
Con Claudia Bettiol abbiamo dialogato sulla situazione in Ucraina, ma non solo di guerra. La conversazione si è svolta nel giorno dell'inizio dei bombardamenti nei territori orientali del Donbass, il 18 Febbraio. È necessario dare un riferimento temporale visto il susseguirsi, tragicamente repentino, degli accadimenti.
Claudia Bettiol vive normalmente a Kiev. In Italia per lavoro/vacanza, ci è rimasta: la situazione è troppo tesa per ripartire in questi giorni, nonostante non ci siano problemi di voli da e per l'Ucraina. Va detto che finora, ci ha spiegato Claudia, che esclusa la parte orientale dell'Ucraina, “la popolazione continua la vita di tutti i giorni, non ci sono episodi di panico, in pochi hanno fatto le valige e se ne sono andati; non c'è stata una corsa ad accaparrarsi beni di prima necessità o carburante, per esempio; i colleghi continuano a lavorare, così come amici e conoscenti”.
Le chiedo come i media locali raccontano questa crisi e se le loro analisi vanno oltre il modello di accuse reciproche.
Quello che probabilmente aggiungerei rispetto appunto alle varie cose già note, è il sentimento di sentirsi un po' tagliati fuori. L'Ucraina è un territorio nel mezzo di uno scontro principalmente tra Stati Uniti e Nato da una parte, e Russia dall'altra. Traditi, forse abbandonati, gli ucraini provano un sentimento di abbandono da parte principalmente dell'Europa. Sono abbastanza delusi da come gli stati membri stanno agendo o, meglio, non stanno agendo.

A questo proposito le leggo quanto scrive Alberto Negri in un articolo su il Manifesto a proposito del fallimento della politica europea per l'Ucraina:
L'Ucraina è una sorta di fallimento europeo e atlantista. Al punto che ormai il primo partner commerciale dell'ex repubblica sovietica è la Cina, che in questi giorni si è comprata, approfittando della crisi con la Russia, anche la Borsa di Kiev. L'Unione europea, dopo l'accordo di associazione nel 2017, ha versato nelle casse ucraine aiuti per oltre 5 miliardi di euro e in queste ore ha erogato assistenza finanziaria per 1,2 miliardi. Ma il Paese scivola nelle mani dei cinesi ed è costantemente sull'orlo del collasso.
[…] Washington e Bruxelles faticano a prenderne atto. L'Ucraina passa così da una crisi economica all'altra, con un assetto istituzionale fragile, un'economia debole e una corruzione pervasiva. Questo nonostante riceva aiuti occidentali, economici e militari, dal 2014, l'anno della guerra civile con 14 mila morti, due milioni di profughi e l'annessione russa della Crimea. Ma si continua a guardare il problema ucraino attraverso la lente russa, trascurando le debolezze strutturali di Kiev.
Che ne pensa?
Sono abbastanza d'accordo con questa analisi. Fermo restando che la Russia è in Ucraina l'aggressore dal 2014; la Russia, insieme agli Stati Uniti, ha deciso di “giocare” una partita a poker, come l'ha definita sul NY Times un ex consigliere degli Affari Esteri del presidente ucraino Zelensky. Gli statunitensi hanno comunque provocato dalla loro parte e quindi i russi si son sentiti spinti ad andare oltre e a continuare il loro gioco. Purtroppo chi ci rimette, come sempre, è la popolazione civile. Gli Stati Uniti hanno indubbiamente seminato timori in Ucraina – vedasi la decisione di evacuare i diplomatici e le loro famiglie; le preoccupazioni sono scattate all'interno della comunità di espatriati, di stranieri e da lì ad altre parti della popolazione. Un terrorismo mediatico.”
Mi sembra che alcune dichiarazioni di Washington abbiano anche imbarazzato l'amministrazione di Kiev.
Infatti il Presidente Volodymyr Zelensky è intervenuto più volte rivolgendosi direttamente alla popolazione e cercando di rassicurare i propri concittadini, spiegando cosa stava accadendo e anche prendendo delle decisioni abbastanza forti: ha chiesto al popolo di mantenere la calma, di essere forte e unito e credere nella forza del proprio paese. Con queste parole, il presidente ha così recuperato un po' di consenso, venuto a mancare negli ultimi mesi a causa di alcune promesse mancate (tra cui proprio la fine della guerra). Ritengo, comunque, che per gli ucraini, in questo momento, sia difficile accettare qualsiasi capo di stato a causa dei tanti problemi accumulati negli anni nel paese: la guerra, la velata crisi economica e la corruzione dovuta a una potente presenza di influenti oligarchi. La guerra non fa solo paura perché si parla di un conflitto armato, ma perché va a intaccare anche altre sfere, come l'economia. I salari medi sono già bassissimi, le assicurazioni sul lavoro quasi inesistenti perché il lavoro in nero esiste ancora, senza parlare poi delle pensioni ridicole. Stanno, inoltre, venendo meno gli investimenti e il capitale straniero.
È stata presentata una riforma del mercato del lavoro che è pure in senso totalmente liberista. Non è stata approvata ancora?
No, non ancora. E ne sono preoccupati. Gli ucraini continuano a scendere in piazza per i loro diritti.
Riprendiamo il discorso sull'oligarchia…
È difficile parlarne apertamente, anche perché ferisce l'orgoglio stesso degli ucraini. Il paese è molto influenzato dagli oligarchi, la cui presenza è ovunque. Di recente il governo Zelensky ha fatto approvare una legge contro l'oligarchia diretta a fermare o comunque limitarne gli abusi. Serve ad individuare in un registro gli oligarchi e ad inibire la loro forza economica e non interferire sulla vita politica sia locale che nazionale. Rinat Achmetov è uno dei personaggi più colpiti dal provvedimento: considerato il re del carbone per la proprietà di molte miniere e industrie collegate, soprattutto a est del paese, è anche il presidente del club di calcio dello Shakhtar ed ha una notevole influenza politica.
L'oligarchia finanzia partiti, fa eleggere suoi rappresentanti politici ad ogni livello, influisce sulle politiche editoriali dei media perché proprietari diretti o finanziatori più o meno occulti. Molti di loro non si espongono in prima persona, tendono a farlo per vie traverse. E così funziona un intero sistema che dipende dalle loro mani.
Questi magnati, legati soprattutto al gas, al carbone, all'energia in generale influenzano l'economia dell'Ucraina; sono loro che decidono i prezzi, sono loro che negoziano proprio con la Russia.
Qual è la loro posizione sulla guerra?
Spesso hanno il piede in due staffe. Petro Porošenko, ex presidente, è stato accusato di alto tradimento proprio lo scorso gennaio perché, pur filo europeo, sembrerebbe invischiato in alcuni finanziamenti di milizie filorusse nel Donbass. La verità non è chiara. Il filantropo Viktor Pinčuk, sebbene cerchi di non esporsi troppo a livello politico, ha fondato una piattaforma per parlare della Crimea (YES) per favorire soluzioni strategiche per l'eventuale ritorno della penisola all'Ucraina, aprendo anche un centro per i veterani di guerra nella capitale. Insomma, sembra faccia parte degli avversari di Mosca. Ma sarà vero? Gas, carbone e industrie petrolchimiche fanno comunque affari con il Cremlino…
Infine c'è Viktor Medvedčuk, apertamente filo-russo nonché amico stretto di Vladimir Putin (il presidente russo è il padrino della figlia di Medvedčuk). Parlamentare per il Partito Socialdemocratico dell'Ucraina che si schiera contro un'eventuale integrazione nell'Unione europea, è stato sanzionato per aver minato la sicurezza, l'integrità territoriale e le istituzioni democratiche dell'Ucraina, soprattutto attraverso la propaganda pro-russa dei suoi canali televisivi (che sono stati chiusi lo scorso anno).
Grazie. Prima di lasciarla le chiedo: cosa c'è di nuovo tra le sue attività sul fronte orientale?
C'è la nascita di Meridiano 13, un nuovo progetto editoriale e multimediale che mi vede, insieme a un gruppo di appassionati ed esperti in vari ambiti, tra le fondatrici. Parleremo e scriveremo, senza rincorrere le notizie, di un po' di tutto, oltre il confine del Meridiano 13 est: dalla cultura alla politica, dall'economia allo sport. Il gruppo è formato da profili diversi: ricercatori, traduttori, giornalisti, e ci sarà anche una redazione sportiva. Al fine di essere presenti sul territorio organizzando eventi, manifestazioni, incontri, creeremo presto un'associazione e ci apriremo a collaborazioni. È già in piedi una prima collaborazione con la casa editrice Bottega Errante di Udine che pubblica volumi sull'est e sul tema dei confini.
Ne vogliamo consigliare qualcuno ai nostri lettori?
Ci sono tantissimi titoli, tanto che è difficile scegliere: libri tradotti di autori bulgari, serbi, bosniaci; sono state tradotte anche voci femminili della letteratura albanese e macedone. Martina Napolitano, co-fondatrice di Meridiano 13, ha di recente curato un libro sui Balcani per loro: “Capire i Balcani Occidentali”. Un libro uscito proprio pochi giorni fa, invece, è dedicato ai treni dell'Est, l'autore è Marco Carlone e il titolo è “Binario Est”.
Pasquale Esposito
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