In lotta con le casse automatiche

supermercato casse
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Benvenuto, posizioni la borsa nell’area imbustaggio”. Ci siamo, riprende la battaglia tra me e questa odiosa cassa automatica. Oramai sono mesi che ci giochiamo la partita. Qualche set lo vinco ma è più spesso lei a farmi cappotto. E poco importa se alla fine stringo tra le dita il mio scontrino e lo passo sfinita sotto lo scanner per farmi aprire il varco di uscita. Il più delle volte mi prendo qualche rimbeccata perché non ho messo bene l’articolo nella busta, perché il peso effettivo delle zucchine sfuse non corrisponde di qualche grammo a quello dell’etichetta adesiva che è uscita dalla bilancia, o perché il codice a barre è illeggibile poiché si è unto con l’olio della pizza bianca che hanno imbustato quando era ancora calda. È allora che urla soddisfatta “È necessario richiedere l’intervento dell’assistente!!“, e si ripete stizzita finché non giunge qualcuno a sbloccarla con il codice di supporto. Ma quello che odio di più è che vada a spifferare ai quattro venti il prezzo dell’articolo che sto comprando, alla faccia della privacy.  “Un euro e quarantanove centesimi…bip…quattro euro e un centesimo…bip…sette euro e novantanove centesimi…bip!”. È come se qualcuno guardasse nel mio frigorifero e nel mio portafogli senza permesso. Almeno non menziona il genere del prodotto…un minimo di rispetto per i miei gusti alimentari.

Poi a volte mi soffermo su quello che urla e penso “Un euro e quarantanove centesimi? Accipicchia quanto è aumentato il latte!! Quasi quasi vado a rimetterlo in frigo”. Ma non si può! C’è lei che ti mette fretta e non ci sono ripensamenti. “Passare il prossimo articolo!!” Allora la fretta la gioco a modo mio e faccio scorrere velocemente sullo scanner il resto dei prodotti che ho nel cestino, così rapidamente da non darle tempo di urlare nitidamente il prezzo di ciascuno di essi “tre euro e ve…bip…un ero e…bip…due…bip…bip…bip!!”.

Sudata e affaticata mi guardo intorno per scrutare se qualcuno ha osservato la mia performance e prova pena, o disgusto. Ma fortunatamente sono tutti nel panico e in attesa che l’unica assistente di turno sia libera per dargli supporto.

E allora lo sguardo va verso quella schiera di casse “umane” dove ho trascorso in fila gran parte del mio tempo libero. Sono 18 anni che faccio la spesa in questo supermercato, inaugurato ancor prima che costruissero la casa dove abito. Li ho conosciuti tutti. Quella che lanciava gli articoli da una parte all’altra della barriera di acquisto noncurante del fatto che fossero barattoli o mele…che tu avevi selezionato con attenzione ma che riportavi a casa tutte ammaccate. Quella che guardava con sospetto ogni articolo pesato in autonomia, sicura che tu avessi barato con il prezzo…forse antenata della cassa automatica. Quello che ti strizzava l’occhio sornione e ti faceva velati complimenti e velate proposte di incontro fuori da quel supermercato…carino e di sicuro supporto alla mia autostima, ma il velo non mi è mai stato bene. Poi c’era il filosofo che puntualmente intratteneva con discorsi sui massimi sistemi e aveva sempre un pensiero critico da condividere su un evento di cronaca sociale. Ho pianto quando mi hanno detto che si era ammalato e non sarebbe mai più rientrato in servizio. Ma la mia preferita era lei, mi guardava con gli occhi sorridenti quando mi vedeva in fila alla sua cassa. Puntualmente mi diceva “niente busta vero? Hai la tua, brava”. Si interessava di come stavano i miei animali e mi raccontava delle ultime marachelle del suo gattone. Poi è cominciato un lento e disagiato percorso per guidare i clienti verso altre abitudini. Prima sempre meno casse aperte, anche nelle ore di punta. Infine, la chiusura definitiva di quelle rapide riservate a chi ha pochi pezzi, costretti così a mettersi in fila dietro carrelli stracolmi di prodotti.

Oggi di quelle casse umane sono attive al massimo due, destinate ai carrelli che non hanno ancora accesso a quelle automatiche. Penso al disagio che ormai sto superando. In fin dei conti adesso ho più tempo libero da dedicare ad altro, soprattutto io che vado sempre di fretta. Ma penso anche al disagio, più difficile da sconfiggere, che provano tante altre persone, in particolare quelle anziane, che, non solo perdono quel contatto umano che anima gran parte della loro giornata solitaria, ma che li fa sentire inadeguati e imbranati nei confronti di una cassa automatica maleducata e impaziente.

Il rapporto uomo-macchina è a volte tanto complicato quanto quello tra esseri umani, forse perché anche qui non si è ancora trovato il modo corretto per collaborare. L’automazione, che riguarda interi processi, e l’automatizzazione, relativa invece a singole attività, sono contributi importanti per il miglioramento delle nostre esperienze e del nostro benessere. Ma fino a che punto le macchine potranno sostituire le persone? E in che modo l’intelligenza artificiale contribuirà a migliorare la nostra vita? Interrogativi forti che sento di non rivolgermi in solitaria. Penso che avere delle risposte sia necessario per trovare la giusta alleanza ed accompagnarci in questo complicato processo di digitalizzazione. E come dice Kate Crawford – studiosa di Intelligenze Artificiale – bisognerebbe sollevare anche il “sipario” per vedere “chi gestisce le leve di questi sistemi“.

Intanto ho saputo che a breve sostituiranno anche lei con un modello più evoluto e riservato.
Un po’ mi dispiace e non perché io soffra della sindrome del carnefice, ma perché penso che anche lei, che ha mandato in pensione il cassiere che mi elencava tutti i sintomi ed i mali che avvertiva, facendomi scongelare prematuramente i surgelati posizionati su quel maledetto nastro trasportatore che non scorreva, sarà presto messa da parte per una più rapida, efficiente e moderna cassa automatica di ultima generazione.

Federica Crociani

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