Infortuni e morti sul lavoro in Europa

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Nonostante negli anni la situazione sia mediamente migliorata, gli infortuni rappresentano un grosso problema, non solo in Italia ma anche nel resto d'Europa.

Per promuovere una politica attiva di prevenzione degli infortuni sul e delle malattie professionali a livello europeo, la Commissione europea e l'Ufficio centrale di statistica dell'Unione Europea (Eurostat) hanno avviato due progetti, l'European Statistics on Accident at Work (ESAW) progetto relativo alle statistiche europee sugli infortuni sul lavoro ed European Occupational Deseases Statistics (EODS) progetto relativo alle statistiche europee sulle malattie professionali.

Le statistiche ESAW sono state rilevate da pubblicazioni Eurostat  che raccoglie ed elabora dati dagli Stati membri dell'Unione Europea. Le statistiche EODS sono ancora in una fase pilota e a oggi non esiste ancora una vera banca dati.

L'Eurostat precisa, giustamente, che le statistiche presentate da ogni paese si basano su sistemi di sicurezza sociale diversi. Nei singoli paesi europei vigono procedure diverse in materia di assicurazione degli infortuni sul lavoro e riconoscimento delle malattie professionali.  Gli infortuni sul lavoro sono definiti come quelli che comportano almeno quattro giorni interi di calendario di assenza dal lavoro. Gli infortuni mortali sul lavoro sono quelli che portano alla morte della vittima entro un anno dal verificarsi dell'infortunio.

Quello che necessita è anche un miglior sistema e una maggiore condivisione delle pratiche di controllo attraverso gli ispettorati di lavoro che evidentemente non sono standardizzate in Europa. La funzione degli ispettorati resta centrale nella prevenzione e nella pressione nei confronti delle aziende per il rispetto delle regole di sicurezza. Inoltre c'è gli ispettorati del lavoro dovrebbero essere supportati per affrontare gli enormi cambiamenti che avvengono sui luoghi di lavoro, conseguenti alla continua introduzione di nuove tecnologie e modalità di lavoro.

Analizzeremo i dati del 2020 perché sono gli ultimi presi in considerazione dall'Eurostat.
Nell'Unione europea si sono verificati complessivamente 2.735.566 infortuni non mortali e 3.355 infortuni mortali, in poche parole, un morto ogni 815 infortuni.

Il vice segretario generale dei sindacati europei, Claes-Mikael Stahl, ha dichiarato che i ricercatori prevedono che i decessi sul lavoro continueranno a crescere nei prossimi anni in Italia e in Ungheria e non saranno mai eliminati in Spagna e Francia. Se gli incidenti mortali proseguiranno allo stesso ritmo del decennio precedente, tra il 2021 ed il 2029 le morti in Europa ammonteranno a 25.166, di cui 4.664 in Italia.

Nel 2020 si è registrata una diminuzione del numero totale di infortuni non mortali sul lavoro nell', circa 405.384 in meno (equivalente a una diminuzione del 12,9 %) e 53 incidenti mortali in meno sul lavoro rispetto all'anno precedente (registrando un – 1,6 %). Di questi incidenti il (66,5%) hanno coinvolto uomini, il restante donne. Facendo un calcolo totale nel 2020, l'Italia risulta prima in questo tragico elenco con 776 casi mortali (+285 decessi rispetto al 2019, +58%).

Se volessimo calcolare il tasso di incidenza, dovremmo rapportare il numero di infortuni in relazione al numero complessivo di occupati. Così facendo avremmo un calcolo diverso in tutta l'UE. Nello specifico nel 2020 si sono verificati 1,77 incidenti mortali ogni 100.000 persone occupate e 1.444 incidenti non mortali sempre ogni 100.000 persone occupate.

Per quanto riguarda gli incidenti mortali ogni 100.000 occupati, l'italia è al terzo posto dopo Cipro e Bulgaria, mentre i paesi con l'indice più basso sono Paesi Bassi, Svezia e Germania.

Gli incidenti non mortali ogni 100.000 occupati vedono l'Italia al nono posto preceduta Francia, Danimarca, Portogallo, Spagna, Slovenia, Germania, Lussemburgo e Austria. Mentre i paesi con l'indice piu basso sono Romania, Bulgaria e Grecia.

Quando si confrontano i dati tra paesi, i tassi di incidenza vengono standardizzati perché complessi da interpretare. Questo è dato dal fatto che l'efficacia delle misure per prevenire gli infortuni sul lavoro sono differenti, inoltre la probabilità di avere un incidente è legata all'attività economica in cui una persona lavora, che varia da paese a paese in base alla propria economia nazionale. Per tenere conto di ciò, vengono calcolati tassi di incidenza standardizzati, considerati più neutrali, tenendo in considerazione che le attività economiche di ciascuna nazione europea siano le stesse, ad esclusione del settore minerario, estrattivo e altre attività di servizio, ma anche escludendo tutti gli infortuni in itinere che ricordiamo in Italia vengono calcolati come infortunio sul lavoro. Vengono così incluse le cosiddette “13 sezioni comuni” della Nomenclatura generale delle Attività economiche nelle Comunità Europee (NACE), creata nel 1970 dall'Eurostat ed è il sistema di classificazione statistica delle attività economiche negli stati facenti parte dell'Unione europea. Questo vuol dire che escludendo diverse attività e considerando un pacchetto di tredici sezioni comuni, gli indici variano. Sulla base di questa classificazione, in tutta l'UE, nel 2020, si sono verificati in media 2,11 incidenti mortali ogni 100.000 persone occupate, e 1.466 incidenti non mortali ogni 100.000 persone occupate.

Nel 2020, la più alta incidenza standardizzata di incidenti mortali sul lavoro è stata registrata a Cipro (5,12 decessi per 100.000 persone occupate), seguita dalla Bulgaria (4,52 decessi per 100.000 persone occupate). All'estremo opposto, Polonia, Grecia, Finlandia, Germania, Svezia e Paesi Bassi hanno registrato i tassi di incidenza standardizzati più bassi tra gli Stati membri dell'UE con meno di 1,5 incidenti mortali ogni 100.000 persone occupate. L'Italia è undicesima in Ue registrando 3,03 incidenti mortali ogni 100mila occupati.

Gli infortuni non mortali vedono il Portogallo al primo posto con 2.814 incidenti ogni 100 000 occupati, seguono Francia con 2.598 e Spagna con 2.384. I tassi di incidenza standardizzati di gran lunga più bassi sono stati segnalati in Bulgaria e Romania, rispettivamente con 77 e 81 infortuni sul lavoro non mortali. L'Italia si posiziona al di sotto della media Ue con 1.037 infortuni.

L'Eurostat evidenzia che in caso di cifre troppo basse, ci potremmo ritrovare difronte a un problema di under-reporting, causato da un sistema di denuncia poco funzionante del paese considerato. Lavoro in nero, poche tutele per i lavoratori o incentivi assicurativi statali scarsi possono influire sulla stessa volontà e capacità di fare denuncia.

Se facciamo un analisi in base all'attività lavorativa, notiamo che nel 2020 all'interno dell'UE, i settori dell'edilizia, dei trasporti e dello stoccaggio, della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca rappresentano insieme circa i due terzi (63,1%) di tutti gli infortuni mortali sul lavoro. Nello specifico di questo 63,1%, più di un quinto (21,5%) si è verificato nel settore delle costruzioni, mentre il settore manifatturiero (15,2%) ha registrato la quota più alta. Il settore dei trasporti e dello stoccaggio (15,%) e l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca (11,4%).

Per quanto riguarda gli infortuni non mortali, questi stessi settori hanno registrato più di due quinti del totale, con un (44,1%). Nello specifico nel settore manifatturiero sono il (18,6%), nelle attività sanitarie e di assistenza sociale (15,1 %), nell'edilizia (12,7 %) e nel commercio all'ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli (12,4%).

Se poniamo attenzione al tipo di infortunio, noteremmo che nel 2020 si sono verificate ferite e lesioni superficiali per il (26,8 % del totale), lussazioni, distorsioni e stiramenti (24,6 %), seguiti da commozione cerebrale e lesioni interne (18,6%), fratture ossee (10,5%), avvelenamenti e contagi (5,8%), shock (3,6%) e ustioni, scottature e congelamento (1,4%).

Le statistiche europee sulle malattie professionali (EODS) rappresentano un elemento essenziale per valutare l'efficacia della legislazione europea in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. EDOS è ancora un progetto pilota e attualmente non esiste una banca dati. Oggi in Europa ci sono troppi sistemi giuridici e procedure differenti per il riconoscimento delle malattie professionali, questo rende difficile comparare i dati con un unica logica condivisa. La comparazione, in parte, può comunque avvenire, ma solo per alcune malattie professionali le cui condizioni di riconoscimento sono abbastanza simili in 24 stati su 27, Grecia e Germania non hanno ancora accettato di partecipare, mentre il Portogallo ha inviato solo dati parziali dal 2013 al 2015, rispetto ad altri paesi che stanno partecipando alla raccolta dati dal 2013 al 2018.  Sulla base di una prima raccolta si è riusciti a produrre un breve elenco di malattie professionali, chiamato core-list' of diseases pubblicate sul sito Eurostat.

Gli Stati membri, i lavoratori e i datori di lavoro, in sede di comitato consultivo dell'UE per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (CCSS), hanno raggiunto un accordo sulla necessità di riconoscere la COVID-19 come malattia professionale nei settori dell'assistenza socio-sanitaria e dell'assistenza a domicilio nonché, in un contesto pandemico, nei settori in cui sono maggiori le attività con un rischio accertato di infezione, e hanno inoltre appoggiato un aggiornamento dell'elenco dell'UE delle malattie professionali.
Nicolas Schmit, Commissario per il Lavoro e i diritti sociali, ha dichiarato«L'accordo raggiunto è un segnale politico forte per quanto riguarda il riconoscimento dell'impatto della COVID-19 sui lavoratori nonché del contributo fondamentale del personale socio-sanitario e degli altri lavoratori esposti ad un rischio maggiore di contrarre la malattia. Sulla base di tale accordo, la Commissione aggiornerà la sua raccomandazione sulle malattie professionali al fine di promuovere il riconoscimento della COVID-19 come malattia professionale da parte di tutti gli Stati membri».

Il 16 dicembre del 2008 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno adottato il regolamento (CE) n. 1338/2008 relativo alle statistiche comunitarie sulla sanità pubblica e sulla salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Il programma statistico comunitario ha l'obiettivo di promuovere la sinergia tra gli stati membri che dovranno trasmettere alla Commissione (Eurostat) le statistiche sui seguenti settori: stato di salute e determinanti sanitari, l'assistenza sanitaria, cause di morte, infortuni sul lavoro, malattie professionali e altri problemi di salute e malattie professionali.

Ci auguriamo che il lavoro della comunità europea vada avanti in questa direzione, che la sinergia tra i paesi diventi ancora più forte e che in futuro ci siano sempre più tutele verso la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Jacopo Perrone

[1] Queste sezioni comprendono: Agricoltura, Silvicoltura e pesca, Industria manifatturiera, Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, Fornitura di acqua, reti fognarie e attività di gestione rifiuti e risanamento, Costruzioni, Commercio all'ingrosso e al dettaglio, Trasporto e magazzinaggio, Servizi di alloggio e ristorazione, Servizi di informazione e comunicazione, Attività finanziarie e assicurative, Attività immobiliari, Attività professionali, scientifiche, tecniche e Attività amministrative e di servizi di supporto.

Fonti:

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