
L'intelligenza artificiale è la disciplina che studia la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di sistemi capaci di simulare le abilità, il ragionamento e il comportamento umani.
Fin dall'antichità l'uomo è sempre stato attratto dall'idea della creazione di un proprio alter ego artificiale, il robot.
La mostra “Robot, the human project” al Mudec di Milano affronta questo tema proponendo al visitatore un percorso interattivo tra passato, presente e futuro che mette al centro i robot, in tutte le loro più svariate forme ed evoluzioni nel corso della storia.
L'occhio del visitatore viene incuriosito dal contrasto tra antico e moderno, in un percorso dove il filo conduttore è l'ingegnosità dell'uomo nella creazione di macchine che gli somiglino sempre di più, partendo dagli automi, i primi antenati dei robot, ovvero oggetti di lusso a forma di animale o di persona che impressionavano le corti dell'età barocca, e poi gli androidi, robot dalla sembianze umane, fino ad arrivare alle ultime invenzioni della tecnologia rappresentate dai cyborg, umani con impianti sintetici, ed infine i robot dotati di intelligenza ed emozioni artificiali.
La mostra spiega l'affascinante viaggio dell'uomo nell'evoluzione della robotica attraverso l'allestimento di una vasta collezione di esempi storici e moderni, snodandosi tra sezioni dai diversi contenuti.
La sezione della meccanica è incentrata sul funzionamento di complessi marchingegni finalizzati alla riproduzione delle più comuni attività umane come muoversi, suonare e scrivere; ma è con l'avvento dell'elettricità e quindi, dell'elettronica, che la ricerca nel settore della robotica ha realizzato un vero e proprio salto in avanti. Con l'introduzione del calcolo elettronico si è infatti aperta la fase di sperimentazione di meccanismi computazionali via via sempre più potenti fino ad arrivare alla realizzazione dei moderni personal computer in grado di elaborare dati complessi e che hanno messo l'umanità di fronte ad un mondo del tutto nuovo, rappresentato in mostra da una sezione ad hoc che beneficia anche dell'eredità tecnico-scientifica dell'industria Olivetti di Ivrea, l'azienda piemontese creatrice del primo computer da tavolo al mondo, la Olivetti Programma 101, classe 1965.
Particolarmente d'impatto la sezione dedicata alla bionica che, tramite l'esposizione di mani e gambe artificiali che si muovono, a volte seguendo per mezzo di sensori il movimento umano del visitatore, mostrano l'applicazione della robotica alla medicina ed alle neuroscienze, ovvero quel connubio moderno di scienze e tecnologia in grado di sostituire organi umani con pezzi di ricambio sintetici, di ripristinare funzioni vitali ormai perse o seriamente compromesse e che, pertanto, ha compiuto quel primo passo della fusione tra l'uomo e le macchine rappresentata dai cyborg. Un esempio è l'ultimissimo prototipo di arto artificiale made in Italy: Mia, la mano interattiva sviluppata nel 2018 da Prensilia, spin-off dell'Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, può interagire direttamente con il sistema nervoso centrale in quanto collegata alle terminazioni nervose superstiti di un arto mutilato.

Divertente, soprattutto per il pubblico dei più giovani, la sezione in cui si può interagire direttamente con i robot “emotivi”, ovvero alcuni dei robot di ultima generazione che, grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale, sanno riconoscere e suscitare emozioni e che sono ormai connotati anche da un'utilità sociale, proponendosi come veri e propri compagni di vita dell'uomo. Passeggiando lungo il percorso espositivo si potrà incontrare e fare un selfie con Pepper, il “social robot” giapponese che risponde alle domande che gli vengono poste, oppure ascoltare RoboThespian, ottimo intrattenitore poliglotta con una spiccata vocazione per la divulgazione scientifica, o interagire con Sanbot Elf, il robottino che durante i mesi di massima emergenza del coronavirus ha “prestato servizio” in una corsia d'ospedale monitorando a distanza le condizioni cliniche dei pazienti Covid ed interagendo con essi attraverso la voce in remoto del medico per farli sentire meno soli.
Sono italiani inoltre i robot in mostra in grado di aiutare l'uomo sostituendolo in compiti gravosi o pericolosi come Soryu, il robot serpentiforme che ha esplorato la centrale nucleare di Fukushima dopo il disastro del 2011, fornendo preziose informazioni, o come Plantoide, la pianta-robot che penetra con le sue radici artificiali nel terreno e ne esplora la composizione tramite i suoi sensori “intelligenti”, individuando l'eventuale presenza di sostanze inquinanti e stabilendone l'adeguatezza alle colture.
Mentre la prima parte della mostra risulta accattivante e per nulla scontata – è difficile infatti immaginare che nel medioevo esistessero già gli antesignani dei robot moderni dotati di tali capacità – l'ultima sezione dedicata all'intelligenza artificiale, ovvero gli algoritmi in grado di imparare da soli ed in grado quindi di assumere decisioni autonome, avrebbe meritato qualche dettaglio o approfondimento in più sulla risoluzione delle problematiche connesse al suo utilizzo, ad esempio su a che punto siano i progetti per le scelte che può prendere un computer.
Nel futuro prossimo si prospettano infatti enormi implicazioni giuridiche sulla responsabilità delle azioni eseguite da robot sempre più indipendenti, basti pensare agli autoveicoli a guida autonoma, per fare solo l'esempio più eclatante.
La mostra ripercorre un tema di grande attualità, quello del progresso tecnologico nel settore della robotica e dell'intelligenza artificiale, che apre grandi scenari di trasformazione del nostro modo di vivere e molte opportunità ancora in gran parte inesplorate, ma anche importanti quesiti di tipo etico e sociale.
Si pensi ad esempio alle sperimentazioni che si stanno compiendo in varie parti del mondo per creare un cervello elettronico fatto di sinapsi sintetiche e che saranno forse in grado in futuro di darci nuove risposte e soluzioni alle malattie neurodegenerative e cerebrali.
In un mondo in cui la distanza tra umano ed artificiale sta diventando sempre più sottile, qual è il confine tra l'esigenza di ripristino funzionale di un organo malato o compromesso a seguito di un incidente ed il potenziamento ad infinitum delle caratteristiche psicofisiche umane? E chi può arrogarsi il diritto di definire quali siano gli scopi di ricerca consentiti e quali no? Cosa succederebbe se l'uomo partorisse una macchina in grado di pensare e provare emozioni come un umano?
Può definirsi semplicemente come una macchina qualcuno che è in grado leggere le emozioni degli altri e saper interagire con esse? Non si rischia forse di superare il concetto di intelligenza artificiale se ciò che verrà creato artificialmente svilupperà una completa intelligenza emotiva pari a quella umana?
Questi sono solo alcuni dei tanti quesiti originati dalle implicazioni ad oggi sconosciute della creazione del “pensiero in vitro” a cui in futuro dovremo dare delle risposte.
Debora Giardino
Robot. The human project
Luogo: MUDEC – Museo delle Culture di Milano (Via Tortona, 56)
Date: 01/05/201 – 01/08/2021
Curatori: Alberto Mazzoni, Antonio Marazzi, Lavinia Galli
Durata del percorso: 1h e 15 min.
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