
Da quando il 3 luglio scorso i militari destituivano il presidente Morsi la situazione in Egitto è ulteriormente peggiorata. Lo scontro in atto tra l'esercito e Fratelli Musulmani può condurre verso il baratro di una pericolosa destabilizzazione sia politica che economica.
L'ultimo provvisorio bilancio degli scontri del sei ottobre scorso, in occasione dell'anniversario del 6 Ottobre 1973 e della guerra con Israele, è di quasi sessanta morti, centinaia di feriti e centinaia di arresti tra i sostenitori dell'ex presidente. Una strage che potrebbe non riguardare solo le grandi città.
Vera e propria guerriglia nel Sinai dove, anche oggi, nella cittadina di Rafah, alla frontiera tra il Sinai e la striscia di Gaza, ci sono state almeno sei esplosioni con feriti mentre era in corso un'operazione.
Egitto. Il Cairo. Febbraio 2008. Foto Davide Pisano
I Fratelli Musulmani sono oramai un partito in clandestinità dopo che Il tribunale civile del Cairo, su ricorso presentato dal partito di sinistra El Tagammoe, in una sentenza di primo grado ha decrtato l'interdizione delle attività, la confisca dei beni e la chiusura di tutte le sedi nel Paese. Una decisione totalitaria è stata definita da uno degli esponenti della fratellanza. Un passo indietro di decine di anni perché se la sentenza non verrà cancellata non potranno partecipare alle elezioni, nemmeno come indipendenti come avveniva durante il regime di Mubarak.
Il quattro novembre prossimo si aprirà il processo in cui l'ex presidente Mohammed Morsi, attualmente in carcere, ed altre 14 persone dovranno rispondere dell'accusa di istigazione all'uccisione dei manifestanti che protestavano davanti al palazzo presidenziale nel dicembre 2012.
La repressione è talmente estesa e brutale che nemmeno gli Stati Uniti potevano continuare a far finta di nulla. Per mesi hanno evitato, per interessi strategici, di condannare l'arresto di Morsi in quanto colpo di stato a tutti gli effetti, visto che il presidente era stato nominato dopo “regolari” elezioni e con Obama in evidente imbarazzo sia al proprio interno che sul piano internazionale dopo le sue aperture alla democrazia. Del resto le ragioni di Stato negli USA, e non solo, prima di tutto.
Come si diceva un passo è stato compiuto per provare ad allentare la spirale di violenza. Infatti il governo americano hanno temporaneamente sospeso una buona fetta degli annuali aiuti all'Egitto che ammontano a circa 1,5 miliardi di dollari di cui 1,3 circa per i militari. In attesa di “progressi credibili” per la nascita di “un governo civile e democratico” non verranno alcuni sistemi di arma, missili, componentistica per blindati e elicotteri. L'ammontare totale non è stato reso noto anche se la sospensione dovrebbe riguardare anche lo stanziamento di prestiti e donazioni.
Questa decisione sembra invece presa grazie al fatto che gli aiuti al governo continuano ad arrivare dall'Arabia Saudita e dai paesi del Golfo Persico che tra prestiti e stanziamenti assicurano 12 miliardi di dollari. È forse un caso che il presidente ad interim Adly Mansour ha fatto il suo primo viaggio all'estero a Gedda per incontrare il re saudita Abdullah che tanto si è speso per il cambio di poteri e per il suo consolidamento in Egitto?
Egitto. Il Cairo,Khan el-Khalili. Febbraio 2008. Foto Davide Pisano
E che i militari non si faranno da parte lo dimostra anche la prima conferma che il generale, ministro della Difesa e uomo forte del governo, Al Sisi, non esclude una sua possibile candidatura alle presidenziali del 2014.
Eliminato Morsi, arrestati i militanti dei Fratelli Musulmani, messo fuori legge il partito i militari e gli uomini al governo ma i principi del dominio della religione sulla società civile restano intatti. Un golpe portato a termine per ragioni interne, economiche e di potere, e internazionali che non consentivano uno stravolgimento in Medio Oriente.
Per la modifica della costituzione del 2012, attualmente sospesa, sono stati al lavoro dieci “saggi”, nemmeno un donna, che nella loro bozza hanno confermato la superiorità della legge islamica che resta “il fondamento della giurisprudenza“. Il Parlamento sembra sempre più ai margini dei processi decisionali nonostante sia legittimato a formare e sfiduciare il governo senza necessariamente passare per nuove elezioni. «Per il resto il documento mantiene quello che molti esperti hanno definito l'“impronta antimoderna” del sistema costituzionale egiziano. Una delle modifiche più controverse è l'emendamento dell'articolo 6 che proibisce la formazione di partiti su base religiosa. […]. Per quanto riguarda i diritti delle donne, gli emendamenti non migliorano il quadro del documento stilato durante il governo islamista. La commissione, composta da soli uomini, ha lasciato intatto il comma che limita l'eguaglianza tra i generi “secondo i principi della sharia” […]“Pochissime richieste della società civile sono state accolte – continua Al-Ali – il problema fondamentale delle persone che hanno scritto i nuovi articoli è che non c'era nessuna intenzione di migliorare la situazione sui diritti dei lavoratori e dei soggetti più deboli della società”» [1].
Non resta fermo solo il processo di democratizzazione e laicizzazione ma anche l'economia che era stata una delle cause della caduta di Mubarak prima e Morsi dopo. L'Egitto è in una crisi gravissima pagata pesantemente dai ceti più deboli e dalla piccola borghesia.
Gli investimenti esteri latitano e alcune aziende stanno facendo marcia indietro per i rischi che si corrono e per il blocco dell'economia. Il turismo occupa circa tre milioni di persone e continua a subire tracolli: nel 2010 in Egitto arrivarono quindici milioni di turisti ora, dopo rivolte e colpi di stato, saranno meno di dieci. Gli egiziani che vivono con poco più di un dollaro al giorno sono arrivati ad essere circa il 25%. La disoccupazione è estesissima con punte superiori al 50% tra le donne.
I conti statali sono fuori controllo: il debito pubblico nel giro di pochissimo tempo è passato da meno del 20% all'attuale 92%, il debito estero è di 43,5 miliardi di dollari e le riserve estere sono scese a soli 14 miliardi di dollari. Un paese in emergenza dove i militari continuano a controllare tutto non solo la politica ma molti settori economici come accade da decenni. E nulla cambia.
Pasquale Esposito
[1] Zaid Al-Ali è il consulente del think tank liberal Constituion Building for Idea intervistato da Laura Cappon in “Egitto, polemiche sulla bozza di Costituzione tra sharia e democrazia”, www.ilfattoquotidiano.it, 28 agosto 2013
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie