
In India la protesta dei contadini contro la riforma agricola del governo Modi non conosce soste. Anzi sembra tendere ad allargarsi dopo la visibilità internazionale ottenuta con il sostegno di Greta Thunberg, di celebrità come la popstar Rihanna che in suo tweet invitava a parlare della protesta. A fare da contraltare sono state le celebrità indiane di Bollywood e del cricket, vicine all’amministrazione Modi [1].
Ieri l’organizzazione contadina Bharatiya Kisan Union (BKU) ha radunato molti suoi leader e loro sostenitori in diverse parti dello stato dell’Haryana, al confine con Nuova Delhi, a nord dell’India. Rakesh Tikait, leader di BKU, in uno dei raduni ha detto che avrebbe portato al protesta negli angoli più remoti del paese. In questo come in altri incontri pubblici con migliaia di partecipanti la richiesta principale è stata il ritiro delle tre leggi della riforma e poi una “garanzia legale del prezzo minimo di sostegno (MSP) per le colture e il ritiro dei casi presentati contro gli agricoltori coinvolti nella protesta” [2].
La liberalizzazione conseguente alle tre leggi che compongono la riforma, voluta da Modi e peraltro poco discussa in Parlamento, secondo i contadini, mette a repentaglio la sussistenza di molti di loro che finiranno nelle mani dei grandi acquirenti di prodotti agricoli. Il governo ha fatto alcune concessioni ma non intende ritirare la riforma perché a suo parere gli agricoltori ne trarranno benefici consentendo anche l’avvio di investimenti privati che migliorerebbero il settore che quasi il 15% dell’economia indiana e impiega circa la metà della sua forza lavoro.
Il settore agricolo va migliorato viste l’atavica arretratezza, quindi
«non sono tanto le riforme ma quali riforme il governo ha presentato, e come lo ha fatto. Nello stile verticistico di Narendra Modi, aggravato dal plebiscito elettorale del suo secondo mandato, nel 2019, le tre leggi non sono il frutto di un confronto fra le parti [le organizzazioni sindacali di settore sono state escluse, ndr]; non offrono garanzie ad agricoltori incapaci di reggere la concorrenza delle corporations né al posto di lavoro di milioni di braccianti già mal pagati».
La vita nei villaggi e nelle campagne è ai limiti della sopportazione tanto che, nel 2019 si sono registrati 10.281 suicidi tra i contadini [3].
Le proteste vanno avanti da mesi e sono state essenzialemnte pacifiche salvo il 26 gennaio scorso. Mentre l’India celebrava la sua 72a Festa della Repubblica, una frangia di manifestanti, a Nuova Delhi, deviavano dal percorso concordato con le autorità di polizia. L’obiettivo diventava Forte Rosso, luogo simbolo della democrazia e del potere indiani, dove la polizia avviava una pesante repressione con cariche e lacrimogeni mentre trattori provavano a sfondare le linee. Un morto e decine di feriti il bilancio dopo che veniva issata una bandiera color zafferano quella che simboleggia la fede sikh.
Gli scontri e il fatto che molti contadini sono sikh – il partito al governo (BJP) più volte ha provato a sostenere che la protesta fosse organizzata dai separatisti sikh – rischiano di provocare un ulteriore irrigidimento del governo sempre meno capace di gestire questa situazione[4]..
Pasquale Esposito
[1] Marco Miavaldi, “India, c’è il supporto globale alla protesta contadina”, https://ilmanifesto.it/india-ce-il-supporto-globale-alla-protesta-contadina/, 6 febbraio 2021
[2] Sukhbir Siwach, “Tikait roars at Haryana mahapanchayat, says will take farmers’ stir across country”, https://indianexpress.com/article/india/tikait-roars-at-haryana-mahapanchayat-says-will-take-farmers-stir-across-country-7178722/, 7 febbraio 2021
[3] Ugo Tramballi, “India: dove nasce la protesta dei contadini”, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/india-dove-nasce-la-protesta-dei-contadini-29203, 6 febbraio 2021
[4] Abhijnan Rej, “Grapes of Wrath: Farmers’ Protests Spin Out of Control in Indian Capital”, https://thediplomat.com/2021/01/grapes-of-wrath-farmers-protests-spin-out-of-control-in-indian-capital/, 27 gennaio 2021
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