinata, e ha portato avanti una politica sociale che ha scaricato tutti i problemi sulle spalle della gente comune. In questi quattro anni il partito di Boyko Borisov ha minato lo stato della democrazia bulgara dalle fondamenta, con la creazione di un regime autoritario e personalistico, che ha interrotto ogni forma di dialogo con la società civile, con il mondo dell’impresa, con i sindacati, imponendo un vero e proprio racket sulle imprese. Allearsi con GERB significherebbe diventare parte di questa realtà disastrosa, e rinunciare alla possibilità di realizzare un vero cambiamento» [1].
Bisogna dire che il partito Socialista non è stato immune dal sostenere e varare misure di austerity quando era al governo.
È complicato, dal punto di vista dei numeri e cioè dei seggi disponibili, assicurare la governabilità a Sofia perché, se nessuno vuole allearsi con Borisov, l’eventuale coalizione tra tutti gli altri avrebbe dei grossi problemi di instabilità. Il partito Socialista si è candidato a guidare un governo di programma proponendo come candidato premier l’ex ministro delle Finanze Plamen Oresharski.
La difficoltà nella riuscita della formazione di un qualsiasi governo va ricercata anche nel fatto che qualunque governo si formi resterebbe minoritario, visto il 49% di elettori che sfiduciati sono rimasti a casa. E molti ancora ne rimarranno se si dovesse tornare velocemente alle urne per una probabile situazione di stallo.
Nel frattempo l’Europa si allontana perché incapace di sostenere i bulgari, complice il governo populista, e la crisi economica dilaga e quasi la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e, tra gli anziani, siamo oltre il 60%.
Pasquale Esposito
[1] Francesco Martino, “Stanishev: la Bulgaria ha bisogno di cambiamento”, www.balcanicaucaso.org, 9 maggio 2013
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