
Dopo i negoziati per il terzo round di salvataggio dell'agosto 2015 della Grecia non ne hanno parlato in molti. Certo la tragedia dei profughi e dei migranti ha avuto il suo peso. Nel frattempo le condizioni della popolazione ellenica hanno continuato a peggiorare, «impoverendo le famiglie, facendo chiudere negozi, decimando gli ospedali e distruggendo qualsiasi altra forma di assistenza pubblica. […]. In Grecia ci sono solo ricchi e poveri. Scene un tempo sconvolgenti – come uomini e donne della classe media che rovistano nella spazzatura – sono diventate la norma.» [1].
Riflettendo su questa drammatica realtà non si capisce di quali salvataggi si tratti e anche se nel prossimo futuro ci dovesse essere un accordo definitivo sul debito greco, le sofferenze ingiustamente ed iniquamente inflitte non potranno essere cancellate. E qui una parte sia pur minima di responsabilità la si deve addebitare anche a Tsipras che deve affrontare le proteste dentro il suo gruppo e fuori il Parlamento e deve guardarsi dalla sempre maggiore intraprendenza e popolarità di Nea Dimokratia ed in particolare del nuovo leader, il quarantasettenne liberale Kyriakos Mitsotakis.
E comunque dell'atteggiamento e delle posizioni della Troika c'è poco di cui fidarsi. Non più tardi di una quarantina di giorni fa i rappresentanti di Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea, con il solito gioco di ruolo lamentavano «le mancate riforme dell'esecutivo e dati e previsioni che non soddisfano» [2]. Non solo, le intercettazioni rese note da Wikileaks dimostrano chiaramente quanto siano mefistofelici: «bisogna portare la Grecia sull'orlo del baratro allungando i negoziati fino a luglio, perché solo quando sono con le spalle al muro fanno concessioni», affermava Poul Thomsen, responsabile europeo del Fmi.
E che il ripianamento del debito greco serva solo alle banche e istituzioni finanziarie lo dimostrano i tedeschi stessi, tra i maggiori oppositori alla ristrutturazione del debito, con una ricerca della European School of Management and Technology di Berlino relativa ai primi due anni di “aiuti” quando sono stati elargiti 215,9 miliardi di euro. Ebbene «nel bilancio dello Stato greco sono finiti solo 9,7 miliardi, cioè meno del 5% del totale della somma stanziata dai creditori di Atene. I restanti 86,9 miliardi, sono stati assorbiti da vecchi debiti: 52,3 miliardi per gli interessi, e 37,3 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche elleniche. […] “I contribuenti europei hanno salvato gli investitori privati”, ammette Jörg Rocholl, presidente dell'European School of Management and Technology […] riconosce che “il pacchetto di aiuti è servito principalmente per salvare le banche europee”» [3].
Affinché il prossimo 24 maggio quando il vertice dei leader europei dovrà dare il via libera alla prima verifica sull'attuazione del piano di salvataggio e di fatto consenta di pagare 3,5 miliardi di euro di debito che scadono a luglio, il Parlamento greco ha approvato con una maggioranza risicata – 153 voti a favore e 143 contrari – un'altra manovra di austerity tra le proteste in strada e gli scioperi dei sindacati.
Si tratta della riforma pensionistica e fiscale che permetterebbero di risparmiare 5,4 miliardi di euro all'anno per consentire nel 2018 un surplus primario del 3,5% del Pil. Il sistema pensionistico diventerà lo stesso per pubblico e privato e verrà corrisposta, per tutti i cittadini, dopo vent'anni di contribuzione, una pensione che ammonterà a 384 euro. Sul piano fiscale lo scaglione più alto dell'Iva passa dal 23% al 24%, aumentano le imposte su alcolici, benzina, sigarette, il bollo auto e la cedolare secca sugli affitti. I redditi tra i 795 e i 2.250 euro al mese saranno tassati di un ulteriore importo di 176 euro che dovranno versare a fine anno. E la soglia minima dei redditi non tassabili scende a poco più di 9.000 euro.
La crisi umanitaria – un termine usato dallo stesso premier Tsipras – non farà che peggiorare se questo ricatto non finirà. E questi sistemi voluti e imposti dalla Troika non consentiranno nessuna ripresa tanto che secondo l'agenzia di stampa Dow Jonesè stato presentato un progetto che prevederebbe uno slittamento, tra il 2040 e il 2080, delle scadenze dei prestiti concessi dall'Eurozona e che gli interessi siano fissati a 30-40 anni. Ma non sarebbe stato meglio tagliare da subito una parte significativa del debito e allungare le scadenze?
Pasquale Esposito.
[1] Helena Smith, “La Grecia di nuovo in bilico”, Internazionale, 13 maggio 2016, pag. 17. L'articolo è stato pubblicato su The Guardian
[2] Francesco De Palo, “Grecia, aspettando l'Eurogruppo”, http://www.balcanicaucaso.org/aree/Grecia/Grecia-aspettando-l-Eurogruppo-170288, 22 aprile 2016
[3] Teodoro Andreadis Synghellakis, “«Il 95% degli aiuti alla Grecia per salvare le banche»”, , 5 maggio 2016
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie