In Germania, Pasolini fu una luce dialettica

Pier Paolo Pasolini murale
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Il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini ha prodotto in Italia un affollamento di eventi e di occasioni, di libri e di esposizioni, insomma di interventi e contributi di vario titolo e consistenza che sarebbe un lavoro arduo anche solo metterli in un elenco. Solo a Roma, in questo avanzare d’un autunno che in realtà tarda a venire, hanno aperto le porte alcune importanti eventi celebrativi ed espositivi tutt’altro che irrilevanti [1] .

Si celebra l’anniversario della nascita, pensando sempre in qualche modo – inevitabilmente, anche se non solo – alla tragedia della sua morte, quel 2 novembre del 1975, quasi cinquant’anni fa; la fine ad una vita così intensa eppure così breve, che fa interrogare molti, da qualche tempo, di fronte agli inquietanti scenari della nostra storia, su cosa penserebbe o direbbe Pasolini di quanto ci sta accadendo oggi.

Pure, se è un po’ vero che per capire qualcosa occorre guardarla da una certa distanza, ho pensato che sarebbe stato opportuno “allontanarsi” un poco dal cuore geografico e culturale del dibattito. Ho perciò approfittato della “trasferta” offerta dall’incontro internazionale di studio Pasolini fu una luce – che si è svolto in Germania, a Monaco di Baviera, dal 20 al 22 ottobre scorso – per accettare l’invito a prendervi parte e provare così a decifrare con maggiore chiarezza (intercettando la luce di cui si è parlato nel convegno) la figura di Pasolini, tanto celebrato quest’anno eppure – a me pare – oggetto anche di tante affrettate e convenzionali letture.

Anche in Germania, naturalmente, sono stati invitati a parlare studiosi italiani di grande competenza; eppure, già solo la collocazione materiale – il convegno si è tenuto presso l’istituto di Filologia dell’Università bavarese [2] – e la partecipazione di voci europee e plurali hanno offerto un confronto ricco di analisi e suggestioni.

Motore e anima del convegno è stato Fabien Vitali, brillante e giovane studioso di origini svizzere ma con legami accademici – oltre che nel suo paese natale – sia in Italia che in Germania, dove sta svolgendo da tempo un proficuo lavoro di studio e ricerca. Dopo la pubblicazione – nel 2015 – di un piccolo ma illuminante volume sull’attualità del pensiero di Pasolini [3] , la sua ultima encomiabile fatica è stata la pubblicazione – in due tomi di pregio per la amburghese Galerie der abseitigen Künste – della traduzione integrale delle interviste a Pier Paolo Pasolini del critico Gideon Bachmann [4], che avevano già visto la luce in Italia (in formato editoriale contenuto e senza apparati critici) nel 2014 [5].

Pasolini fu una luce Monaco ottobre 2022La tre giorni bavarese ha visto alternarsi, come detto, svariate e polifoniche voci: dall’Italia, Stefano Brugnolo (Pisa), Marco Antonio Bazzocchi e Roberto Chiesi (Bologna), Sara Codutti (Roma); sempre italiana ma proveniente da Gerusalemme – dove insegna letteratura all’Università ebraica – Chiara Caradonna. La presenza del mondo tedesco ha visto la partecipazione di Cornelia Wild (Siegen), Cora Rok (Heidelberg) e Benjamin Fellmann (Amburgo), mentre dalla Croazia è intervenuta Marijana Erstić. Le due serate sono state poi occupate da alcuni eventi particolari: il primo, presso l’Istituto italiano di cultura, con la traduttrice Theresia Prammer (la quale ha  appena pubblicato lo scorso anno un poderoso volume con una amplissima selezione di poesie di Pasolini in traduzione tedesca [6]), la seconda con una performance interpretativa di Gabriella Angheleddu e Karl-Heinz DelwooAllegoria del potere, liberamente dispiegata sulle immagini di scena della fotografa Deborah Imogen Beer dal set di Salò o le 120 giornate di Sodoma. Da segnalare anche la presentazione del cortometraggio Pasolini a casa mia, di Lorenzo Gasparini ed Eleonora Verardi, descrizione suggestiva di Sabaudia – «fondata da Mussolini e orfana di Pasolini» – cinquanta anni dopo la “mutazione antropologica”.

La figura di Pasolini è stata affrontata e sezionata da diverse prospettive, come molteplici furono quelle cui egli partecipò durante la sua vita militante: la poesia, la letteratura, il cinema, l’arte, la filosofia, la storia, l’agone della politica. La ricerca sui temi pasoliniani mostra un atteggiamento per certi aspetti agiografico nei suoi confronti, non solo nella cultura italiana, forse legato al senso di colpa inevitabile che si prova verso un intellettuale ed un artista che fu – negli anni della sua abbondantissima attività e presenza – così incompreso, osteggiato e divisivo, mentre negli anni che seguirono alla sua morte e fino ad oggi alcune sue analisi sono risultate evidentemente quasi quelle di un veggente che aveva compreso tutto o quasi con largo anticipo. Una sorta di profeta – o meglio, di sismografo – capace di intercettare e spiegare a noi, suoi prossimi e quasi contemporanei – Pasolini prossimo nostro [7] è il titolo di una riflessione, tra foto di scena e interviste, sui grandi temi della critica pasoliniana – di che pasta siamo fatti e quale destino ci attenda.

Sarebbe stato lo stesso Pasolini, probabilmente, a spiegarci che non si deve essere necessariamente fedeli a lui né alle sue passioni o alle sue interpretazioni, dalle quali si dissociò egli stesso, in vita, pubblicamente e senza troppe esitazioni. Tutto cambia, nell’uomo e fuori di esso. Eppure, l’insistenza con la quale si sente oggi la necessità di riprendere le sue analisi o i suoi interventi, in un mondo tanto diverso da quello degli anni ’70, dal quale egli si è così tragicamente congedato, mostra indubbiamente l’assenza dolorosa di interpreti autorevoli e profondi in grado di spiegare, a noi che li stiamo vivendo, i drammi del nostro tempo, così sprovvisto non solo di ideologie, quanto piuttosto di idee e di visioni.

Pasolini fu effettivamente una luce, secondo la suggestiva frase di Letizia Battaglia [8] scelta ad epigrafe del convegno di Monaco, ben rappresentato da uno di quegli scatti che la fotografa siciliana realizzò nel 1972 e che ha campeggiato nella locandina dell’incontro e alle spalle degli oratori.

Fabien VitaliMa di quale luce stiamo parlando? Fabien Vitali, introducendo il convegno, lo ha chiarito bene: «È […] ad una forza di pensiero, a un messaggio, non a una vaga qualità carismatica, che si rifà la “luce-Pasolini”, Solo, […] questo messaggio qual è? Di primo acchito, la risposta sembra chiara, disponibile nei concetti chiave, articolati, in un crescendo di impeto, negli Scritti corsari: la rivoluzione antropologica; il “genocidio” delle culture subalterne; ancora, la trasformazione della vita in merce, ossia […] il passaggio dall’autentico all’inautentico pervasivo, complici gli stessi mass media; infine […] la critica del potere, di una nuova forma di potere astratto e trasversale».

Si tratta – prosegue Vitali – di «concetti noti» che «sono diventati un po’ i prodotti […] di una Kulturkritik in cui, troppo spesso, l’esperienza pasoliniana viene ricondotta quasi teleologicamente. Come se le opere di Pasolini fossero semplici variazioni formali che hanno lo scopo di illustrare i su citati concetti». Mentre invece «il fatto che i pensieri/contenuti di Pasolini ci continuano ad elettrizzare, ad emanare una “luce”, è in parte credo dovuto […] a una loro insita forza dialettica, alle domande che pongono nel momento stesso di dare una risposta. Ed è qui che diventa indispensabile – conclude Vitali –tornare all’opera, quella scritta, di Pasolini». Un’opera dove la luce «è il riflesso di qualcosa che succede nella sua stessa opera. Qui non penso soltanto all’importanza diffusa della “luce” quale metafora, che anche in Pasolini, spesso sta per un’ineffabile qualità umana, quella dei ragazzi di vita, spenti nella nuova civiltà dei consumi. Non penso neanche solo alla “luce” quale funzione espressiva nei film […]. Con la “luce-Pasolini” mi riferisco anche a quella di cui parla il narratore, in uno degli Appunti di Petrolio (l’Appunto 50): intendo quella “luce con cui un poeta illumina il particolare che in quel momento lo appassiona come unica verità fisica”» [9].

Ci sarà ancora molto da riflettere, criticamente, ben oltre questo centenario, su Pier Paolo Pasolini. Così mi sembra.

Paolo Sassi

[1] Informazioni e appuntamenti sulle pagine dell’amministrazione capitolina dedicate a Pasolini 100 Roma, Roma racconta Pasolini, https://culture.roma.it/pasolini100roma/.
[2] Institut für Italienische Philologie, Ludwig-Maximilians-Universität: https://www.italianistik.uni-muenchen.de/index.html.
[3] Fabien Kunz-Vitali, Vom Verschwinden der Glühwürmchen, Hamburg, Laika, 2015.
[4] https://www.galerie-der-abseitigen-kuenste.de/

[5] Pier Paolo Pasolini, Polemica politica potere. Conversazioni con Gideon Bachmann, a cura di Riccardo Costantini, Milano, chiarelettere, 2015.
[6] Pier Paolo Pasolini, Nach meinem Tod zu veröffentlichen, Berlin, Suhrkamp Verlag, 2021.
[7] Pasolini prossimo nostro,2006. Si tratta di un lungometraggio di Giuseppe Bertolucci che compone le già evocate foto di scena di Deborah Imogeen Beer sul set di Salò con alcune interviste di Gideon Bachmann a Pasolini sui temi della sua ultima, disturbante pellicola.
[8]Letizia Battaglia è scomparsa proprio il 13 aprile di quest’anno; è stata fotografa di fama internazionale e militante in prima fila nella denuncia delle mafie. Cfr. https://www.grandi-fotografi.com/letizia-battaglia.
[9] Così Fabien Vitali nella sua introduzione al Convegno, pro manuscripto, per gentile concessione dell’autore.

 

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