In Giappone tramonta la pace e risorge il nucleare

Giappone Hiroshima cupola bomba atomica
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Dal 26 dicembre scorso il cinquantottenne Shinzo Abe [1] del Partito liberal-democratico (Pld) è tornato, dopo la parentesi del 2006-2007, alla guida del Sol Levante. Con una maggioranza schiacciante, sia pur con una scarsa (59%) partecipazione alle urne, ha battuto il presidente del Partito Democratico del Giappone (Pdj) Banri Kaieda mettendo fine al primo e unico governo di “sinistra” della storia giapponese.

Giappone. Tokyo incrocio di Shibuya
Tokyo, incrocio di Shibuya. 100.000 persone ogni ora. 2012. Foto Gaetano Vaccaro
La fine del triennio che aveva fatto pensare all’alternativa mettendo all’opposizione i conservatori dopo oltre cinquant’anni è sommariamente addebitabile all’incapacità di realizzare quanto promesso come il miglioramento del welfare, un sistema più vicino ai cittadini, il riavvicinamento alla Cina e all’Asia e la dismissione della base americana di Futenma (Okinawa). Il tutto condito da un’estrema litigiosità delle componenti della coalizione.


Giappone. Kyoto, Kinkaku-ji (Padiglione d’oro). 2012. Foto Gaetano Vaccaro
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Sono trascorse poche settimane dall’insediamento del nuovo governo di Shinzo Abe e le architravi della politica giapponese iniziano a vedersi in tutta la sua possanza.
Il premier aveva immediatamente dichiarato la non negoziabilità della sovranità delle isole Senkaku/Diaoyu nel mar Cinese orientale, contese dai due paesi. L’altro ieri, in risposta alla posizione del governo di Abe, Pechino ha inviato due caccia per fronteggiare aerei militari giapponesi nei pressi delle isole. Secondo l’esperto di affari militari Antony Wong Dong, presidente di International Military Association a Macao, «le scaramucce nello spazio aereo sono un “fattore di crisi” che, a livello “potenziale”, potrebbe condurre “a un confronto militare fra i due Paesi”» [2]. Del resto il ministro della Difesa giapponese starebbe valutando l’ipotesi di sparare contro gli arei cinesi che già il 13 dicembre scorso erano entrato nello spazio aereo giapponese.
Come dimostra l’inasprirsi dello scontro con la Cina, la politica estera di potenza, sostenuta dall’ulteriore scossone che si intende dare al pacifismo insito nella costituzione del Giappone, è il primo dei cardini del programma del nuovo governo e sulla quale ritorneremo.

Giappone Tokyo quartiere Shinjuku
Tokyo, quartiere Shinjuku. 2010. Foto Bianca Tor

Il secondo è la politica economica per risollevare la crisi che tiene oramai bloccato il paese dal lontano 1989 quando una bolla speculativa mise fine all’espansione e alla crescita del paese. Una crisi aggravata dall’immane tragedia dovuta alle devastanti conseguenze del terremoto, dello tsunami e dell’incidente alla centrale di Shinzo Abe, nel 2011.
Per cambiare rotta il governo nipponico ha appena approvato uno stanziamento di quasi 90 miliardi di euro che si conteggiano anche il settore privato e le amministrazioni locali ammontano a circa 177 miliardi di euro. Spese per le infrastrutture del paese e incentivi alle aziende che, secondo le stime del governo stesso, dovrebbero creare 600mila posti di lavoro e dovrebbe far crescere il Pil di un 2%.
A questa politica fiscale espansiva si vuole accompagnare una politica monetaria espansiva che dovrebbe portare per la Banca del Giappone ad un’inflazione, nel giro di breve tempo, del 2% per deprezzare lo yen e di conseguenza aumentare le esportazioni.
Ma a ben guardare, il contesto interno ed esterno difficilmente consentiranno una tale inversione. Il Giappone ha un debito pubblico mostruoso e il rapporto tra debito pubblico e Pil è al 240%. Il livello di sfiducia dei cittadini resta elevato, riforme che migliorino l’efficienza non sono in vista e la popolazione continua ad invecchiare mentre il Giappone resta chiuso all’immigrazione che aiuterebbe.
A livello mondiale la crisi ha ancora il suo peso e l’economia giapponese non ne è immune, mentre crollano le esportazioni verso la Cina e, se si inasprisce la contesa, sarà ancora peggio. «La prospettiva peggiore, a detta degli esperti, è che il governo tenti un’iniezione di liquidità stampando nuova moneta, cosa che avrebbe l’effetto di rendere lo Yen poco più che carta straccia» [3].
Un tema che tornerà spesso nell’agenda economica è quello della politica energetica tanto più importante quanto più si pensa alla disastro di Fukushima che il precedente governo ha gestito in malo modo.
Di fatto con la vittoria dei conservatori mette il nucleare prima della salute e dei rischi ambientali e quindi non verrà smantellato perché è una fonte primaria di approvvigionamento dell’industria giapponese ed è l’unica prodotta in casa e quindi aiuta l’indipendenza del paese dalle politiche dei produttori di petrolio e gas e dalle crisi che si verificano nelle aree strategiche per queste risorse. La rivoluzione verde è già al tramonto.


Giappone. Tokyo, quartiere Ueno. 2010. Foto Bianca Tor
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Sulla via del tramonto è anche la pace. La nuova politica estera oltre a prevedere un significativo recupero del rapporto con gli USA (anche risolvendo senza strappi il tema della base a Okinawa), incarna una nuova capacità d’intervento nello scacchiere asiatico la cui prima mossa è lo scontro con la Cina per affermare l’intangibilità del dominio sulle isole Senkaku/Diaoyu.
Una politica di potenza in Giappone deve fare i conti con la Costituzione perché essa contiene esplicitamente una clausola pacifista. Ebbene Abe ha proposto di emendare l’articolo 9, la clausola pacifista imposta dagli americani vincitori del secondo conflitto mondiale, autorizzando la possibilità di auto-difesa collettiva quindi la possibilità di intervenire in difesa degli alleati se attaccati.

Giappone Hiroshima Cupola della bomba atomica
Giappone. Hiroshima, Cupola della bomba. 2012. Foto Gaetano Vaccaro

Probabilmente non ci riuscirà perché non dispone delle maggioranze, ma potrebbe proporre una reinterpretazione della clausola pacifista (per allargare i compiti delle Forze armate) al Cabinet Legislative Bureau dipendente dal primo ministro.
«Il ritorno al potere di Abe e la sua piattaforma di politica estera sono legate a doppio filo con la questione della memoria. Sia in passato sia durante la campagna elettorale, il leader del Ldp ha assunto posizioni chiaramente revisioniste sulla storia nazionale e sul periodo bellico. […]. Di conseguenza, il ritorno di Abe al potere e la rinnovata insistenza sul discorso revisionista riguardo alla condotta giapponese in Asia negli anni Trenta e Quaranta, che sarà promossa dai conservatori, presumibilmente porterà a nuovi problemi diplomatici con Seoul e Pechino. La questione della memoria infiammerà ancora di più le dispute territoriali sia con la Cina (sulle Senkaku) sia con la Corea (isole Dokdo-Takeshima)» [4].

Pasquale Esposito

[1] Abe appartiene ad una famiglia di lunghe tradizioni politiche. Nobusuke Kishi, suo nonno, è stato primo ministro (detenuto dalle Forze Alleate per crimini di guerra ma mai incriminato o processato dal Tribunale militare internazionale per l’Estremo Oriente).il padre dell’attuale premier è stato ministro degli Esteri.
[2] “Senkaku/Diaoyu: le schermaglie aeree alimentano venti di guerra fra Tokyo e Pechino”, www.asianews.it, 12 gennaio 2013
[3] Piero Capello,  “Giappone 2013: prospettive economiche”, www.forexinfo.it, 9 gennaio 2013
[4] Matteo Dian, “Il Giappone sceglie la stabilità ma preoccupa i vicini”, temi.repubblica.it 21 dicembre 2012

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