
L'undicesimo film di Matteo Garrone, Io Capitano (2023) è un film “utile”. Per rendersi conto di quanto sia “utile”, basterebbe avere ascoltato ad esempio lo squallido, vergognoso siparietto del 15 settembre scorso, allorquando Giorgia Meloni – preoccupata soltanto di non perdere terreno elettorale rispetto all'inqualificabile Salvini – ha parlato con durezza degna di una ducetta d'assalto terracqueo dell'emergenza migranti a Lampedusa, senza spendere una sola parola sulla questione umanitaria. Ha avuto tuttavia il coraggio di negare che il presidente tunisino Kaïs Saïed sia un dittatore privo di scrupoli. E di coraggio ce ne vuole.
Ecco, quando si ha la disgrazia di essere governati da una persona come Giorgia Meloni e dai suoi melonisti, un film come Io capitano diventa necessariamente, drammaticamente utile perché l'odissea di un giovane migrante del Senegal è raccontata dal punto di vista del migrante stesso, costringendo l'indifferente e abulico spettatore italiano, se non è proprio un troglodita o un leghista, a riconoscere che sì, quel giovane migrante è proprio un essere umano come lui, non c'è dubbio; e le disavventure che subisce per arrivare in Italia sono atroci e assurde. A cominciare dall'orrore delle carceri libiche, che Garrone rappresenta con rigore, evitando di fare spettacolo della sofferenza e della violenza.
Garrone racconta l'odissea di Seydou e del cugino Moussa con un respiro incalzante e al tempo stesso classico, insinuando talvolta digressioni oniriche per farci aderire meglio alla cultura del ragazzo e con un tessuto figurativo pregevole ma non estetizzante (grazie alla fotografia di Paolo Carnera). Il film (cui purtroppo è stato dato un titolo bruttissimo: Io Capitano, appunto) è un'epopea umile e terribile che vorrebbe aspirare a racconto d'iniziazione alla vita, ma manca di contraddizioni.
Il limite maggiore del film risiede, infatti, nella scelta di caratterizzare Seydou come esclusivamente bravo, altruista, generoso, sensibile e caritatevole senza che abbia un difetto, una debolezza umana che sia una (altro che i ragazzi africani di Pasolini). Altrettanto infelice mi sembra l'idea che questi ritrovi il cugino proprio nel momento in cui deve ritrovarlo. Ma un film “utile” ha quasi sempre limiti di questo tipo. Se, invece, avesse accolto le dissonanze, le ombre, le incrinature delle contraddizioni, forse sarebbe stato ancora più utile.
Roberto Chiesi
Io Capitano
Lingua originale: wolof
Paese di produzione: Italia, Belgio
Anno: 2023
Durata: 121'
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri
Produttore: Matteo Garrone, Paolo Del Brocco
Produttore esecutivo: Alessio Lazzareschi
Casa di produzione: Archimede, Rai Cinema, Tarantula, Pathé, Logical Content Ventures, RTBF, VOO, BeTV, Proximus, Shelter Prod
Distribuzione in italiano: 01 Distribution
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Marco Spoletini
Effetti speciali: Laurent Creusot
Musiche: Andrea Farri
Scenografia: Dimitri Capuani
Costumi: Stefano Ciammitti
Trucco: Dalia Colli
Interpreti e personaggi
Seydou Sarr: Seydou
Moustapha Fall: Moussa
Issaka Sawagodo: Martin
Hichem Yacoubi: Ahmed
Doodou Sagna: Charlatan
Khady Sy: madre di Seydou
Venus Gueye: sorellina di Seydou
Cheick Oumar Diaw: Sisko
Bamar Kane: Bouba
Joe Lassana: uomo del passaporto
Mamadou Sani: poliziotto alla frontiera col Niger
Bamar Kane: Bouba
Beatrice Gnonko: donna nel deserto
Flaure B.B. Kabore: donna incinta sulla barca
Afif Ben Badra: guidatore del pickup nel deserto
Observateur Ebène: mediatore
Jacky Zappa: uomo nel centro di detenzione
Abdellah Elbkiri: compratore libico
Bidar Abdelahad: poliziotto nel deserto
Mohamed Amine Kihel: guardia nella prigione libica
Mouhamed Gaye: angioletto
Cheickh Ndiaye: amico foyer senegalese
Babacar Diop: gestore foyer senegalese a Tripoli
Emilie Adams: donna foyer senegalese
Princess Erika: assistente donna incinta
Mariam Kaba: donna della barca
Aly Niang: medico
Taha Benaim: venditore di medicine
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie