Materie scientifiche (STEM) e discriminazione di genere. Ne parliamo con Irene Falocco

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STEM è l'acronimo di Science Technology Engineering Mathematics, cioè Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica ed indica, quindi, un preciso gruppo di discipline; la sua definizione è importante anche per quanto riguarda l'orientamento universitario delle giovani generazioni.

I dati europei indicano che nell'ambito delle cosiddette discipline STEM è ancora forte il gender gap a favore degli uomini rispetto alle donne. L'Unione europea, anche nell'ambito del Next Generation Eu, ha messo in campo non poche risorse per analizzare gli elementi che ancora oggi spingono molte ragazze a non iscriversi alle cosiddette lauree STEM: stereotipi di genere e pregiudizi frenano le possibili carriere di tante ragazze e limitano il loro apporto alla crescita culturale ed economica dell'UE.

Con Irene Falocco, project manager ed esperta di politiche europee, abbiamo discusso di questi temi e dei progetti avviati in chiave europea e nazionale per affrontare questa situazione.

Come mai, a suo parere, negli ultimi anni si parla tanto di Stem e quali sono i dati che lei può mettere a nostra disposizione in relazione al gender gap in questo campo?

Irene Falocco
Irene Falocco

La rivoluzione tecnologica che il mondo sta attraversando richiede persone adeguatamente istruite e necessariamente specializzate. Le conoscenze tecnico-scientifiche richieste dall'industria 4.0 caratterizzano i percorsi di studi STEM. Dati del McKinsey Global Institute riportano come nei prossimi dieci anni si vedrà un aumento della richiesta di lavori STEM di circa il 300%. Purtroppo, però la popolazione femminile si sta trovando in parte esclusa da questo cambiamento epocale. I numeri parlano chiaro: nel mondo meno di 4 laureati su 10 nelle materie STEM sono donne. Per questo motivo c'è interesse intorno a quello che viene definito come un vero e proprio “gender gap” sia nel settore dell'istruzione, della formazione professionale, che nel mondo del . Negli ultimi 15 anni, la comunità globale ha compiuto numerosi sforzi per coinvolgere donne e ragazze nella scienza, senza raggiungere però la loro piena partecipazione. I dati dell'UNESCO segnalano come nel momento della scelta del proprio percorso di superiore appena il 30% di tutte le studentesse a livello mondiale seleziona campi legati alle STEM. In Italia, i percorsi STEM sono scelti soltanto dal 18,9% delle studentesse universitarie, trovandosi evidentemente al di sotto della media europea. Il 70% delle laureate nelle discipline scientifiche, matematiche e tecnologiche dichiara di aver maturato la consapevolezza della propria scelta durante la frequentazione della scuola superiore di secondo grado, in alcuni casi cambiando radicalmente il primo orientamento espresso nel passaggio tra la scuola media e la scuola superiore. Ciò evidenzia il ruolo fondamentale che assume la scuola e le iniziative di orientamento scolastico nella scelta delle ragazze di intraprendere un percorso di studi in ambito STEM.

Ottenuta la Laurea in quale scenario ci si ritrova a “combattere” oggi in Italia?
Le laureate nelle discipline STEM che ricoprono posizioni apicali nelle imprese sono soltanto il 38%. Si tratta per lo più di giovani donne molto preparate con un curriculum formativo di maggior valore rispetto ai colleghi e coetanei uomini, ma con contratti da semplici impiegate e nella maggioranza dei casi nubili e senza figli. Interessante è ciò che queste donne pensano del proprio profilo in rapporto alle proprie possibilità di , di ruolo e di carriera. Infatti, dalle numerose ricerche europee e statunitensi, effettuate su campioni molto ampi di giovani laureate, emerge una linea comune di pensiero, ovvero che la forte competitività che caratterizza gli ambienti lavorativi STEM non consente la conciliazione tra il tempo del lavoro e quello da dedicare al tempo libero o alla famiglia, riscontrando una perdita d'interesse verso le relazioni umane extra-lavorative ed in generale verso spazi e attività dedicati alla socializzazione. Inoltre, le laureate intervistate hanno dichiarato di riconoscere in loro stesse, e nel mondo femminile in generale, peculiarità naturali di accoglienza ed empatia non coerenti con il tipo di leadership vincente in ambienti STEM, dove gli uomini hanno più chances poiché caratterizzati da uno stile più deciso e assertivo. Mi fermo qui. Credo sia sufficiente. Se questo è quello che pensano di sé stesse le giovani donne laureate o in procinto di entrare nel mondo del lavoro, c'è sicuramente ancora molto lavoro da fare.

I fattori condizionanti in partenza non sono, in realtà, molto diversi da quelli che emergono nel corso delle carriere anche con significative differenze in termini di retribuzione e carriera. Il quadro è davvero così fosco?
A mio parere il mondo nella fase attuale sta attraversando molteplici rivoluzioni che si sviluppano, o meglio producono cambiamenti sostanziali con velocità essenzialmente differenti. Le oscillazioni di tali moti rivoluzionari fanno sì che il gender gap sia più o meno critico. Tra queste rivoluzioni ci sono quella tecnologica e quella socio-culturale, che inevitabilmente allo stesso tempo si intersecano e si allontanano reciprocamente. La prima viaggia alla velocità della Rete, dell'automazione, della fisica quantistica, dell'Intelligenza artificiale e dell'uomo ormai nell'Universo; la seconda, molto più lenta è condizionata da pesanti zavorre, tutte terrestri, che possono essere rintracciate sia nella sfera della percezione dell'io attraverso l'altro e nell'ambito dell'individuo come agente della e nella società. Zavorre che prendono le sembianze di retaggi storici e familiari, falsi ruoli, pregiudizi, stereotipi che sembrano quasi essersi impiantati nel DNA di individui, famiglie e società. Da qui è facile sconfinare in altri mondi concettuali e multidisciplinari, ma è bene riportare tale riflessione nell'ambito del nostro contesto di analisi. Ebbene sì, il quadro è fosco o meglio c'è ancora molta nebbia guardando verso l'orizzonte. Se i percorsi STEM sono – come ho sottolineato prima – quelli che generalmente offrono maggiori opportunità di lavoro, spesso nei settori più innovativi e competitivi e se poche ragazze vi accedono, i divari di genere sono destinati a cristallizzarsi, se non ad aumentare così come per i gap salariali e occupazionali. Tali divari sono riconducibili alla disparità nei percorsi educativi che a loro volta sono influenzati da stereotipi di genere sul ruolo delle donne.
Un fenomeno frequente, emerso nelle rilevazioni internazionali dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), è la tendenza dei genitori ad avere maggiore fiducia nelle possibilità dei figli maschi di lavorare in campo scientifico rispetto alle figlie, anche a parità di risultati in matematica e/o in scienze. Ciò ha conseguenze dirette sulla fiducia delle bambine nel riuscire in ambito scientifico. Come dimostrano le analisi sui test Invalsi, al quinto anno della scuola primaria, il divario di genere raggiunge l'ampiezza massima con 13 punti di distacco. Stereotipi e pregiudizi che dalla famiglia si riscontrano anche nelle commissioni di valutazione per l'inserimento aziendale. Molte ricerche statunitensi hanno dimostrato come i valutatori, in condizioni di assoluta parità di valore del curriculum formativo e professionale, tendono a preferire gli uomini per i ruoli apicali, relegando le donne a reparti specializzati o a funzioni impiegatizie. E tale tendenza viene confermata anche analizzando i giudizi di commissioni di valutazione formate da sole donne. Quindi, donne che considerano altre donne non meritevoli di coprire gli stessi ruoli degli uomini solo perché donne. Questo, secondo me, è il vero fenomeno da indagare, la rotta da invertire. La fiducia delle donne in sé stesse, nelle proprie capacità, nel proprio diritto di occupare il posto che si meritano, nasce con la piccola neonata in cui si esprime alla sua massima potenza, inizia a sgretolarsi con i modelli comportamentali ed educativi adottati in ambito famigliare, si amplifica nel passaggio tra i vari livelli di istruzione e formazione con la subdola compartecipazione dei messaggi fuorvianti che caratterizzano la società dell'immagine, dei media, dell'advertising e di Internet, ma che passano anche attraverso i linguaggi dei libri di testo e di strumenti educativi ormai obsoleti ed, infine, si frammenta nella complessità dell'età adulta, di fronte alle insormontabili barriere d'accesso e alle molteplici discriminazioni che caratterizzano il mondo del lavoro. Soltanto all'interno di comunità educanti dinamiche, inclusive e sostenibili, attivando le loro differenti componenti fondamentali, si possono sperimentare metodi e strumenti innovativi per ricostruire la fiducia delle donne in loro stesse e ridurre il gap gender.

Nell'insieme del Next Generation Eu come viene affrontato questo problema e quali differenze possono essere evidenziate nei diversi paesi europei? Partiamo dall'Italia. In base alla Raccomandazione del Consiglio UE (2018/C 189/01), gli Stati membri dovrebbero «promuovere l'acquisizione di competenze STEM, tenendo conto dei collegamenti con le arti, la creatività e l'innovazione, e motivare di più i giovani […] a intraprendere carriere STEM […] rafforzando la collaborazione tra contesti educativi, formativi e di apprendimento a tutti i livelli e in ambiti diversi, al fine di migliorare la continuità dello sviluppo delle competenze per i discenti e lo sviluppo di approcci di apprendimento innovativi». Poi scoppia la pandemia dal virus Sars Cov-2. Certifica l'Istat che su 101 mila lavoratori che hanno perso il posto di lavoro a dicembre 2020, 99 mila sono donne. La pandemia ha colpito i settori a più alta occupazione femminile: turismo, servizi, terziario. Il regolamento della Recovery and Resilence Facility, lo strumento che vale il 90% di Next Generation Eu, indica tra gli obiettivi l'attenuazione dell'«impatto sociale ed economico della crisi, in particolare sulle donne». All'Italia vengono destinati circa 70 miliardi di trasferimenti, che rappresentano circa il 4% del nostro Pil. Eppure la maggioranza delle risorse – come sottolineato a volte anche polemicamente da molti – non sembra essere orientata al recupero dei posti di lavoro femminili nei settori più colpiti dalla pandemia, tra l'altro trainanti nello sviluppo economico dell'Italia, ma proprio in quei settori innovativi più strettamente legati alle transizioni digitale e verde, dove si prevede un incremento a tre cifre della domanda di lavoro di alto profilo nelle materie STEM e dove attualmente domina la componente maschile. Questa, a mio parere, è la sfida più difficile che l'Europa ha chiesto di affrontare in primis all'Italia e agli altri Paesi membri. Una sfida che ha un'unica direzione: il cambiamento culturale fondamentale e necessario per costruire l'unico futuro possibile, inclusivo e sostenibile.
Sostanzialmente, il PNRR italiano prevede investimenti in infrastrutture sociali e servizi per favorire l'inclusione femminile anche sul versante della domanda di lavoro. Gli interventi diretti alla riduzione delle diseguaglianze di genere si concentrano su tre missioni: istruzione e ricerca, soprattutto nelle discipline STEM; salute; inclusione e coesione con interventi diretti a ridurre le diseguaglianze attraverso investimenti in infrastrutture sociali e servizi per favorire l'occupazione femminile.

Possiamo rivolgere lo sguardo a quello che accade negli altri paesi?
La Germania con il Childcare Financing concede agli stati federali e ai comuni aiuti finanziari per investimenti in strutture di assistenza diurna e asili nido. Sono anche previste quote minime per la rappresentazione delle donne nei consigli di amministrazione delle società. Il piano portoghese prevede misure per promuovere la parità di retribuzione e promuovere una rappresentanza equilibrata nelle posizioni decisionali, ma anche per combattere gli stereotipi che limitano le scelte formative di ragazze e donne e modellano le disuguaglianze future. È prevista un'espansione delle risposte sociali che contribuiscono a ridurre lo squilibrio del lavoro non retribuito, promuovendo la piena ed equa partecipazione di donne e uomini al mercato del lavoro. La parità di genere è presente, in particolare, nella parte dedicata alla transizione digitale, alla riqualificazione dei lavoratori e alla lotta agli stereotipi d genere nella scuola. Il piano francese, invece, non è declinato in una prospettiva di genere, ma si concentra soprattutto sui giovani e sui disabili. Il divario di genere in Francia è inferiore rispetto alla media europea. Tuttavia, per beneficiare dei fondi della Recovery and resilience facility, le imprese devono rafforzare le misure di trasparenza per far fronte alle disparità salariali di genere. Il piano spagnolo, più simile a quello italiano, si concentra su percorsi formativi e materie STEM e sul rafforzamento delle infrastrutture per la cura dell'infanzia.
Nonostante le forze e le sinergie pianificate e messe in campo dall'UE nel 2020 nell'ambito della Next Generation EU, nel Giugno del 2021 il Parlamento Europeo con la Risoluzione sulla promozione della parità tra donne e uomini in materia di istruzione e occupazione nel campo STEM sottolinea e ribadisce ancora una volta «il ruolo dell'istruzione nel promuovere la presenza di ragazze nei corsi connessi alle discipline STEM […] invita gli Stati membri a investire nello sviluppo delle competenze degli insegnanti, per aiutarli a comprendere e affrontare preconcetti inconsapevoli nelle loro pratiche e valutazioni didattiche […]; chiede che i fondi, i programmi e le strategie dell'UE siano utilizzati in modo efficiente […] per incoraggiare le ragazze a intraprendere gli studi nel settore delle TIC [Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione, ndr] e nelle discipline STEM».

Nello specifico lei è anche la coordinatrice di un interessante progetto Erasmus+ dal titolo molto eloquente (She choses STEM for the future). Quali sono le finalità di questa iniziativa e quali ricadute è possibile aspettarsi?
Si, esattamente. Si tratta di un progetto di cui sono molto orgogliosa, finanziato nell'ambito del Programma ERASMUS+ Azione-Chiave 2 Partenariati di Cooperazione, attualmente in corso di svolgimento e che in fase di valutazione l'Agenzia Nazionale INDIRE ha premiato con un punteggio di 100 su 100. Premetto che il progetto nasce dalla vincente collaborazione tra un'amministrazione comunale di media dimensione ed un istituto scolastico superiore, a sottolineare come sia fondamentale affrontare la situazione nell'ambito delle politiche territoriali e attivando l'intero sistema della comunità educante. Alla loro proposta iniziale hanno poi aderito sei partner internazionali tra scuole e università provenienti oltre che dall'Italia da Spagna, Portogallo, Romania e Bulgaria. Il progetto She chooses STEM si rivolge ad una platea internazionale di studenti, docenti, dirigenti stimolando l'interesse verso le discipline STEM e promuovendo un approccio innovativo di orientamento scolastico e universitario, creando al contempo i presupposti per diffondere i valori dell'inclusione e della diversità, contrastando la discriminazione e gli stereotipi di genere in ambito STEM attraverso il coinvolgimento diretto di famiglie e comunità locali. Il Progetto prevede tre mobilità internazionali per insegnanti, operatori dell'orientamento e formatori, con l'obiettivo di realizzare delle linee guida metodologiche, un IT toolkit per gli studenti e uno strumento di storytelling digitale, per la promozione delle STEM tra le studentesse, gli insegnanti, le famiglie, le comunità. Si prevedono, inoltre, quattro Open Day nelle scuole partner (pilot test) per migliorare gli output prodotti. Infine, sono previste attività di comunicazione e disseminazione in una dimensione internazionale. Per la prima volta su larga scala europea le attività di orientamento scolastico entrano a pieno titolo nella programmazione didattica – come fosse una “disciplina” a sé stante – caratterizzandola e condividendo le procedure di pianificazione con la comunità educante. L'attività di orientamento scolastico è ritenuta dalle ricerche più avanzate nei settori di riferimento, uno dei principali fattori su cui agire per diminuire il gender gap nelle materie STEM e non soltanto in una prospettiva di pari opportunità, dove sicuramente è fondamentale, in particolare per quanto riguarda tipologie di percorsi, strumenti e metodi utilizzati, canali e linguaggi, ma anche in una prospettiva più ampia dei giovani e soprattutto delle giovani. Gli insegnanti hanno un ruolo privilegiato nell'appassionare le giovani studentesse alle materie STEM, così come svolgono un ruolo altrettanto importante la famiglia e il contesto amicale. Il progetto è appena iniziato ed è ancora presto per rintracciarne risultati e sciorinare dati e numeri, ma dall'interesse riscontrato già in fase progettuale non solo dai beneficiari stessi, ma anche dalle istituzioni responsabili delle politiche scolastiche e di orientamento a livello regionale, nazionale ed europeo, non è troppo ambizioso poter auspicare il riconoscimento di una buona pratica da diffondere e da applicare nei sistemi scolastici europei per ridurre il gap gender nella formazione e nel lavoro in ambito STEM.

Antonio Fresa

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